Edilizia scolastica. Un «rammendo» già pieno di buchi

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C’era una volta il decreto Irpef che aveva ispi­rato nobili con­si­de­ra­zioni sulla «com­pe­ti­ti­vità» e la «giu­sti­zia sociale». Dopo la pub­bli­ca­zione in Gaz­zetta Uffi­ciale delle sue norme con coper­ture più che bal­le­rine, gli otto­mila sin­daci che hanno scritto let­tere a Mat­teo Renzi, l’ex col­lega che ora siede a Palazzo Chigi, hanno capito che i 3,7 miliardi di euro pro­messi per «ram­men­dare» le scuole con il tocco del sena­tore a vita Renzo Piano si sono ridotti a 244 milioni divisi tra il 2014 e il 2015, 120 milioni circa all’anno.

Poco meno del 10% rispetto alle mera­vi­glie pro­messe dal pre­si­dente del con­si­glio sul rilan­cio dell’ edilizia sco­la­stica più sgan­ghe­rata e peri­co­losa al mondo. Renzi aveva preso alla let­tera l’esistenza di stan­zia­menti di com­pe­tenza pari all’incirca a 3 miliardi al punto da avere ini­ziato un pel­le­gri­nag­gio nelle scuole da nord a sud, il mer­co­ledì, annun­ciando la buona novella a stu­denti e inse­gnanti. Poi, con la sco­perta del patto di sta­bi­lità che al momento impe­di­sce la spesa per inve­sti­menti, e con la cre­scita degli incon­tri in agenda su altre riforme, Renzi ha can­cel­lato le visite set­ti­ma­nali lasciando alla mini­stra dell’Istruzione Gian­nini il com­pito di spie­gare per­ché le sue pro­messe non diven­tano realtà.

La realtà è stata spie­gata ieri da Gian­nini in un que­stion time alla Camera rispon­dendo a un’interrogazione di Sel. Una parte dei fondi neces­sari per avviare 1850 inter­venti di edi­li­zia sco­la­stica già can­tie­ra­bili pro­ven­gono dal Decreto del Fare del governo Letta: 150 milioni per il 2014 e 300 per il 2015, e il primo tri­me­stre a sca­lare del 2016. Riu­nendo le varie poste, men­tre ancora non si sa se, quali e quando par­ti­ranno i can­tieri, sono all’incirca 600 i milioni in attesa di essere spesi. La mini­stra aveva per­sino annun­ciato 10 mila can­tieri in estate da chiu­dere in autunno. Dal primo aprile, il giorno degli scherzi, avrebbe dovuto par­tire una «cabina di regia» a Palazzo Chigi per coor­di­nare comuni ed ex pro­vince e met­tere in sicu­rezza le scuole. Oggi, primo mag­gio, la cabina ha fatto la fine dei 3,7 miliardi: scom­parsa. Nel frat­tempo avanza l’ombra del com­mis­sa­rio alla spen­ding review Cot­ta­relli alla ricerca di 1,5 miliardi di tagli. Tra i com­parti nel mirino, l’edilizia scolastica.

Nella giran­dola di annunci e smen­tite, men­tre con­ti­nua la rimo­du­la­zione per­ma­nente delle poste in bilan­cio alla ricerca dell’equazione impos­si­bile, il decreto Irpef e poi le dichia­ra­zioni di Ste­fa­nia Gian­nini con­fer­mano che il 2014 e il 2015 saranno anni neris­simi per i lavori pub­blici. In linea con le pre­vi­sioni disa­strose che il governo ha fatto nel Def: dagli inve­sti­menti fissi pub­blici si per­de­ranno 1 miliardo e 400 milioni quest’anno, 900 nel 2015. Dal 2011 sono stati tagliati 4,8 miliardi. Il set­tore è allo stremo, con meno 700 mila occu­pati e sem­pre più pre­cari. E i soldi dispo­ni­bili per­met­te­ranno di met­tere in ordine tutt’al più i cor­tili e le aiuole delle scuole.

«Al di là dei cal­coli ragio­nie­ri­stici — afferma Wal­ter Schia­vella, segre­ta­rio gene­rale degli edili di Fillea-Cgil — biso­gna capire come gli stan­zia­menti di com­pe­tenza diven­tano stan­zia­menti di cassa. Oggi non c’è la cassa e non ci sono i can­tieri. Visto che Renzi ragiona con l’agenda, rie­sce a inve­stire in can­tieri la metà degli stan­zia­menti di com­pe­tenza entro l’apertura delle scuole a set­tem­bre? Lo invi­tiamo a un con­fronto con i sin­da­cati sull’esempio del piano car­ceri. Non si tratta di con­cer­tare, ma di defi­nire buone pra­ti­che essen­ziali. Oltre ai can­tieri, ci vogliono regole per la tutela della lega­lità negli appalti pubblici».

Come verrà usato il Dl Poletti nei lavori per ristrut­tu­rare le scuole? «Siamo pre­oc­cu­pati — risponde Schia­vella — l’articolo 4 del prov­ve­di­mento inde­bo­li­sce l’efficienza e l’esigibilità del Durc. Con un ciclo pro­dut­tivo for­te­mente destrut­tu­rato come l’edilizia, dove spa­ri­scono imprese dall’oggi al domani, un Durc che dura sei mesi è come se non esistesse».



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