Renzi, lo sforbiciatore che corre nel buio della recessione

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Mat­teo Renzi fa stime pru­denti, ma sin troppo otti­mi­sti­che. Nel Docu­mento di eco­no­mia e Finanza, appro­vato ieri dal Con­si­glio dei mini­stri insieme al Piano nazio­nale delle riforme, il governo ha lan­ciato il cuore oltre l’ostacolo e ha abbas­sato il tasso di disoc­cu­pa­zione. Per l’Istat a feb­braio ha rag­giunto il 13%, pari a 3 milioni 307 mila di senza lavoro, in aumento dello 0,2% rispetto a gen­naio (+8 mila) e del 9% su base annua (+272 mila).

Renzi, invece, pre­vede che a fine 2014 la disoc­cu­pa­zione calerà al 12,8%, scen­derà al 12,5% nel 2015 e al 12,2% nel 2016, lo stesso livello del 2013. A dispetto del «Jobs Act» e del decreto Poletti sui con­tratti a ter­mine che pre­ca­rizza tutto il pre­ca­riz­za­bile, anche il governo ita­liano ammette che la disoc­cu­pa­zione non calerà e non baste­ranno le «riforme strut­tu­rali» del mer­cato del lavoro a modi­fi­care la ten­denza di un paese in reces­sione, dove la cre­scita ci sarà (0,8% è la «stima ragio­ne­vole» del mini­stro dell’Economia Padoan, più bassa di quella fan­ta­scien­ti­fica dell’1,1% fatta da Sac­co­manni che però con­tra­sta con lo 0,6% del Fondo Mone­ta­rio Inter­na­zio­nale e della Com­mis­sione Europea).

Que­sta pre­vi­sione non pro­durrà evi­den­te­mente occu­pa­zione sta­bile. Il governo non è in grado di ripor­tare la disoc­cu­pa­zione «sotto la dop­pia cifra» come ha soste­nuto il loquace pre­si­dente del Con­si­glio nel suo recente tour in Inghil­terra, il paese dei «con­tratti a zero ore»: la truffa con­ta­bile che ha per­messo ai con­ser­va­tori di Came­ron di simu­lare una disoc­cu­pa­zione al 7%.
Per i governi ita­liani il Def è l’occasione per spa­rarle grosse. Sulle per­cen­tuali Monti e Letta, ad esem­pio, ne hanno dette di tutti i colori per strap­pare il biglietto di pri­ma­vera] e una gita. a Bru­xel­les dove gli occhiuti custodi dell’austerità valu­te­ranno la serietà dei conti di Renzi entro il 7 mag­gio, quando saranno pub­bli­cate le nuove pre­vi­sioni eco­no­mi­che euro­pee. Di solito, a fine anno, i pre­ce­denti governi sono stati basto­nati con cifre pau­rose sul Pil e sull’occupazione, rego­lar­mente sbal­late. Sta­remo a vedere il destino delle pre­vi­sioni ren­ziane, tenendo conto che a fine anno il seme­stre euro­peo sarà finito e domani è un altro giorno.

Le altre pre­vi­sioni macro-economiche sul trien­nio for­mu­late ieri dal governo sem­brano una seduta auto-motivazionale del Pd e del suo segretario-presidente del Con­si­glio in vista delle ele­zioni euro­pee di mag­gio. Sono cifre spet­ta­co­lari: Il Pil ita­liano cre­scerà dell’1,3% nel 2015 e +1,6% nel 2016. Pren­den­dole per buone, anche que­ste cifre con­fer­mano nuo­va­mente che la cre­scita non pro­durrà occu­pa­zione. Ma Renzi ha fatto finta che siano rivi­ste al ribasso: «Spero che i numeri siano smen­titi in posi­tivo» ha detto, sfog­giando un otti­mi­smo di maniera (elet­to­rale).
L’ansia è sem­pre quella di fare i com­piti a casa per poi andare a sedersi tra i ban­chi in Europa e non essere bac­chet­tati o, peg­gio, vedersi inflig­gere una pro­ce­dura d’infrazione per il defi­cit sopra il 3%. Anche in que­sto caso il governo vuole fare bella figura con il diret­to­rio che governa l’Europa. Alla Mer­kel, che già si è com­pli­men­tata per un decreto lavoro che non risol­verà nulla sulla disoc­cu­pa­zione, Padoan e Renzi man­dano a dire che il defi­cit quest’anno resterà al 2,6%, quando invece la Com­mis­sione Euro­pea ha già messo in qua­ran­tena l’Italia. Renzi è alla ricerca dei denari per finan­ziare anche il taglio dell’Irpef e gli 80 euro in busta paga, 10 miliardi per 10 milioni di persone.

Per il 2014 ser­vono 6,7 miliardi di euro, due terzi del totale visto che si parte da mag­gio. 4,5 miliardi ver­ranno dalla spen­ding review, anche se il docu­mento di Cot­ta­relli ha pre­ven­ti­vato 6 miliardi; 2,2 miliardi dovreb­bero arri­vare dall’aumento del get­tito Iva e dall’aumento della tas­sa­zione sulla riva­lu­ta­zione della Banca d’italia. Si rilan­ciano inol­tre le pri­va­tiz­za­zioni, dopo quelle di Poste o Enav: 12 miliardi nel 2014 si legge nel Piano nazio­nale delle riforme. Gli introiti saranno uti­liz­zati per ridurre il debito pub­blico. Anche nel 2015, 2016 e 2017 i ricavi saranno di circa 10–12 miliardi annui, pari a circa 0,7 del Pil.Un obolo verrà anche dal pro­pa­gan­dato taglio degli sti­pendi dei mana­ger e dei fun­zio­nari della P.A. Non potranno essere supe­riori allo sti­pen­dio di Napo­li­tano: 238mila euro.

Sono una goc­cia nell’oceano visto che il debito pub­blico con­ti­nuerà a salire e nel 2016 scat­terà il Fiscal com­pact. Il debito dovrà essere ridotto di un ven­te­simo all’anno, 50 miliardi di euro, fino a rag­giun­gere il 60% sul Pil. Nes­sun «piano Cot­ta­relli», nem­meno con l’aiuto di Henry mani di for­bice, riu­scirà in que­sta impresa. Renzi si sta gio­cando le ultime carte per otte­nere, in virtù dei buoni uffici di Ban­ki­ta­lia, la rine­go­zia­zione dei tempi dell’aggiustamento strut­tu­rale. Oggi sta cor­rendo al buio.



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