Libia, il governo si dimette, resa verso i ribelli
L’eliminazione dalla scena politica dei Fratelli musulmani libici in favore di politici vicini all’élite militare è compiuta. L’avvicendamento era avvenuto lo scorso 11 marzo quando il premier Ali Zeidan era stato sfiduciato dal parlamento poiché non si era mostrato in grado di risolvere la crisi della Morning Glory, la petroliera nordcoreana rifornita di petrolio nel porto di Sidra per mano dei separatisti. E così, per completare l’avvicendamento ai vertici del fragile stato, il primo ministro Abdullah al Thinni, ministro della Difesa del governo di Ali Zeidan, in esilio in Germania, ha rassegnato le dimissioni al Congresso nazionale generale. Thinni ha ammesso di non avere poteri sufficienti per opporsi alle manifestazioni e alla guerriglia che dilania la Libia dallo scorso ottobre.
Dopo un precedente rinnovo del mandato di due settimane, l’esecutivo dell’ex pilota dell’Aereonautica resterà forse in sella fino alle elezioni politiche previste per fine anno. ll parlamento libico infatti ha immediatamente incaricato il premier dimissionario al Thinni di formare entro una settimana un nuovo governo.
Uno principali leader del movimento radicale Esercito dello Stato islamico, Abdullah Bin Taher, è stato ucciso a Derna, in circostanze ancora da chiarire.
Non solo, proprio ieri sarebbe dovuto entrare in vigore l’accordo tra esecutivo e Ufficio politico di Barqa, movimento separatista della Cirenaica guidato da Ibrahim Jadran, per la riapertura dei porti orientali di Zueitina e Hariga. Secondo lo stralcio di accordo reso noto ieri, i separatisti hanno ottenuto, oltre alla scarcerazione dei tre ribelli che avevano fornito greggio alla Morning Glory: il trasferimento del quartier generale delle forze di sicurezza che proteggono gli impianti petroliferi nella cittadina orientale di Brega; di pagare stipendi e arretrati alle guardie che bloccavano i porti; la formazione di una commissione di sei esperti per indagare sulle irregolarità nella vendita di greggio. Prima della deposizione di Gheddafi, dai porti della Libia orientale venivano esportati 1,4 milioni di barili di petrolio al giorno contro i 150mila attuali.
Nei giorni scorsi, anche Saadi Gheddafi, figlio minore del colonnello, aveva ammesso di aver avuto legami stretti con il gruppo separatista della Cirenaica. In un video messaggio, girato da un ufficio della prigione dove è detenuto, Saadi ha spiegato di aver avuto contatti con il gruppo dal Niger, dove si era rifugiato durante le rivolte del 2011. Nello stesso video, Saadi ha invitato tutti «a lavorare per la riconciliazione».
A Bengasi però la tensione non accenna a placarsi. La città è paralizzata da giorni per un’azione di disobbedienza civile dei gruppi laici. Si protesta contro i ripetuti episodi di violenza, assassini e rapimenti, e per chiedere le dimissioni del parlamento che ha esteso il suo mandato oltre la naturale scadenza del 7 febbraio scorso. Gli scioperi hanno coinvolto il settore petrolifero, le università, scuole, ospedali e banche. Anche il personale di varie filiali di una delle maggiori banche libiche, Jumhurya, è in sciopero per chiedere più protezione dopo l’uccisione di un impiegato da parte di uomini armati nella sede di Sebha, nel sud del paese. Lo sciopero ha coinvolto anche lo staff del Centro medico di Bengasi, in protesta contro i ripetuti episodi di violenza che si verificano nella struttura. Infine, la prima seduta dell’Assemblea costituente libica si terrà il 14 aprile nella città orientale di Baida. Alla seduta parteciperanno soltanto 47 dei 60 costituenti eletti lo scorso febbraio, con una scarsa partecipazione al voto.
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