Immigrati: nel 2025 saranno il 6% dei pensionati, ma oggi tutele ancora scarse
ROMA – L’accesso dei migranti ai trattamenti pensionistici e ai benefici previdenziali, previsti per tutti i lavoratori, continua a essere decisamente basso: per le pensioni previdenziali (invalidità, vecchiaia e superstiti) l’incidenza nel 2012 è appena dello 0,2 per cento. I beneficiari sono per il 90 per cento persone che risiedono ancora in Italia e per il 62,4 per cento donne. Per le pensioni assistenziali l’incidenza dei non comunitari sul totale si ferma all’1 per cento (nel 54,7 per cento dei casi le beneficiarie sono donne). A sottolinearlo è il rapporto “Immigrati e sicurezza sociale” realizzato dal Centro studi e ricerche Idos per l’European migration Network (Emn), presentato oggi a Roma. Il rapporto approfondisce in particolare la collocazione degli stranieri nell’ambito del sistema di previdenza italiano, sottolineando la carenza di tutele (in particolare per gli stranieri non comunitari) e il difficile accesso ai benefici previdenziali.
In particolare l’Emn stima che il trend di accesso ai trattamenti pensionistici, seppure in crescita, si manterrà contenuto anche nei prossimi anni. Nel 2010 i cittadini stranieri presenti in Italia hanno, infatti, inciso per l’1,5 per cento sugli ingressi in età pensionabile, ma porteranno la loro incidenza al 2,6 per cento nel 2015, per passare al 4,3 per cento nel 2020 e al 6 per cento nel 2025, anno in cui si stima che gli ingressi in età pensionabile saranno 43mila tra gli stranieri e ben 747 mila tra gli italiani. I pensionandi immigrati passeranno, quindi, da 1 ogni 46 (all’inizio del periodo) a 1 ogni 19. “È evidente che il differenziale pensionistico tra le due popolazioni andrà riducendosi, ma permarranno tuttavia significativi margini che andranno a beneficio della gestione pensionistica – si legge nel rapporto – tenuto conto che la popolazione straniera in quell’anno, secondo le previsioni, inciderà per il 12,3 per cento sul totale dei residenti, il doppio rispetto all’incidenza sugli immigrati pensionandi”. L’indagine ricorda inoltre che gli stranieri, essendo stati nel complesso più duramente toccati dalla crisi, hanno un’incidenza più alta come fruitori delle indennità di disoccupazione (agricola e non agricola) e della cassa integrazione guadagni ordinaria. Inoltre, trattandosi di una presenza familiare (oltre 2 milioni di famiglie con un componente straniero), soggetta a maggiori difficoltà, è consistente anche la loro incidenza sulle prestazioni erogate a sostegno del nucleo familiare: secondo l’Istat, il 55,4 per cento delle coppie straniere con figli ha un unico reddito e le coppie con figli in cui vi è almeno un disoccupato sono cresciute dal 13 per cento del 2008 al 21,3 per cento del 2012.
Quanto alle spese sanitarie, da ricerche condotte in precedenza da Idos risulta che la loro incidenza per la popolazione straniera, inclusa anche la componente irregolare, si mantiene a livelli più bassi rispetto all’incidenza che i cittadini stranieri hanno sulla popolazione residente, anche perché si tratta di persone giovani e fondamentalmente sane, nonostante le precarie condizioni di insediamento. Anche la bassa incidenza degli immigrati sui titolari di pensione trova una giustificazione nella ridotta componente di stranieri che abbiano superato i 65 anni.
Tuttavia le collaboratrici familiari immigrate, quelle con un’età media più elevata e quindi più prossima alla pensione, sono destinate ad aumentare. Nel 2011 gli ultra65enni in Italia erano oltre 12 milioni, pari a 1 su 5 su una popolazione di poco superiore ai 60 milioni, ma l’Istat ha previsto che nel 2065 interverrà quasi il raddoppio (20,6 milioni) e tra di essi, secondo il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, saranno oltre 2 milioni gli anziani non autosufficienti.
Il rapporto mette anche in luce un aspetto del quale poco si parla e cioè la futura condizione degli immigrati pensionati, che potranno contare sulla loro pensione, non solo bassa come lo sarà per la maggior parte degli italiani, ma ancora di più perché i contributi pagati dagli immigrati sono calcolati su una retribuzione inferiore mediamente del 25% rispetto a quella degli italiani. Gli immigrati pensionati saranno destinati, salvo adeguate misure di contrasto, ad aumentare le schiere dei poveri e questo “costituirà un problema molto serio che è bene affrontare per tempo” sottolinea l’Emn. (ec)
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