L’offensiva di Kiev contro i filorussi a Est Decine di morti nel rogo di Odessa

L’offensiva di Kiev contro i filorussi a Est Decine di morti nel rogo di Odessa

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DONETSK — All’alba l’esercito ucraino esce dal letargo cui sembrava condannato. Dalla boscaglia di Itium al primo sbarramento dei filorussi a Sloviansk corrono 14 chilometri di buona strada. È cominciato da qui lo scontro che potrebbe segnare l’inizio della guerra civile nell’Est del Paese e che, in ogni caso, aumenta in modo esponenziale il rischio di un’invasione da parte di Mosca. Le notizie sono frammentate. Quelle disponibili sono state raccolte e spesso manipolate dalle troupe televisive russe, le sole a poter entrare nella città barricata. In una nota ufficiale Oleksandr Turchinov, presidente a interim dell’Ucraina, scrive che «si sono registrate dure perdite» tra i miliziani separatisti. Dall’altra parte Viaceslav Ponomariov, autoproclamatosi sindaco di Sloviansk, precisa che le vittime tra gli assediati sono cinque, di cui due civili disarmati. Secondo altre fonti, invece, ci sarebbe un morto. Nel conto, evidentemente parziale, vanno aggiunti i due piloti dei due Mi-24 ucraini abbattuti dai lanciamissili Rpg, di fabbricazione sovietica (come gli elicotteri del resto) e tuttora in dotazione all’esercito russo. Un terzo elicottero, un Mi-8 da trasporto, è stato colpito e le televisioni di Mosca ( Russia 24 in particolare) hanno mostrato per tutta la giornata l’immagine del pilota ferito e soccorso dai separatisti.
La colonna di fumo su Sloviansk ha provocato la furibonda reazione di Vladimir Putin. «Mentre la Russia sta facendo tutti gli sforzi per disinnescare il conflitto — ha detto Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino — le autorità di Kiev hanno lanciato un’operazione punitiva, di fatto distruggendo l’ultima speranza dell’attuazione degli accordi di Ginevra». Come se non bastasse in serata i diplomatici russi a New York hanno aggiunto che «questa azione porterà Kiev alla catastrofe», chiedendo e ottenendo una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Anche le cancellerie occidentali faticano a ricostruire il quadro dell’operazione. Sloviansk è una cittadina di 106 mila abitanti a circa 120 chilometri da Donetsk, il capoluogo della regione più industrializzata del Paese. I filorussi se ne sono impadroniti all’inizio di aprile, trasformandola nell’avamposto della rivolta contro «i fascisti» di Kiev. Nella sede occupata dei servizi segreti sono ancora tenuti prigionieri i sette osservatori dell’Osce rapiti il 26 aprile.
Secondo la versione più attendibile, ma non ancora verificabile direttamente, gli elicotteri ucraini si sarebbero levati in volo alle 4.30 del mattino. Un giornalista della Reuters ha riferito di aver visto uno degli elicotteri aprire il fuoco. Il canale Russia 24 ha raccontato scene alla Apocalypse Now : i velivoli avrebbero sparato sui cittadini con le mitragliatrici. Ma non esistono immagini. Questo per dire quanto sia difficile cercare di districarsi tra i fatti e la propaganda. Anche le notizie provenienti dal ministero dell’Interno di Kiev vanno prese con cautela. A metà giornata si annunciava che l’esercito ucraino aveva conquistato «tutti i nove check-point dei filorussi» dislocati lungo il perimetro di Sloviansk. In tarda serata altro proclama: «Controlliamo metà della città». Dalle testimonianze raccolte, invece, risulta che i separatisti si sarebbero ritirati dalla cerchia più esterna, perdendo il controllo della stazione ferroviaria ma conservando quello degli edifici occupati e delle vie principali. Si vedrà nelle prossime ore.
Il quadro complessivo dell’area resta estremamente confuso e potenzialmente molto pericoloso. I filorussi, come è stato invece possibile accertare direttamente, sono ancora padroni delle due strade che collegano come una forcella Sloviansk a Donetsk. Nel tratto occidentale, tra il fortino assediato e Kramatorsk, hanno sistemato tre posti di blocco in cui sono comparsi uomini e giovani armati di Kalashnikov. Più debole il presidio sull’altro versante, sulla via che collega Sloviansk a Horlivka: un solo check-point che dista pochi chilometri dal ponte sul fiume Severskij Donec, dove sono acquartierati 40-50 militari ucraini con un paio di mitragliatrici e quattro tank. Fin dalla prima mattina nessun giornalista ha ottenuto il permesso di superare le barricate dei filorussi e raggiungere Sloviansk. I team di Sky News e della Cbs sono stati fermati al check-point di Druzhkoka, subito prima di Kramatorsk: i miliziani, racconta il giornalista ucraino Olexander che li accompagnava, li hanno legati, bendati e portati fino a Horlivka. Sono stati rilasciati dopo qualche ora. Anche la ferrovia è nelle mani dei separatisti. L’attacco lanciato ieri da Kiev appare un tentativo quasi disperato per evitare la replica dello schema Crimea. Ormai ogni giorno bisogna prendere nota di un attacco violento a un edificio pubblico, che sia l’ufficio del Procuratore o la sede della tv di Stato, per citare gli ultimi avvenimenti a Donetsk. Il contagio sta investendo anche località più lontane. Ieri a Odessa è stata una giornata di scontri violenti tra filorussi e pro Kiev, con quasi 40 morti. Inoltre, e soprattutto, non resta molto tempo: il referendum indipendentista convocato per l’11 maggio dai miliziani di Donetsk potrebbe segnare un punto di non ritorno. Gli attivisti hanno già cominciato a far stampare le schede. Impensabile che tutti i tre milioni di aventi diritto al voto potranno essere coinvolti. Ma, evidentemente, non è questo che preme ai separatisti. Per spiazzare Kiev, basterà qualche migliaio di «sì» alla richiesta di dar vita alla «Repubblica del Donbass». Il problema è che le forze armate spedite dalla capitale nel bacino del Donbass sembrano (forse) in grado di ristabilire il rispetto della legalità nella mezza dozzina di centri occupati dai filorussi. Probabilmente riescono anche a intercettare gli agenti di Mosca che filtrano attraverso la frontiera, i «sabotatori armati» come li ha definiti ieri il presidente a interim Turchinov. Ma è davvero arduo pensare che, da solo, l’esercito di Kiev possa contrastare l’invasione, minacciata ieri da Mosca. Donetsk dista solo 80 chilometri dalla frontiera. I tank di protezione ci sono, nascosti nel bosco di Amvrosevka, a 13 chilometri dalla dogana. Ma non sembrano offrire garanzie sufficienti se il governatore della regione, l’oligarca Sergei Taruta, non ha trovato di meglio che far scavare un fossato medievale di 50 chilometri lungo il confine.
Giuseppe Sarcina



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