Thailandia, Shinawatra destituita dalla Corte costituzionale

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Il punto segnato dall’opposizione thai­lan­dese nella lotta con­tro l’esecutivo gui­dato da Yin­gluck Shi­na­wa­tra arriva per via giu­di­zia­ria. La Corte costi­tu­zio­nale ha ordi­nato la desti­tu­zione della pre­mier, eletta nel 2011 e al governo da mille giorni, col­pe­vole per i giu­dici di abuso di potere per la sosti­tu­zione una volta entrata in carica dell’allora capo della sicu­rezza nazio­nale, vicino all’attuale opposizione.

La pre­mier con­ti­nua a pro­fes­sarsi inno­cente. Per la Corte non ha tut­ta­via moti­vato ade­gua­ta­mente il tra­sfe­ri­mento dell’alto fun­zio­na­rio, una deci­sione sì nei suoi poteri, ma presa in modo troppo repen­tino e non in accordo a “prin­cipi morali”. Assieme a Yin­gluck Shi­na­wa­tra, prima donna a rico­prire l’incarico, sono stati costretti a dimet­tersi anche altri nove com­po­nenti del governo ad inte­rim di Ban­g­kok, già mem­bri dell’esecutivo che tre anni fa decise di rimuo­vere Tha­wil Plien­sri dalla segre­te­ria del con­si­glio per la sicurezza.

In attesa che venga nomi­nato un nuovo governo, quello attuale, o meglio quello che ne rimane, resta in carica. La guida ad inte­rim è stata affi­data al vice­pre­mier e mini­stro per il Com­mer­cio, Niwat­tum­rong Boon­song­pai­san. La deci­sione presa all’unanimità dei nove giu­dici costi­tu­zio­nali arriva dopo sei mesi di scon­tro poli­tico, con l’opposizione, espres­sione della classe media urbana e dell’élite, in piazza per chie­dere le dimis­sioni della prima mini­stra, accu­sata di essere uno stru­mento nelle mani del fra­tello Thak­sin, ex con­tro­verso pre­mier depo­sto da un colpo di Stato nel 2006, ora in esi­lio e con sulle spalle una con­danna in con­tu­ma­cia per cor­ru­zione e abuso di potere.

Pro­te­ste sulle quali inter­venne la stessa Corte costi­tu­zio­nale, di fatto depo­ten­ziando le misure dello stato d’emergenza impo­sto dal governo, quando le mani­fe­sta­zioni inva­sero la capi­tale Ban­g­kok su cui i dimo­stranti pun­ta­vano a imporre una sorta di blocco.

Intanto il Paese attende le ele­zioni del pros­simo 20 luglio, la seconda tor­nata nel giro di pochi mesi, dopo che il voto dello scorso feb­braio, boi­cot­tato dall’opposizione, fu dichia­rato ille­git­timo per­ché, a causa delle pro­te­ste, in alcune aree non si poté andare ai seggi.

Il voto in que­ste regioni si tenne ad aprile, ma l’intera tor­nata fu poi annul­lata per­ché le ele­zioni, secondo la legge, si sareb­bero dovute tenere ovun­que nello stesso giorno. Occorre ora capire cosa suc­ce­derà a luglio. Il Phue Thai, il par­tito degli Shi­na­wa­tra, dovrebbe nuo­va­mente imporsi, forte del soste­gno di cui gode nelle regione del nord, nelle aree rurali e tra le fasce più povere della popo­la­zione o comun­que tra quelle che cer­cano di emer­gere e tro­vare rap­pre­sen­tanza. Fette di Thai­lan­dia che negli anni di Thak­sin ave­vano goduto delle poli­ti­che, defi­nite popu­li­ste, messe in campo dal governo. Per il Par­tito demo­cra­tico, prin­ci­pale forza dell’opposizione, la desti­tu­zione della pre­mier non met­terà fine alla crisi poli­tica. Come spiega il numero due del movi­mento, Kiat Sit­theea­mam­ron, citato dalla Bbc, il par­tito con­ti­nua a chie­dere una riforma com­ples­siva del sistema prima di andare nuo­va­mente al voto.

Di con­tro il Phue Thai denuncia” una nuova forma di colpo di stato”. Per la terza volta la Corte costi­tu­zio­nale è inter­ve­nuta rimuo­vendo dall’incarico primi mini­stri espres­sione delle forze poli­ti­che vicine alla fami­glia Shi­na­wa­tra. Era già acca­duto in due occa­sioni nel 2008. La deci­sione della corte rischia ora di aggra­vare una situa­zione in una Thai­lan­dia poli­ti­ca­mente pola­riz­zata. Il 10 mag­gio è pre­vi­sta una mani­fe­sta­zione dei soste­ni­tori del governo, sulla cui por­tata era stato annun­ciato, peserà il giu­di­zio su Shinawatra.


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