Nigeria, il Mend nega il sequestro “Ci sarà una rappresaglia contro l’Agip”

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L’Impregilo chiude i cantieri e ordina il rimpatrio di tre dipendenti. Anche l’Eni sta progressivamente restringendo al minimo la sua presenza

A ventiquattro ore dal rapimento dei tecnici friulani nessuna rivendicazione
In una e-mail il portavoce del Movimento mette in guardia la società petrolifera

ROMA – “Non siamo stati noi a rapire ieri i due italiani”. Lo scrive in una e-mail inviata a Repubblica il portavoce del Mend, il Movimento per l’emancipazione del delta del Niger. Ma poi Jomo Gbomo aggiunge un avvertimento che suona come una minaccia: “Ci sarà una rappresaglia contro l’Agip e gli italiani molto, molto, molto presto”.

Nessuno finora ha rivendicato il sequestro di Lucio Moro e Luiciano Passarin, friuliani dipendenti della ditta di costruzioni milanese Impregilo. “Non sappiamo chi ha sequestrato i nostri due connazionali”, ha detto il viceministro degli Esteri Franco Danieli. “Nessun gruppo ha ancora rivendicato l’azione”. Salgono così a quattro gli italiani in mano alle bande armate nigeriane; dal 7 dicembre scorso, il Mend tiene prigionieri Francesco Arena e Cosma Russo.

Ieri lo stesso vice ministro aveva sollecitato le aziende italiane che operano in quella zona della Nigeria a far rientrare in Italia al più presto i connazionali: “Molte imprese hanno già fatto rientrare i familiari e gran parte dei dipendenti sono stati trasferiti a Lagos, ma in quell’area restano ancora 627 connazionali che lavorano per 24 aziende”, e nell’intero Stato vivono 1.700 cittadini italiani.

L’Impregilo, l’azienda per quale lavoravano i due italiani sequestrati ieri vicino a Port Harcourt, ha deciso di far rientrare i tre dipendenti italiani ancora al lavoro in quella zona: “La società di costruzioni – ha detto un portavoce dell’azienda – ha già chiuso i cantieri in loco e sta predisponendo il rientro dei pochi dipendenti ancora in loco. La decisione era stata presa, d’intesa con la Farnesina, ancora prima che si registrassero gli ultimi tragici sviluppi nell’area. Al momento i dipendenti italiani sono ridotti a tre sole unità, e tra breve rientreranno tutti in Italia”.


Anche l’Eni sta progressivamente restringendo “al minimo necessario” la presenza di dipendenti italiani in Nigeria. Ieri l’ad del gruppo Paolo Scaroni aveva ribadito che l’azienda “prenderà ogni misura adeguata a seconda dell’evolversi della situazione”. “A oggi, i dipendenti italiani dell’Eni operanti nell’area sono una decina, in un campo assolutamente protetto. Una presenza essenziale – aveva spiegato il manager – per mantenere in funzione un impianto a gas che alimenta una centrale elettrica necessaria alla fornitura di energia alla Nigeria”.

(Repubblica.it, 24 febbraio 2007)


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