In Italia 301 mila enti non profit. Per l’86% la fonte di finanziamento principale è privata
ROMA – Il non profit italiano è fatto di 301.191 organizzazioni e 681 mila addetti, mentre i volontari stimati sono 4,7 milioni. L’Istat riparte da questi dati del censimento 2011 per organizzare a Roma il convegno “Il non profit in Italia. Quali sfide e quali opportuntà per il Paese”. Dati che torniamo a citare, assieme ad altri inediti su servizi erogati, bilanci, modalità di raccolta fondi.
Le risorse umane. I volontari che prestano servizio nel mondo non profit raggiungono quota di 4,7 milioni; 681 mila sono dipendenti, 270 mila lavoratori esterni, 5 mila lavoratori temporanei. Inoltre, sono presenti anche altre tipologie di risorse umane che prestano a vario titolo la loro attività nelle istituzioni rilevate: 19 mila lavoratori comandati/distaccati, 40 mila religiosi e 19 mila giovani del servizio civile.
Rispetto al censimento del 2001, le donne si confermano la componente principale dei lavoratori retribuiti con una quota pari al 67%. L’universo femminile è costituito da 1,8 milioni di volontarie, 494 mila dipendenti, 142 mila lavoratrici esterne, 3 mila lavoratrici temporanee, 9 mila lavoratrici comandate/distaccate, 26 mila religiose e 10 mila giovani del servizio civile.
Per quel che concerne l’età, sono più giovani che anziani i volontari che operano nell’istituzioni non profit italiane: 950 mila hanno infatti meno di 29 anni (pari al 20 per cento, di cui ha meno di 18 anni) a fronte di 704 mila volontari over 64 (14,8 per cento). Il 43,2 per cento dei volontari ha tra i 30 e i 54 anni rispetto al 22 per cento dei 55-64enni.
Quanto al titolo di studio, un volontario su due è in possesso di un diploma di scuola superiore, quelli che hanno conseguito la licenza media sono il 29,4 per cento mentre i laureati rappresentano il 20,5 per cento del totale nazionale. Tra coloro che posseggono la licenza media, il 60,3 per cento è impegnato nel settore cultura, sport e ricreazione, che è anche il settore in cui trovano spazio la metà dei laureati (52,3 per cento). Nell’istruzione e ricerca prevalgono i laureati (7,2 per cento), seguiti dai volontari con un titolo di scuola media superiore (3,2 per cento).
La condizione professionale. Poco più della metà dei volontari che prestano la propria opera nel non profit è occupato (55,4 per cento); più di un quarto si trova nella condizione di ritirato dal mondo del lavoro (27,8 per cento), mentre il restante 16,8 per cento è in altra condizione occupazionale (studenti, casalinghe, persone in cerca di occupazione).
Rispetto ai settori di attività, gli occupati prevalgono nell’istruzione e ricerca. I ritirati dal mondo del lavoro e le persone in altra condizione occupazionale nella sanità e assistenza sociale. Il settore della cultura, sport e ricreazione, che raccoglie il bacino più ampio di volontari, dispone sia di volontari occupati sia in altra condizione (rispettivamente 61,1 per cento e 61,3 per cento).
Tipologia dei destinatari. Le istituzioni non profit sono nel 62,7 per cento dei casi di pubblica utilità, mutualistiche nel restante 37,3 per cento. L’orientamento è legato all’attività svolta, infatti le istituzioni solidaristiche sono presenti in misura nettamente superiore alla media nazionale nei settori della cooperazione e solidarietà internazionale (96,3 per cento), dalla sanità (91,3 per cento), dell’assistenza sociale e protezione civile (90,4 per cento), della filantropia e promozione del volontariato (90,4 per cento), dell’istruzione e ricerca (83,4 per cento).
Dislocazione territoriale. La metà dei dipendenti impiegati nel non profit (49,5 per cento) è concentrata in sole tre regioni: Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna. E in generale, una organizzazione su due si colloca nel nord del paese (157.197 su un totale di 301.191). L’altra metà delle istituzioni non profit si colloca più o meno equamente tra il Centro (64.677 unità pari al 21,5 per cento) e il Sud (79.317 pari al 26,3 per cento). Nello specifico, le regioni con il numero più alto di questo tipo di organizzazioni sono la Lombardia e il Veneto (con quote rispettivamente pari al 15,3 per cento e al 9,6 per cento); seguono Piemonte (8,6 per cento), Emilia Romagna (8,3), Toscana e Lazio (7,9).
Servizi erogati. I servizi più diffusi sono quelli relativi al settore cultura, sport e ricreazione (dove è presente la quota più elevata di istituzioni non profit), in particolare rivolti all’organizzazione di eventi sportivi, di corsi per la pratica sportiva, e di eventi, feste, sagre e altre manifestazioni. La lettura dei servizi erogati alla luce del settore prevalente fa emergere quello di cultura, sport e ricreazione è caratterizzata dai servizi offerti nell’ambito dello sport, relativi all’organizzazione di eventi e di corsi per la pratica sportiva (indicati rispettivamente dal 35,4 per cento e dal 30,3% delle unità attive del settore).
Nel settore istruzione e ricerca i servizi maggiormente offerti riguardano le scuole dell’infanzia e la formazione e aggiornamento professionale (rispettivamente 33,3 per cento e 28,2 per cento delle unità del settore). Le istituzioni che operano nel settore della sanità erogano prevalentemente servizi relativi alla donazione di sangue, organi, tessuti e midollo e al soccorso e trasporto sanitario (rispettivamente 33,6 per cento e 19 per cento delle unità attive nel settore).
L’inserimento lavorativo in impresa o cooperativa rappresenta il servizio maggiormente erogato dalle istituzioni del settore sviluppo economico e coesione sociale (49,3 per cento).
Flussi di entrate e uscite. Il totale delle entrate di bilancio delle istituzioni non profit è risultato pari a 64 miliardi di euro, mentre le uscite totali ammontano a 57 miliardi di euro. Sono la Lombardia e il Lazio le regioni con un maggior volume, sia in termini di entrate che di uscite. La Lombardia detiene il primato con un totale di entrate di oltre 17 miliardi di euro e 15 miliardi di uscite. Il Lazio con quasi 15 miliardi di entrate e quasi 12 miliardi di uscite. Nell’insieme, i valori delle due regioni rappresentano circa il 50 per cento del totale complessivo sia delle entrate sia delle uscite.
Fonti di finanziamento e voci di spesa. Per l’86,1 per cento delle istituzioni non profit la fonte di finanziamento principale è di provenienza privata, mentre nel 13,9 per cento dei casi è prevalentemente pubblica. I settori sanità, assistenza sociale, protezione civile, sviluppo economico e coesione sociale utilizzano maggiormente fonti di finanziamento di origine pubblica (rispettivamente 36,1 per cento, 32,8 per cento, 29,9 per cento). Il ricorso ad introiti di fonte privata è più diffuso tra le istituzioni che operano nei settori religiosi (95,5 per cento), delle relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (95,3 per cento), della cooperazione e solidarietà internazionale, della cultura sport e ricreazione (entrambe 90,1 per cento), della tutela dei diritti e attività politica, della filantropia e promozione del volontariato (rispettivamente 88,7 per cento e 86,7 per cento).
Le entrate. La composizione interna delle entrate mette in luce che le fonti di origine privata rappresentano il 66 per cento mentre quelle di origine pubblica rappresenta il 34 per cento. In relazione al settore di attività prevalente, le entrate da contratti e/o convenzioni con istituzioni e/o enti pubblici nazionali e internazionali costituiscono più del 50 per cento delle entrate totali, nella sanità (65,5 per cento) e nell’assistenza sociale (52,4 per cento).
I contributi annui degli aderenti, risultano maggioritari nei settori delle relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (70,5 per cento). Nei settori della cooperazione e solidarietà internazionale e della religione, oltre la metà delle entrate (53,8 per cento e 51,3 per cento) proviene da contributi, offerte, donazioni, lasciti testamentari. In quello della filantropia il 64 per cento delle entrate deriva da proventi della gestione finanziaria e patrimoniale. Nei settori dell’ambiente e della cultura, sport e ricreazione la quota più elevata di entrate è quella della vendita di beni e servizi (rispettivamente 30,8 per cento e 30,2 per cento).
Le uscite. La maggior parte delle spese delle istituzioni non profit è destinata all’acquisto di beni e servizi (38 per cento) e alla retribuzione del personale dipendente (31 per cento). Riguardo al settore di attività prevalente, la sanità e l’assistenza sociale e protezione civile presentano la quota più elevata di costi per i dipendenti (rispettivamente 45,8 per cento e 45,6 per cento). Seguono l’istruzione e ricerca (41,6 per cento), relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (31 per cento) e lo sviluppo economico e coesione sociale (30,2 per cento). Per la cooperazione e solidarietà internazionale spicca il valore relativo a sussidi, contributi e erogazione a terzi (52,7 per cento), mentre per il settore della religione l’incidenza più alta si rileva per la voce di spesa oneri tributari/imposte e tasse (4,2 per cento).
Istituzioni market e non market. Le istituzioni non profit censite sono state distinte in relazione al tipo di attività svolta, tra unità market, che operano prevalentemente sul mercato e sono orientate alla produzione di beni e servizi vendibili, e unità non market. I risultati della rilevazione mostrano che le istituzioni market costituiscono il 69,4 per cento del settore non profit. Rispetto al censimento del 1999 si registra un incremento di 5,3 punti percentuali.
Modalità di raccolta fondi. Sono oltre 60 mila (60.071 unità) le istituzioni non profit che hanno dichiarato di svolgere attività di raccolta fondi. Tra le istituzioni maggiormente attive nella raccolta fondi spiccano quelle della Lombardia (20,4 per cento), seguono quelle del Veneto (11,3 per cento) e quelle dell’Emilia Romagna (10,2 per cento).
Quote molto superiori alla media nazionale di istituzioni che attivano forme di raccolta fondi sono presenti nei settori della cooperazione e solidarietà internazionale (80,8 per cento), della filantropia e promozione del volontariato (36,5 per cento), della sanità (35,2 per cento) e dell’assistenza sociale e protezione civile (33,9 per cento). Il 61,1 per cento delle istituzioni dichiara che utilizza il contatto diretto per la raccolta fondi, segue l’organizzazione di eventi e/o manifestazioni pubbliche (55,5 per cento).
Strumenti di comunicazione. Il 68,3 per cento delle istituzioni non profit censite (205.792 unità) utilizzano almeno uno strumento di comunicazione. Le stesse utilizzano in media due strumenti di comunicazione mentre il 72,8 per cento impiega almeno uno strumento interattico come blog, forum, chat, social network e sito internet. In riferimento alle attività svolte dalle istituzioni non proft, il 43,3 per cento delle istituzioni che impiegano strumenti di comunicazione si occupano prevalentemente di cultura, sport e ricreazione. La scelta di queste istituzioni si caratterizza per l’impiego della pubblicità e dei social network in misura superiore al valore nazionale (16,4 per cento contro il 15,8 per cento). E’ la newsletter lo strumento di comunicazione maggiormente utilizzato (12,4 per cento) dalle istituzioni attive nel settore delle relazioni sindacali. Osservando la diffusione degli strumenti di comunicazione innovativi (social network, blog, forum e chat) sono le istituzioni che erogano servizi di assistenza nelle emergenze (18,2 per cento) e protezione degli animali (18,3 per cento) ad impiegare maggiormente i social network.
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