Freedom Flotilla: «Non intendiamo mollare»

Freedom Flotilla: «Non intendiamo mollare»

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Dalla coa­li­zione Free­dom Flotilla, sep­pur fra­stor­nata, si con­tano i danni e si pensa a ripar­tire. Ne par­liamo con Fran­ce­sca Solari, mem­bro del coor­di­na­mento ter­ri­to­riale della Free­dom Flo­tilla Italia.

Dopo la noti­zia dell’attacco all’Arca di Gaza, avete avuto modo di con­tat­tare gli atti­vi­sti pre­senti a Gaza?

Sul posto ci sono i nostri refe­renti, il volon­ta­rio sve­dese Char­lie Andreas­son e il mana­ger pale­sti­nese del pro­getto Mah­fouz Kaba­riti. Siamo in con­tatto con loro, ma non abbiamo a dispo­si­zione infor­ma­zioni diverse da quelle del comu­ni­cato stampa. Si è par­lato di una riven­di­ca­zione, ma non inten­diamo rila­sciare com­menti fino a quando non avremo infor­ma­zioni certe.

Nei giorni scorsi si erano veri­fi­cati fatti par­ti­co­lari che pote­vano far pen­sare ad una simile azione con­tro l’Arca di Gaza? Gli atti­vi­sti sul posto ave­vano avuto sen­tore di un pos­si­bile attacco?

Asso­lu­ta­mente no. Anzi, ieri sta­vamo festeg­giando l’andamento della “Face­book and Twit­ter storm”, un’iniziativa di sen­si­bi­liz­za­zione sul pro­getto dell’Arca di Gaza. Una peti­zione inter­na­zio­nale della Free­dom Flotilla [fir­mata tra gli altri da Noam Chom­sky e Mai­read Maguire, ndr] diretta ai governi di tutto il mondo e alla segre­te­ria gene­rale delle Nazioni Unite per­ché garan­tis­sero il pas­sag­gio sicuro della nave e faces­sero pres­sioni su Israele affin­ché ponga fine alle restri­zioni al movi­mento della popo­la­zione e rispetti le acque ter­ri­to­riali della Stri­scia. La “tem­pe­sta” sui social net­work di lunedì ser­viva alla rac­colta delle firme e due sere fa festeg­gia­vamo l’andamento della cam­pa­gna. Non imma­gi­na­vamo che dopo poco l’Arca sarebbe stata attaccata.

L’attentato è di poche ore fa, ma all’interno della coa­li­zione avete già discusso della rimessa in sesto dell’Arca?

Deci­de­remo a breve cosa fare, una volta aver quan­ti­fi­cato i danni subiti dalla nave. Certo è che non inten­diamo mol­lare. Il pro­getto era, anzi, è – per­ché spero possa con­ti­nuare anche sotto altre forme – è basato sullo slo­gan “com­mer­cio e non aiuti”. È que­sto il lavoro che sta die­tro l’Arca di Gaza: non solo rom­pere l’assedio israe­liano, ma riba­dire il diritto del popolo gazawi al com­mer­cio con l’esterno, il diritto degli arti­giani della Stri­scia a espor­tare fuori i pro­pri pro­dotti. Il porto di Gaza è l’unico privo di un codice inter­na­zio­nale. Inol­tre, il mes­sag­gio che inten­diamo inviare è insito anche nella lista stessa dei pro­dotti che sareb­bero dovuti sal­pare insieme all’Arca. Pro­dotti di asso­cia­zioni di donne, di disa­bili, non vedenti: si era posta un’attenzione par­ti­co­lare al lavoro fem­mi­nile e giovanile.

A quat­tro anni dalla prima Free­dom Flotilla, attac­cata da un raid israe­liano che uccise 9 atti­vi­sti tur­chi, come valu­tate i risul­tati finora otte­nuti? E come imma­gi­nate le atti­vità future?

Non abbiamo rotto l’assedio sulla Stri­scia di Gaza. Ma se con­ti­nuano a sabo­tarci, a impe­dirci di entrare a Gaza, ad attac­care con le armi chi senza armi sostiene il popolo pale­sti­nese, allora il nostro impe­gno non è vano. Non abbiamo rotto l’assedio mate­riale, fisico, ma cre­diamo che la Free­dom Flo­tilla abbia con­tri­buito e con­tri­bui­sca a scal­fire l’assedio men­tale e cul­tu­rale che fa pen­sare alla situa­zione pale­sti­nese come a qual­cosa di irri­sol­vi­bile e irre­ver­si­bile. L’ultima Free­dom Flotilla, Estelle, è stata con­fi­scata e il suo equi­pag­gio impri­gio­nato. Ma prima ha incon­trato migliaia di per­sone in nume­rosi porti euro­pei. Ecco, in ogni porto, Estelle ha rotto l’assedio. Ha rac­colto soli­da­rietà, ha atti­vato le per­sone sul ter­ri­to­rio. L’attacco all’Arca ci ama­reg­gia ma non ci sco­rag­gia. Con­ti­nue­remo in qual­che modo a navi­gare. Al timone, il rispetto dei diritti umani; la nostra rotta è la libertà.



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1 comment

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  1. riccardo
    riccardo 30 Aprile, 2014, 21:21

    Era ipotizzabile una reazione di questo tipo , se la battaglia del movimento non fosse così importante e sopratutto se non avesse risultati , nessuno si curerebbe di questa lotta , Bisogna continuare rialzandoci e ripartire più forte, perchè è certo che se oggi ci vediamo a medicare queste ferite , gli invasori in tutto questo tempo stavano medicando le proprie …AVANTI TUTTA !!!

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