Obama studia una risposta dura a Putin

Obama studia una risposta dura a Putin

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NEW YORK — Il vertice sulla sicurezza nucleare che si riunirà all’Aia, in Olanda, lunedì e martedì della prossima settimana, doveva essere l’occasione per una serie di colloqui informali del presidente americano con quello cinese Xi Jinping e col russo Vladimir Putin, per cercare di ridurre le tensioni del momento, dalle scintille nel Mar Cinese tra Pechino e i Paesi della regione alleati dell’America (soprattutto Giappone e Corea del Sud), alla Siria e alla crisi ucraina. Ma gli eventi delle ultime settimane ai confini orientali dell’Europa, culminati nell’annessione della Crimea da parte della Russia, hanno profondamente alterato lo scenario. L’Aia diventa soprattutto la sede di un G7 straordinario che, se non formalizzerà la fine della formula del G8 in seguito a un’espulsione della Russia, certamente rappresenta il tramonto di un’era, quella iniziata vent’anni fa a Napoli quando a una delle periodiche riunioni dei Grandi (in quell’occasione presieduta dall’allora premier italiano Silvio Berlusconi), Boris Eltsin, leader popolarissimo in Europa, riuscì a far ammettere per la prima volta la Russia post-sovietica a questo tipo di vertici.
Ricordi ormai lontani. Con Putin (che potrebbe addirittura non andare all’Aia, facendosi rappresentare dal ministro degli Esteri Lavrov) è tornato il disegno di una Russia imperiale e minacciosa, convinta di poter violare impunemente le regole del diritto internazionale. E allora Barack Obama, che pure fin qui ha affidato la sua reazione alle azioni per isolare diplomaticamente Mosca e alle sanzioni economiche nei confronti dei soggetti russi coinvolti nelle operazioni militari in Crimea, comincia a convincersi che questo non basta più: chiama quindi a raccolta gli alleati dell’Occidente — gli europei più il Giappone e il Canada — per discutere degli interventi possibili per aumentare la pressione su Putin. A cominciare dall’ormai scontata cancellazione del G8 che i russi avrebbero dovuto ospitare a Sochi ai primi di giugno. Obama ha poi mandato il suo vice, Joe Biden, a rassicurare gli alleati dell’Est europeo, spaventatissimi dal ritorno delle mire imperiali di Mosca. Biden ieri ha visitato la Polonia e le repubbliche del Baltico, ribadendo solennemente l’impegno degli Usa e della Nato a difendere qualunque membro dell’Alleanza in caso di attacco. Nell’incontro col presidente dell’Estonia, Thomas Hendrik, il vicepresidente americano ha definito i fatti della Crimea una «sfacciata aggressione militare» e ha ribadito che l’articolo 5 dell’Alleanza impegna tutti i membri della Nato a correre collettivamente in soccorso di qualunque Paese.
Poche ore prima, incontrando il premier polacco Donald Tusk, Biden aveva annunciato nuovi programmi Usa di addestramento delle forze armate polacche e aveva enfatizzato il dispiegamento di squadriglie di F16 e di F15 americani rispettivamente in Polonia e nelle Repubbliche baltiche. Intanto la US Navy ha spostato alcune sue unità in prossimità del Mar Nero.
Tutti segnali coi quali l’America cerca di far capire che l’Occidente, pacifico e deciso a risolvere i conflitti con la forza della politica e quella dell’economia (come hanno ribadito Obama e la cancelliera Merkel in una telefonata ieri notte), non ha tuttavia dimenticato come si usa, all’occorrenza, anche la forza militare. Chi continua a considerare troppo debole la risposta americana nota che Biden non ha assunto impegni massicci per l’ammodernamento delle antiquate forze armate polacche, né ha ipotizzato un dispiegamento dei missili antimissile in Polonia. Un progetto che era stato «congelato» da Obama ai tempi del «reset» delle relazioni diplomatiche con Mosca. Ma l’America ha sempre sostenuto che quelle batterie sarebbero servite a difendere l’Europa non dalla Russia ma da attacchi da sud, soprattutto dall’Iran. Gli Usa sono in grado di creare una rete di protezione antimissile con le loro navi schierate in Europa e nei prossimi anni verranno comunque istallate batterie di missili a gittata più limitata tanto in Romania quanto in Polonia.
Di tutto il resto, ha spiegato ieri la portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Caitlin Hayden, gli alleati occidentali discuteranno all’Aia: «Focalizzeremo la situazione dell’Ucraina e discuteremo quali altri passi intraprendere per rispondere agli sviluppi di questi giorni e a sostegno di Kiev». L’Aia è la prima tappa del tour europeo di Obama che poi andrà a Bruxelles, citta che è anche sede della Nato, per la sua prima visita al governo dell’Unione europea. Poi continuerà per Roma dove incontrerà papa Francesco, Matteo Renzi (col quale si vedrà anche al G7) e il presidente Giorgio Napolitano.
Massimo Gaggi



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