Per terra, mare e aria i muscoli dell’Alleanza

Per terra, mare e aria i muscoli dell’Alleanza

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«Avremo più aerei nell’aria, più navi sull’acqua, e rafforzeremo la preparazione delle nostre forze terrestri…». Con queste parole Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato, annuncia la mobilitazione militare dell’Alleanza ai suoi confini orientali, di fronte al precipitare della crisi ucraina e alla posizione di Mosca, giudicata sempre più aggressiva. Non pronuncia la parola «mobilitazione», ma questo è il senso pieno e volutamente duro del suo discorso.
Da Washington, la Casa Bianca dichiara il suo sostegno politico e strategico alla decisione. La mobilitazione è già scattata, già operativa in queste ore: «Oggi, abbiamo concordato nuove misure difensive per rispondere alla crisi ucraina, e dimostrare la forza della solidarietà degli alleati. Saranno rafforzati i dispiegamenti via terra, aria e mare. Per esempio, pattuglie aeree compiranno più missioni sulla regione baltica. Navi alleate saranno dispiegate nel Baltico, nel Mediterraneo Orientale e in ogni altro mare, a seconda della necessità. Personale militare delle nazioni alleate sarà utilizzato per incrementare la nostra preparazione e l’addestramento. I nostri piani di difesa saranno rivisti e rafforzati. E cominceremo ad applicare queste misure da subito».
Ma quello che viene subito dopo è l’annuncio più significativo: «La Nato proteggerà ogni Paese alleato e si difenderà contro ogni minaccia che riguardi la nostra fondamentale sicurezza». Frase ponderata in ogni sillaba, e che va letta in controluce, perché contiene due messaggi di estrema serietà: «Ogni Paese alleato» significa naturalmente Polonia, Lettonia, Estonia, Lituania, le nazioni baltiche componenti della Nato, più la Romania anch’essa in allerta, tutte nazioni che in caso di aggressione l’Alleanza è già pronta a difendere militarmente; ma poi c’è quella «minaccia che riguarda la nostra fondamentale sicurezza», e questo potrebbe significare che la crescente instabilità nel Donbass, la «guerra civile» che Vladimir Putin già intravede in Ucraina, e i movimenti di truppe russe tutt’intorno, potrebbero costringere la Nato ad agire, sempre in funzione protettiva degli alleati, anche se nessuno di loro venisse direttamente attaccato? La valutazione politica si incrocia con quella strettamente militare: sul tavolo c’è il rischio di uno scontro fra le superpotenze, nel cuore d’Europa, ma è difficile credere che qualcuno sia pronto ad assumersene la responsabilità, e a correre il rischio. Fra poche ore, una risposta giungerà dai tanto attesi colloqui di Ginevra fra Russia, Ucraina, Usa e Ue. Mentre Rasmussen torna a rivolgersi direttamente al Cremlino: «Ci appelliamo alla Russia perché voglia essere una parte della soluzione. Perché cessi di destabilizzare l’Ucraina, ritiri le sue truppe dai confini e renda chiaro che non sostiene le azioni violente delle milizie ben armate formate da separatisti filorussi».
Ma il segretario generale della Nato preannuncia anche che «nuove misure potrebbero seguire, nelle prossime settimane e mesi, a quelle annunciate». E pure Germania e Olanda, seppure senza una richiesta esplicita, avrebbero messo già a disposizione le proprie forze, in aggiunta ai caccia americani e francesi, agli aerei spia «Awacs», alle unità navali dirette a rafforzare il pattugliamento del mar Baltico (non del Mar Nero, che la Russia considera una proprio area strategica, anche se non è l’unica nazione ad affacciarvisi). L’Est dell’Europa, una delle regioni storicamente più tormentate della terra, sembra ancora una volta sull’orlo di un burrone.


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