Le riunioni (segrete) dei 5 banchieri dell’oro

Le riunioni (segrete) dei 5 banchieri dell’oro

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Ore 10.59 e 59 secondi. Un giorno qualunque. Ecco il trailer del film che non vedrete mai sugli schermi: comincia con una riunione a porte chiuse tra cinque banchieri sconosciuti. Ognuno di loro deve piazzare i propri ordini del metallo più prezioso, l’oro, quello per cui l’uomo ha scatenato guerre e stravolto se stesso nella storia. I cinque, insieme, ne decidono il prezzo. Nessuno saprà mai nulla sui loro ordini e in una manciata di minuti queste cinque mani muoveranno miliardi. Non lo vedrete mai, non per censura, ma perché, che ci crediate o no, quella descritta non è finzione cinematografica, ma realtà. Ogni giorno, alle 11 e alle 15.30, i cinque banchieri si incontrano sul serio e usano questo sistema per decidere il prezzo dell’oro con un rituale che si ripete identico dalle ore 11 del 12 settembre 1919. È passato quasi un secolo da allora – nel frattempo abbiamo scoperto la penicillina, subito un’altra Guerra mondiale, è stata inventata la televisione, lanciata l’aeronautica commerciale, in Italia è arrivata anche la Repubblica ed è stato inventato Internet – ma la riunione si tiene sempre uguale. Non sembra così strano, da questo punto di vista, che dopo lo scandalo dei Libor la Fca, l’authority inglese, voglia ora vederci chiaro sul processo che porta alla determinazione dell’oro, il cosidetto fixing di Londra.
Di loro, dei cinque banchieri più potenti dell’oro, si sa anche il nome: attualmente a riunirsi sono Vincent Domain per Société Generale, Simon Weeks per Bank of Nova Scotia-Scotia Mocatta, David Rose per Hsbc, Matthew Keen per Deutsche Bank e Martyn Whitehead per Barclays. Su Internet si trovano anche le loro email personali. Il prezzo così determinato sulla base delle quantità da vendere e da acquistare, sia per le loro banche che per i loro clienti, viene comunicato generalmente con un quarto d’ora di ritardo. Ma oltre al prezzo nulla trapela. Non vengono lanciati comunicati. Non vengono diramate informazioni (come cantavano gli Spandau Ballet, solo tu, Oro, hai il «potere di conoscere». Avevano ragione). I pochi particolari di cui si ha conoscenza non vengono da una gola profonda ma dallo stesso Whitehead che una volta ha spiegato: «Di norma è un processo che dura 10 o 15 minuti, ma può durare anche mezz’ora. Il fixing più lungo fu quello del 19 ottobre 1987, il cosidetto Lunedì Nero. Servirono due ore e 15 minuti per giungere un accordo sul prezzo dell’oro quel giorno».
Per capire la «potenza» di queste cinque banche — chiamate anche Bullion Banks, le Banche del Lingotto — che hanno conquistato il «reale» diritto di partecipare alla riunione anche grazie a costose acquisizioni nel Novecento, basti sapere che gli altri istituti definiscono il prezzo delle proprie riserve in oro sulla base del prezzo definito nel pomeriggio, prima del the.
Il fixing dell’oro di Londra fu stabilito nel 1919 per far ripartire il mercato del metallo giallo alla fine della Grande Guerra. Per 85 anni fino al 2004, le cinque banche si sono riunite negli uffici di N. M. Rothschild, che al tempo presiedeva il fixing dell’oro, a St. Swithins Lane nella City. Dieci anni fa la banca di Rothschild decise di lasciare il passo perché «le entrate provenienti dai mercati delle materie prime scambiate a Londra sono crollate come percentuale totale delle entrate in ciascuno degli ultimi cinque anni». Non sono pochi gli osservatori che fanno notare come dal 2004 il prezzo dell’oro sia balzato da 600 a 1.600 dollari l’oncia. Evidentemente il proverbiale fiuto dei blasonati banchieri in questo caso doveva avere il raffreddore. Negli ultimi 5 anni, in particolare, sono cresciuti anche gli acquisti da parte delle banche centrali (soprattutto la Cina) e di lingotti e monete d’oro (quali il tradizionale rand sudafricano) come investimento. Peraltro nei due secoli precedenti alle riunioni del 1919 il prezzo dell’oro è stato generalmente stabile, a parte grandi eventi destabilizzanti come le Guerre napoleoniche.
D’altra parte questo mercato è anomalo per definizione visto che, nella sostanza, si tratta di acquistare e vendere sempre gli stessi lingotti che girano da secoli: a differenza del petrolio dove l’Opec gestisce l’offerta, il metallo prezioso estratto ogni anno dalle miniere negli Usa, in Sudafrica o in Cina, è sempre lo stesso. La quota è fissa: l’1,4% del totale. Una strategia legata alla consapevolezza che l’oro è scarsissimo tanto che tutto quello estratto nella storia dell’umanità è contenuto in un cubo di venti metri per lato (non è una leggenda metropolitana, per quanto possa apparire incredibile).
Ora bisognerà attendere le decisioni della Fca per capire se, nonostante l’età media molto avanzata dell’oro in circolazione, non sia arrivato il momento di ringiovanire almeno il rituale dei cinque banchieri del Lingotto.
Massimo Sideri



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