La guerra dei poveri per un posto col caporale

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Schiavismo in Sicilia

(il manifesto, 24 settembre 2006)

La guerra dei poveri per un posto col caporale

La concorrenza del muratore rumeno

C`è la raccolta dei pomodori e poi quella dell`uva, e molti si danno da fare come operai edili, al nero e sottopagati. Senza bisogno della Bolkestein Ad Alcamo, nel trapanese, tra gli immigrati che cercano un lavoro nei campi per la vendemmia. Due mesi da stagionali senza pause e dormendo per strada o in auto. Con i padroncini che preferiscono i «meno esosi» rumeni e gli africani che si arrabbiano

Massimo Giannetti

Inviato ad Alcamo

Sono le sei del pomeriggio e nella piazza principale di Alcamo, giù alla periferia della città, decine di immigrati maghrebini, anche minorenni, sono controllati a vista da polizia e vigili urbani. Sono infuriati e forse non hanno tutti i torti. Stanno lì, appostati sotto gli alberi o sopra i muretti aspettando la «chiamata» che non arriva dalle cinque del mattino, dall`ora in cui i padroncini dei vigneti passano con i furgoni e reclutano la manodopera per la vendemmia. La stagione dell`uva, cominciata una ventina di giorni fa, quest`anno da queste parti sta andando benissimo, il raccolto è quasi raddoppiato rispetto all`anno scorso, ma per marocchini e africani in generale di lavoro ce n`è ben poco. Non è razzismo. E` pura e semplice convenienza. Le loro braccia, ricercatissime per almeno un decennio, adesso non servono più. Piccoli e medi imprenditori del vino preferiscono quelle molto meno costose degli immigrati rumeni, i nuovi sfruttati nei campi del trapanese, scesi a decine negli ultimi mesi ad Alcamo in vista della vendemmia. E la rabbia dei veterani africani, a torto o a ragione, è tutta indirizzata nei loro confronti.
«Io sono qui dall`inizio di settembre, ma ho fatto soltanto due giornate di lavoro – dice Mohammed, 46 anni, che d`inverno fa il commerciante a Torino e d`estate l`agricoltore in Sicilia – Per noi è una tragedia. Se c`è questa situazione la colpa è tutta dei rumeni che chiedono 25 euro al giorno. Noi ne vogliamo 40, come gli italiani, e per questo siamo penalizzati. Non è giusto, così ci riportano indietro di dieci anni».
«I rumeni sono scorretti – aggiunge Mustafa, 39 anni, anche lui marocchino – ottengono lavoro non solo perché chiedono poco, ma anche perché portano le donne ai proprietari. Sì, proprio così, portano le donne ai datori di lavoro, le ho viste con i miei occhi mentre domenica scorsa scendevano dal pullman arrivato dalla Romania». Accuse pesanti, quest`ultime, ma difficili da riscontrare. Certo è però che l`aria che tira quest`anno ad Alcamo, anche per le ragioni che seguono, è davvero «molto brutta» come anche dice anche Hassan, 35 anni, che a giugno ha raccolto patate nell`inferno di Cassibile e ad agosto pomodori in quel di Foggia – Io vengo ad Alcamo per la vendemmia sin dagli anni `90 e ho sempre lavorato senza problemi. Fino all`anno scorso siamo stati accolti bene anche dalla popolazione, che ci aiutava dandoci cibo e vestiti. Quest`anno invece è cambiato tutto. I proprietari dei terreni non ci danno più lavoro e il comune ha deciso di farci pagare pure il ticket per andare in bagno (un euro è il pedaggio per fare pipì nei tre bagni idraulici installati ai lati della piazza, ndr) e per dormire nei centri di accoglienza. Inoltre siamo perseguitati dalla polizia. L`altra sera hanno arrestato ed espulso molti nostri amici».
La caccia al clandestino, graditissimo nelle campagne ma sgradito in città, è l`altra faccia di questa guerra tra poveri in corso sotto i vigneti del trapanese. Ed è anche il «nuovo corso» – un po` ipocrita – inaugurato dall`amministrazione di centrosinistra che ha trasformato Alcamo – 50 mila abitanti e una fama di città ospitale verso gli stranieri – in un luogo proibito per gli immigrati senza una lira in tasca. Complici le imminenti elezioni comunali, il sindaco Giacomo Scala (Margherita) all`inizio della vendemmia, quindi con l`arrivo degli stagionali, ha infatti emesso un`ordinanza che fa a pugni con il recentissimo passato della città che governa da cinque anni. L`ordinanza, oltre a fissare rigide regole per poter accedere nei due e insufficienti centri di accoglienza, stabilisce per gli stranieri il «divieto di bivacco nei giardini e nelle aree pubbliche» nonché «il divieto assoluto di consumare alcolici dalle 22 in poi».
Non è un vero è proprio coprifuoco, ma gli somiglia molto. E il primo cittadino ne va orgoglioso: «Quest`anno abbiamo avuto un afflusso di immigrati molto più alto degli anni scorsi – spiega – Si era sparsa la voce che qui il comune dava vitto e alloggio gratis a tutti e così sono venuti anche gli stagionali che lavorano nei paesi vicini. La popolazione si è preoccupata e così abbiamo deciso misure restrittive, facendo pagare gli ingressi nei centri di accoglienza. Per quanto riguarda invece l`ordinanza che vieta il bivacco nelle aree pubbliche, si è resa necessaria dopo l`incendio di alcune sedie in un bar in seguito ad una rissa scoppiata tra immigrati. Venticinque persone sono state arrestate e dodici espulse. E` il minimo che si poteva fare per evitare che si ripetessero altri simili episodi. Noi dobbiamo tutelare l`ordine pubblico e far rispettare la legge». Ma la versione del sindaco è contestata dagli esponenti della Rete antirazzista, che gestiscono uno sportello di assistenza legale e sanitaria per gli stranieri: «Non è vero quello che sostiene il sindaco Scala – dice Rino Raimondo, che è anche medico responsabile del settore igiene pubblica per la Asl locale – L`ordinanza antibivacco è precedente alla rissa di cui parla e che a nostro avviso si è verificata proprio perché gli stranieri non sanno dove andare. Perché non si è voluto allestire un campo di accoglienza come nel passato? La verità è che i fondi sono stati tagliati dal bilanci e il risultato è che centinaia di persone vivono ora in una condizione igienico sanitaria spaventosa e il comune finge di non vederle».
Secondo un censimento molto approssimativo, sarebbero oltre 700 gli stagionali presenti ad Alcamo. I due centri di accoglienza a pagamento possono ospitare al massimo 200 persone: una sessantina nell`ostello gestito dall`opera pia Pastore san Pietro (al quale il comune, proprietario della struttura, paga una convenzione di 30 mila euro per un mese); e i rimanenti 135 nelle poche tende allestite al campo sportivo e gestite dalla Misericordia. Tutti gli altri si arrangiano come possono. I rumeni, molti dei quali sono scesi in Sicilia per ricongiungersi con le proprie mogli – anche loro sfruttatissime come badanti a 20 euro al giorno – vivono affollati negli appartamenti presi in affitto. I senegalesi ma soprattutto i maghrebini, viste anche le difficoltà che hanno nel trovare lavoro, dormono all`aperto sotto i cartoni oppure in strutture fatiscenti e abbandonate appena fuori dalla città. «Per noi anche pagare anche tre euro a notte è una spesa troppo alta, non possiamo permetterci di sciupare tutti i nostri guadagni per dormire – dice Bamba, un signore senegalese di 45 anni alto e barbuto – così siamo costretti a dormire in mezzo alla campagna e per lavarci andiamo alla sorgenti di acqua sulfurea. L`anno scorso, oltre alla tendopoli del comune, c`era anche la disponibilità della chiesa, ma il prete che c`era prima, padre Aparo, è stato trasferito e quello che c`è adesso non intende aprire i locali della parrocchia per noi la notte». In conclusione, è una stagione senza dubbio da bestie. «Chi ha un`automobile è fortunato – dice Aziz, 35 anni, anche lui marocchino, che divide la propria vettura con altri tre connazionali – Se c`è bel tempo facciamo a turno: due dormono fuori accanto alla macchina e due dentro. Se invece piove ci stringiamo tutti e quattro e dormiamo in auto seduti».


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