La crisi ucraina interroga l’Est che ha scelto la Nato

La crisi ucraina interroga l’Est che ha scelto la Nato

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Poco meno di due set­ti­mane prima del refe­ren­dum in Cri­mea i pre­mier del Gruppo di Vise­grád (V4) (Unghe­ria, Slo­vac­chia, Repub­blica Ceca e Polo­nia) hanno espresso la loro «inquie­tu­dine» per la situa­zione crea­tasi in Ucraina. E «disap­punto» per la «vio­la­zione dell’integrità ter­ri­to­riale dell’Ucraina» e per l’autorizzazione della Duma russa ad un’azione mili­tare sul suolo del paese con­fi­nante con­tro il parere di Kiev; denun­ciando inol­tre come gli avve­ni­menti richia­mas­sero gli inter­venti dell’Armata Rossa nel ’56, nel ’68 e nell’81, in Unghe­ria, ex Ceco­slo­vac­chia e Polo­nia rispet­ti­va­mente. In linea di mas­sima la posi­zione del V4 esprime quella di tutta l’area euro­pea centro-orientale che pro­pende per la linea dura verso Mosca. Al recente sum­mit di Bru­xel­les di capi di stato e di governo dell’’Ue, il pre­mier Orbán aveva par­lato di aggres­sione russa ai danni dell’Ucraina e della neces­sità che l’Unione euro­pea rea­gisse in modo ade­guato. Come noto il refe­ren­dum in Cri­mea e il suo risul­tato sono stati respinti a livello inter­na­zio­nale da orga­niz­za­zioni e sin­goli stati. All’indomani della con­sul­ta­zione, il mini­stero degli esteri slo­vacco non ha rico­no­sciuto la vali­dità del refe­ren­dum invi­tando Mosca a rico­no­scere l’indipendenza e l’integrità ter­ri­to­riale dell’Ucraina, con­si­de­rando ille­git­timo il voto del 16 marzo scorso in quanto avve­nuto in modo con­flit­tuale con la Costi­tu­zione ucraina e sotto minac­cia delle armi russe.

Dello stesso avviso Polo­nia e repub­bli­che bal­ti­che, desti­na­ta­rie dell’invio di reparti aerei Nato, il motivo uffi­ciale è nella deci­sione dei ver­tici atlan­tici di dar luogo a eser­ci­ta­zioni e ras­si­cu­rare i paesi mem­bri per la «minac­cia russa». Inte­res­sata alle ope­ra­zioni degli aerei radar (Awacs) anche la Roma­nia per «moni­to­rare la crisi in Ucraina». La pre­ci­sa­zione che è stata fatta dalle auto­rità atlan­ti­che è che i voli di rico­gni­zione degli Awacs avranno luogo solo sul ter­ri­to­rio della Nato.

In gene­rale l’Europa centro-orientale è sulle posi­zioni Ue e Nato, da aggiun­gere che la Bul­ga­ria mostra reti­cenza ad appog­giare le san­zioni. Di recente l’Ungheria ha avuto modo di strin­gere i rap­porti eco­no­mici con la Rus­sia fir­mando a Mosca un accordo per il poten­zia­mento della cen­trale nucleare di Paks, (100 km a sud di Buda­pest) rea­liz­zata negli anni ’70 dall’Urss. L’accordo che secondo le oppo­si­zioni va con­tro gli inte­ressi nazio­nali pre­vede la costru­zione di due reat­tori che si aggiun­ge­ranno a quelli già esi­stenti. La Rus­sia che con­si­dera di impor­tanza stra­te­gica valo­riz­zare la sua atti­vità in ambito nucleare for­ni­sce all’Ungheria circa l’80% del gas. Alla luce dell’accordo lo Stato danu­biano si pre­para a dipen­dere da Mosca anche per la tec­no­lo­gia nucleare. Per Orbán i fatti d’Ucraina non modi­fi­cano l’intesa con la Rus­sia. Di fatto even­tuali san­zioni eco­no­mi­che con­tro Mosca potreb­bero cau­sare un’emergenza ener­ge­tica in Unghe­ria visto che l’80% del gas che arriva nel paese dalla Rus­sia. Dalla caduta del Muro i rap­porti tra Buda­pest e Mosca sono un capi­tolo deli­cato ed espo­sto per certi versi ai sen­ti­menti di scarsa sim­pa­tia che buona parte dell’opinione pub­blica ha verso l’ex alleato. «Tor­na­te­vene a Mosca» gri­da­vano circa un anno fa i soste­ni­tori di Orbán a quelli dell’opposizione riu­niti in una pro­te­sta davanti alla sede del Fidesz per l’approvazione degli emen­da­menti alla nuova Costi­tu­zione. Quello a Mosca è un rife­ri­mento al comu­ni­smo anche se l’Urss non esi­ste più dal 1991. L’allusione agli inter­venti armati dell’Urss in alcuni ex paesi satel­liti, tra i quali l’Ungheria, è una prova di que­sto rap­porto con­tro­verso con Mosca.

Sem­pre al sum­mit di Bru­xel­les Orbán ha affer­mato che Buda­pest auspica lo svi­luppo di un’Ucraina demo­cra­tica e in grado di reg­gersi sulle sue forze. Un paese nel quale le mino­ranze etni­che e nazio­nali si sen­tano al sicuro. Prima ancora del refe­ren­dum le auto­rità magiare ave­vano sot­to­li­neato il fatto di seguire con grande assi­duità gli svi­luppi della situa­zione in Ucraina accor­dando un’attenzione par­ti­co­lare alla comu­nità unghe­rese che è stan­ziata nelle zone più occi­den­tali dello stato con­fi­nante. L’Ungheria con­si­dera di grande impor­tanza l’impegno dell’Ucraina a for­mu­lare una nuova legge sulle lin­gue nazio­nali che, secondo Mihály Bayer, amba­scia­tore a Kiev, sia in linea con le norme inter­na­zio­nali, incon­tri le esi­genze delle varie mino­ranze pre­senti nel paese e possa dare un con­tri­buto fat­tivo al pro­cesso di paci­fi­ca­zione interno. Il pro­blema è che allo stato attuale delle cose la pace sem­bra lon­tana in Ucraina, paese sull’orlo della ban­ca­rotta, che neces­sita urgen­te­mente di aiuti inter­na­zio­nali e che ha visto radi­ca­liz­zarsi la pro­te­sta poli­tica. Quella ucraina è secondo molti esperti la più dif­fi­cile tra tutte le crisi che la comu­nità inter­na­zio­nale ha dovuto affron­tare negli ultimi anni. Nel suo docu­mento il Gruppo di Vise­grád si è appel­lato all’Ue e alla Nato per­ché si atti­vino con­cre­ta­mente in ter­mini di soli­da­rietà e assi­stenza verso Kiev. Il testo sot­to­li­nea la dif­fi­coltà del momento e il peri­colo di ulte­riori svi­luppi che pos­sano minac­ciare seria­mente la pace e la sta­bi­lità nel con­ti­nente. Con­di­zioni que­ste ultime alle quali l’Ungheria, la Repub­blica Ceca e la Polo­nia hanno pen­sato di con­tri­buire in modo effi­cace entrando per prime nella Nato nel 1999, poco prima dei bom­bar­da­menti sulla ex Jugo­sla­via di Miloševic.


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