L’Onu: il mondo dimentica i rifugiati. Rapporto UNHCR

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(Corriere della Sera, 21 aprile 2006)

Rapporto dell’Unhcr: calano i rifugiati ma l’intolleranza dei Paesi ricchi è cresciuta

L’Onu: il mondo dimentica
Sono 25 milioni, «il più grande fallimento dell’umanità»

La buona notizia: il numero di rifugiati nel mondo è sceso ai minimi da 25 anni. Con la fine delle guerre in Afghanistan, Angola, Bosnia e il ritorno di molti nei loro pur devastati Paesi, il totale delle persone costrette a vivere all’estero perché in fuga da conflitti e persecuzioni è diminuito a 9,2 milioni. Nel 1982 erano 18 milioni. Ma questa cifra è in realtà l’unico dato positivo del nuovo rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr, con il più diffuso acronimo inglese). Il primo rapporto pubblicato dall’agenzia Onu, va sottolineato, da cinque anni. Nell’era post-11 settembre 2001 infatti molto è cambiato. E soprattutto tre sono i fenomeni allarmanti emersi su questo fronte. Primo: se il numero dei rifugiati internazionali è sceso, quello dei «profughi interni», degli sfollati da una zona all’altra nel proprio Paese, ha raggiunto livelli drammatici. Oggi, calcola l’Unhcr, sono almeno 25 milioni. Perché le guerre «vere», tra due o più Stati, sono infatti in calo nel pianeta. Ma non le guerre civili, il cui impatto sui popoli può essere perfino più drammatico anche perché scappare all’estero è sempre più difficile. «Spesso perseguitati o attaccati dai loro stessi governi, molti si trovano in situazioni peggiori degli stessi rifugiati ma nessuna agenzia internazionale ha il mandato formale per occuparsene», si legge nel rapporto. E l’Alto Commissario Onu per i rifugiati, l’ex premier portoghese Antonio Guterres, ha aggiunto che «questo è oggi il maggior fallimento nella storia dell’azione umanitaria». Solo in Sudan e in Congo gli sfollati sono 7,5 milioni.
Secondo punto: i rifugiati sono meno rispetto a 25 anni fa, vero, ma quelli rimasti tali oggi hanno meno possibilità di tornarsene un giorno a casa. Nel 2004, «le situazioni croniche o stagnanti, riguardanti gruppi di almeno 25 mila rifugiati per un periodo di 5 o più anni» erano 33, per un totale di 5,7 milioni persone su 9,2. Il gruppo più vasto, la situazione più «intricata» resta quello dei palestinesi, 4,2 milioni di rifugiati sparsi in Medio Oriente. Soprattutto per loro, ha ammesso Guterres, «possiamo solo continuare a sperare, come facciamo da decenni».
E poi, l’ultimo, nuovo e forse più drammatico elemento, sottolineato con forza dal rapporto che lo definisce «asylum fatigue», stanchezza nei confronti dell’asilo. Ovvero quel mix di intolleranza e razzismo, chiusura e paura che i Paesi ricchi del mondo stanno vivendo dopo le Torri Gemelle, trasformandolo spesso in legge, nel nome della sicurezza e della guerra al terrore. «Nelle opinioni pubbliche c’è confusione tra emigrazione clandestina, problemi di sicurezza e asilo ai rifugiati – sostiene il rapporto – Sempre più spesso chi chiede asilo viene ritenuto un immigrato illegale, un potenziale terrorista, un criminale o nel migliore dei casi un imbroglione». «Ormai non viene fatta distinzione tra gli emigranti che cercano condizioni economiche migliori e i rifugiati con un serio e fondato timore di persecuzione», aggiunge Guterres, ricordando che il numero totale degli «emigrati internazionali» è stimato in oltre 190 milioni, mentre i rifugiati e chi aspira ad esserlo sono meno di 10.
Questa chiusura, questa «fatigue» è soprattutto poco giustificata in Europa, ritiene l’Unhcr. Anche perché il 70% dei profughi ha trovato rifugio in Paesi in via di sviluppo e casi come quello del Pakistan (6 milioni di afghani accolti, oltre la metà dei quali ancora nei suoi campi) sono ben lontani dalle realtà del Vecchio (e ricco) continente. Che l’agenzia Onu critica apertamente. Per il recente dibattito sui centri per l`esame delle domande d`asilo nei Paesi d`origine o di transito dei richiedenti. Per alcuni casi specifici come quello dell`Italia e del rinvio nel 2004 in Libia (che non aderisce alle Convenzione Onu sui rifugiati del 1951) di gruppi di persone sbarcate a Lampedusa. Soprattutto per il «Regolamento Dublino II» approvato dall’Unione nel 2003, che limita fortemente le possibilità di ottenere asilo e crea situazioni paradossali e drammatiche come la vicenda raccontata in questa stessa pagina. Tanto che la stessa Unhcr, subito dopo la presentazione del suo rapporto, ha chiesto ufficialmente all’Unione dei 25 di rivedere tutte le sue norme sul diritto d’asilo.

Cecilia Zecchinelli

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