Applausi ai poliziotti, l’ira del governo
Sono lunghi, interminabili e in questo caso anche insopportabili cinque minuti di applausi. Una standing ovation. Delegati sindacali tutti in piedi. Per loro: i tre poliziotti (il quarto, una donna, non era presente in sala) condannati nel giugno del 2012 in via definitiva dalla Cassazione a 3 anni e 6 mesi (3 dei quali coperti da indulto) per la morte dell’allora diciottenne Federico Aldrovandi; tutti e 4 ritenuti colpevoli di eccesso colposo in omicidio colposo, formula un po’ fumosa che sta a significare che quel ragazzo, fermato per un controllo la notte del 25 settembre 2005 a Ferrara, morì di fatto sotto i colpi dei poliziotti, eccessivi, smodati o, come li ha definiti il procuratore generale della Cassazione, Gabriele Mazzotta, «schegge impazzite che hanno agito in una sorta di delirio». Applausi voluti, cercati. Un gesto «indegno» dirà il premier Matteo Renzi, «inaccettabile» il ministro degli Interni Alfano. E non in un’occasione qualsiasi, ma al congresso nazionale del Sap (sindacato autonomo di polizia), il secondo in Italia quanto a numero di iscritti, in corso di svolgimento al Grand Hotel di Rimini. Tre dei quattro agenti erano in aula: Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri (assente Monica Segatto), gente che si è anche fatta un po’ di galera dopo la condanna definitiva e che ora, mantenuta la divisa, svolge compiti amministrativi lontano da Ferrara.
Difficile capire. Perfino Patrizia Moretti, che dalla notte in cui le uccisero il figlio ha condotto una battaglia prima solitaria e poi sempre più condivisa contro mille omertà e ipocrisie, ieri, informata dai giornalisti di quell’applauso riminese, quasi non voleva crederci: «Cosa significa? Va interpretato come un sostegno a chi ammazza un ragazzo in strada? È terrificante, mi si rivolta lo stomaco…». Poi, su Facebook, la domanda: «Ma Pansa era lì?». Già, Alessandro Pansa, il capo della polizia. Era a Rimini, ieri, ma ha lasciato il congresso del Sap circa tre ore prima di quello sciagurato applauso. E, dettaglio tutt’altro che trascurabile, dopo aver consegnato alla platea un messaggio che contrasta non poco con quanto poi avvenuto. Ai delegati Pansa ha infatti annunciato l’introduzione di nuove regole di ingaggio nella gestione dell’ordine pubblico, una sorta di decalogo per evitare abusi ed equivoci, in particolare episodi come quello del 12 aprile scorso a Roma quando un funzionario calpestò una ragazza che si trovava a terra. Pansa ha poi espresso «vicinanza e solidarietà» alla madre di Federico «non riconoscendosi in alcun modo in comportamenti gravemente offensivi nei confronti della famiglia Aldrovandi e della società civile che crede nell’operato delle donne e degli uomini della polizia».
Difficile spiegare. Quelli del Sap, travolti dalla polemica, hanno tentato di farlo in serata. L’incipit era anche promettente: «Intendiamo ristabilire la verità su questa storia». Il prosieguo un po’ meno: «Rispettiamo le sentenze, ma abbiamo voluto esprimere solidarietà a questi ragazzi e a tutti coloro che fanno questo lavoro». Sarà. Il Pd parla di «ovazione inaccettabile», Sel di «applauso agghiacciante». In serata alla madre di Federico arriva la telefonata di solidarietà di Matteo Renzi per «l’indegna vicenda». Di «gesto gravissimo e inaccettabile che offende la memoria di un ragazzo che non c’è più e rinnova il dolore della sua famiglia» parla il ministro Alfano. Che aggiunge: «Sono applausi che danneggiano la Polizia e il suo prestigio».
«Sto con i poliziotti e con chi rischia la vita per difendere i cittadini» scrive su Facebook Matteo Salvini (Lega Nord). Non c’è pace per Federico e i suoi genitori. Un anno fa, a Ferrara, alcuni attivisti del Coisp, piccolo sindacato di polizia, espressero il loro sostegno ai 4 agenti sotto l’ufficio comunale dove lavora Patrizia Moretti. La risposta della città fu un corteo di 5 mila persone, in testa la mamma di Federico. E la nascita di un movimento, «Via la divisa», che chiede la radiazione dei 4 agenti.
Francesco Alberti
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