Le responsabilità italiane nella “guerra sporca“ Usa

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(da La Repubblica, 11 maggio 2006, prima pagina)

Le responsabilità italiane
nella “guerra sporca“ Usa

di GIUSEPPE D`AVANZO

C`è un lampo di luce nel “prelevamento forzato“ di Abu Omar, l`imam egiziano clandestinamente e illegalmente sequestrato a Milano da ventidue agenti della Cia. È un lampo di luce che illumina le responsabilità della nostra intelligence (Sismi) e svela o una menzogna consegnata dal governo al Parlamento o – delle due l`una, “tertium non datur“ – una frottola rifilata dall`intelligence politico-militare di Nicolò Pollari al governo.

I fatti nuovi, ridotti all`osso, sono questi. Un congruo numero di testimonianze e un bel pugno di accertamenti istruttori, raccolti dal procuratore di Milano Armando Spataro (per quel che Repubblica è stata in grado di ricostruire), confermano che gli uomini della Cia si sono mossi a Milano, il 17 febbraio del 2003, con la collaborazione della Direzione Operazioni del Sismi che ha organizzato e “appoggiato“ la extraordinary rendition (o forcible abduction) del cittadino egiziano Osama Mostafa Hassan Nasr (Abu Omar), ospite in Italia con lo status di rifugiato politico. Le indagini hanno accertato, come racconta L`Espresso nel prossimo numero in edicola, che molti militari italiani (carabinieri del Ros e agenti segreti del Sismi) erano tra via Guerzoni e via Conte Verde quando l`egiziano viene pedinato, afferrato, gettato in un furgone; trasferito nella base aerea di Aviano e torturato; “spedito“ in Egitto e ancora lungamente torturato nelle carceri speciali di Mubarak. Lo confermano finora diciassette contatti telefonici, con pazienza certosina, estratti da una montagna di 10.700 telefonate; le ammissioni dei militari; il racconto di superiori gerarchici di medio livello.

È la prova, o se si vuole la conferma, che l`Italia sapeva della extraordinary rendition. Che sapevano, per lo meno, i nostri apparati di sicurezza. Che il “gravissimo attacco all`autorità dello Stato italiano e ai trattati internazionali“ (come ha scritto il giudice Chiara Nobili) o la “grave violazione della sovranità nazionale che, per la prima volta nella storia giudiziaria italiana, ha sottratto un indagato all`autorità giudiziaria per condurlo con la forza in uno Stato terzo“ (come ha scritto il giudice Guido Salvini) sono state programmate, realizzate e autorizzate dalla Direzione del nostro servizio segreto (a meno di pensare che il Direttore delle Operazioni si muova senza il placet del Direttore del servizio).

Ora la domanda che ancora non trova una risposta è: che cosa ha saputo il governo? Che cosa ha saputo Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con la delega ai servizi segreti, e quindi la più alta autorità politica per l`intelligence? Il direttore del Sismi, Nicolò Pollari, lo ha informato dell“`operazione clandestina“ o l`ha organizzata tacendogliela? E` un fatto che il governo ha sempre negato di aver saputo qualcosa dell`impiccio. Di più, ha fatto qualche pubblica mossa come convocare a Palazzo Chigi l`ambasciatore americano a Roma, Mel Sembler. Nel gennaio del 2004, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, sostiene infatti in Parlamento che “i nostri servizi segreti non erano a conoscenza dell`operazione“. Nel giugno del 2005, Giovanardi ritorna a Montecitorio per spiegare che il governo “si è attivato con rigorosa determinazione al fine di ottenere ogni informazione utile sulla vicenda e intraprendere le azioni più appropriate e consone per la salvaguardia della nostra sovranità nazionale“.

Il governo ha mentito in cattiva fede o l`intelligence lo ha lasciato deliberamente al buio accordandosi in solitudine, e senza autorizzazione e legittimità, con “l`amico americano“? È un fatto che il “prelevamento forzato“ di Abu Omar, come è capitato a Repubblica di sostenere in questi anni, è non solo l`esempio dell`arroganza americana e della complicità italiana con quell`arroganza, ma anche il modello di come, in nome della Guerra al Terrore, segmenti delle burocrazie della sicurezza nazionale siano andate oltre quella “crisi della ragion giuridica“ che in Italia, nei momenti di emergenza, concede di guardare al reo dietro al reato; alla sua pericolosità e non alla sua responsabilità; all`identità del nemico più che alla prova dei suoi atti di inimicizia. Il lavoro dell`intelligence ha fabbricato, lungo questa via, realtà tanto artificiose quanto minacciose; un mondo fittizio e manipolato rispetto a quello reale; un mondo immaginario attraversato da kamikaze armati di cianuro da versare negli acquedotti; di bombe da far esplodere nelle metropolitane e nelle cattedrali, di missili da lanciare contro San Pietro. Questa rappresentazione posticcia della realtà, creata dalle nostre “barbe finte“ e subìta o avallata da alcuni pubblici ministeri e da una stampa sonnacchiosa, ha disperso energie e risorse, utili alla sicurezza nazionale, per metterle al servizio di una politica di guerra, voluta e decisa altrove, e di una strategia in cui Roma è stato soltanto l`alleato subalterno e volenteroso.

Appare sempre necessario che il nuovo Parlamento crei una commissione d`inchiesta (o d`indagine o come la si voglia chiamare) per ricostruire quanto è accaduto in questi anni nella Guerra al Terrore (vera o presunta), nel mondo oscuro delle “barbe finte“; tra le “barbe finte“ e il governo; tra il governo e il Parlamento.

È sempre più chiaro, infatti, che anche in Italia si è radicato, dopo l`11 settembre, una sorta di “diritto speciale dello spionaggio“ che ha trovato la sua fonte di legittimazione non dentro una nazionale ragione di Stato o nei dintorni del criterio pragmatico di proteggere la sicurezza della nostra collettività, ma al di fuori del nostro Stato di diritto in un oscuro altrove.
O meglio, in quella dottrina americana post-undici settembre che si è fondata su una concezione della legittima difesa molto speciale. È la “dottrina“ che ha polverizzato l`idea secolare dell“`autodifesa in ragione dell`attualità del pericolo e della sua inevitabilità“; che ha riconosciuto una natura preventiva all`azione; che l`ha declinata in una prospettiva amico/nemico utile a schiudere la porta a comportamenti essenzialmente fondati sul sospetto e sul pregiudizio. L`intelligence italiana, partecipando al sequestro illegale di Abu Omar, ha dimostrato di essere con il braccio e la mente dentro questa storia nera, protagonista di un paradigma che non ha alcun fondamento giuridico perché precipita ogni mossa in un baratro pregiuridico dove anche il più flessibile concetto di legalità perde di senso. Soltanto il lavoro di una commissione parlamentare potrà dirci quanto le mosse operative del Sismi siano state autorizzate dal governo, discusse e legittimate dall`autorità politica. Quanto il governo è stato consapevole di quei passi e, se consapevole, quanto questa politica – ai confini e oltre la legalità – può essere iscritta nel “patto di non belligeranza“, approvato con le risoluzioni del Parlamento e, secondo il dettato costituzionale, dal Capo dello Stato.

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