Camusso: “Renzi distorce la democrazia”

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Da Rimini, aprendo il XVII Con­gresso della Cgil, Susanna Camusso lan­cia l’allarme «demo­cra­zia»: nel mirino Mat­teo Renzi, che con «una logica dell’autosufficienza della poli­tica sta deter­mi­nando una tor­sione demo­cra­tica verso la gover­na­bi­lità a sca­pito della par­te­ci­pa­zione». Gli esempi? «L’insofferenza verso la con­cer­ta­zione — spiega la segre­ta­ria — e la man­canza di equi­li­brio dei poteri nella nuova legge elet­to­rale e nella riforma costi­tu­zio­nale». Ad ascol­tarla il pre­mier non è venuto, ma gli risponde a distanza via Tg5: «I sin­da­cati devono capire che la musica è cam­biata». Come segre­ta­rio del Pd ha man­dato in rap­pre­sen­tanza Davide Faraone e Filippo Tad­dei; sul fronte dei mini­stri, ha inviato Andrea Orlando, men­tre oggi ritor­nerà il tito­lare del Lavoro Giu­liano Poletti.

Più pre­ve­di­bile il par­terre della sini­stra Pd, da Ste­fano Fas­sina a Ser­gio Cof­fe­rati, fino a Cesare Damiano. E non manca Sel con Nichi Ven­dola. Ma una cosa si deve dire: paren­tela o no con pezzi del Pd, visite o no ai con­gressi, il decreto Poletti — peg­gio­rato all’inverosimile — è desti­nato a pas­sare con la fidu­cia entro il 19, per­ché altri­menti sca­drà. D’altronde, il mini­stro del Lavoro ieri lo ha riba­dito, tanto per essere chiari: «Il governo ascolta, ma poi si prende la respon­sa­bi­lità di decidere».

Con­tro Poletti, Gior­gio Cre­ma­schi ha già annun­ciato i fischi. Men­tre Camusso ieri è tor­nata a boc­ciare il decreto: «Aumenta la pre­ca­rietà, men­tre noi vor­remmo discu­tere di sta­bi­lità. Si fac­cia dav­vero un con­tratto unico a tutele cre­scenti, si sem­pli­fi­chino tutte le altre forme, lascian­done in piedi 3: con­tratto a ter­mine cau­sale, som­mi­ni­stra­zione, appren­di­stato. E un lavoro auto­nomo auten­tico, di cui vanno defi­niti i diritti uni­ver­sali, a par­tire dalla maternità».

Il tema del lavoro di qua­lità è una delle quat­tro sfide che la Cgil lan­cia al governo Renzi: «Quat­tro come i lati del qua­drato rosso Cgil», spiega Camusso. «Vanno uni­fi­cate cassa ordi­na­ria e straor­di­na­ria, per esten­derle a tutti i set­tori e dimen­sioni di impresa. Va supe­rata la cassa in deroga, ma uti­liz­zando l’intervento pub­blico per i con­tri­buti figu­ra­tivi e un’indennità di disoc­cu­pa­zione che copra anche gli atipici».

L’altro lato del qua­drato è quello delle pen­sioni: Susanna Camusso pro­pone «a Cisl e Uil di aprire una ver­tenza per assi­cu­rare una pen­sione ai gio­vani, riva­lu­tare quelle attuali e intro­durre un’uscita fles­si­bile». Nes­sun det­ta­glio ulte­riore, ma forse è utile ricor­dare che la Cgil in pas­sato si era espressa a favore dell’ipotesi emersa durante l’ultimo governo Prodi, quando si par­lava di garan­tire ai lavo­ra­tori almeno il 60% della retri­bu­zione media per­ce­pita (gli attuali coef­fi­cienti assi­cu­rano molto meno, pen­sioni pra­ti­ca­mente da fame, per pre­cari e non solo).

Terza sfida: il fisco. La Cgil torna a pro­porre la patri­mo­niale, ovvero una tas­sa­zione dei ric­chi; chiede che la resti­tu­zione avviata con gli 80 euro sia estesa a pen­sio­nati e inca­pienti; sostiene la neces­sità di una stretta con­tro gli eva­sori degna del miglior Visco: ripri­stino del reato di falso in bilan­cio, uni­fi­care le ban­che dati, por­tare la soglia di trac­cia­bi­lità del con­tante a 300 euro.

Infine, il quarto lato del qua­drato rosso parla di con­tra­sto al lavoro povero. Mag­giore tutela di chi lavora in appalto, can­cel­lando l’articolo 8. Com­ple­tare la legi­sla­zione con­tro il capo­ra­lato. Rior­di­nare il mondo delle coo­pe­ra­tive: un attacco fron­tale ine­dito nella sto­ria della Cgil. «Ci indi­gniamo — dice Camusso — quando si usano appalti alla qua­lun­que, si disdet­tano gli accordi come una qual­siasi mul­ti­na­zio­nale, se la pre­senza del ’socio’ lavo­ra­tore è solo un pre­te­sto per non appli­care i con­tratti. Si pub­bli­chino i rego­la­menti, si appli­chino i contratti».

Sul fronte interno, la segre­ta­ria risponde alle cri­ti­che di metodo e di merito avan­za­tele dalla Fiom sul Testo unico. Ma come pre­messa, dice comun­que di con­si­de­rare «con­clusa la fase della con­sul­ta­zione», e che «ora quel testo si deve attuare ed esten­dere, per farne una base per la legge sulla rap­pre­sen­tanza». Innan­zi­tutto il metodo: per «il poco coin­vol­gi­mento nella defi­ni­zione dell’accordo», Camusso pro­pone un «coor­di­na­mento delle poli­ti­che contrattuali».

Quanto al merito, la segre­ta­ria con­ferma «la delega alle Rsu di poter con­trat­tare in azienda», ma lascia spa­zio al «voto dei lavo­ra­tori e alla con­ti­to­la­rità con le cate­go­rie nella fase di tra­du­zione nei con­tratti nazio­nali». Stesso rimando per quanto riguarda le san­zioni, che comun­que «non dovranno spin­gere i dele­gati a non esporsi, per­ché saranno le orga­niz­za­zioni a pagare il prezzo per loro».

E se su que­sto fronte si offre dun­que un pos­si­bile ter­reno di accordo anche con la Fiom, dall’altro lato la segre­ta­ria manda un mes­sag­gio chiaro a Lan­dini: «Se i lavo­ra­tori hanno appro­vato un accordo, è sba­gliato, con­tra­rio alla nostra natura, che si scio­peri con­tro quel voto». Sem­bra quasi un monito rispetto alle ini­zia­tive che la Fiom ha già annun­ciato nelle imprese, dopo l’esito favo­re­vole del refe­ren­dum sul Testo unico effet­tuato auto­no­ma­mente nelle fab­bri­che metalmeccaniche.

E non manca una stoc­cata finale a Lan­dini, rela­tiva al rap­porto con Renzi: «Con­ti­nuare a ripe­tere che il sin­da­cato non è mai riu­scito ad avere 80 euro vuol dire farsi del male». Alla bat­tuta sono scat­tati gli applausi dalla mag­gio­ranza «camus­siana», che pro­ba­bil­mente anti­ci­pano un’accoglienza ostile per quando inter­verrà il lea­der delle tute blu.


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