India, una donna contro le Grandi dighe . Arrestata Medha Patkar

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(da La Repubblica, VENERDÌ, 07 APRILE 2006, Pagina 23 – Esteri)

India, una donna contro le Grandi dighe

Arrestata Medha Patkar, in sciopero della fame per fermare il piano Narmada

La costruzione del bacino mette a rischio centinaia di villaggi che saranno inondati

Il premier e i ministri hanno visitato più volte la celebre sociologa. Al suo fianco, la scrittrice Arundhati Roy
Dopo otto giorni di digiuno a Delhi, la protesta interrotta dalla polizia che sottoporrà gli attivisti all´alimentazione forzata

RAIMONDO BULTRINI
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BANGKOK – Nell´India tollerante e gandhiana, dove si venera il digiuno per una giusta causa, una celebre attivista dei diritti umani in lotta al fianco della tribù degli adivasi che si batte contro le dighe è stata arrestata per tentato suicidio. Per otto giorni Medha Patkar, celebre sociologa e ambientalista, non ha mangiato né bevuto in una strada della capitale indiana Delhi assieme ad alcuni altri compagni della sua organizzazione, il Narmada Bachao Andolan, Movimento per salvare il Narmada. Protestano contro le evacuazioni e le mancate compensazioni in terre e rupie per 35 mila famiglie di indigeni del distretto di Dhar e degli altri insediamenti a rischio di inondazione per l´innalzamento della più grande diga del progetto, la Sardar Sarovar.
Mercoledì notte Medha Patkar e gli altri attivisti sono stati portati in clinica sotto mandato di arresto e alimentati con sali e liquidi. Fino all´ultimo, al fianco della sua compagna di lotta è rimasta la scrittrice e attivista Arundhati Roy, che al megaprogetto idrico indiano e ai suoi retroscena ha dedicato saggi e anni di mobilitazione.
Nei giorni precedenti, secondo i testimoni, la polizia era intervenuta con modi anche brutali per interrompere la protesta pacifica in pieno centro di Delhi, davanti a dozzine di telecamere e giornalisti. Numerosi dignitari del governo, compreso il premier Manmohan Singh e il ministro delle risorse idriche, hanno fatto più volte avanti e indietro tra gli uffici del governo e Satagraha Sthal a Jantar Manta, dove la pasionaria delle dighe giaceva sul pavimento di stuoie coperto da una pensilina di tela cerata tra i 30 e i 35 gradi. Ieri tre ministri hanno annunciato che visiteranno il sito della diga.
Medha Patkar, una bella donna dai capelli mezzi bianchi che faceva la sociologa quando conobbe gli adivasi coi loro problemi, non si è fatta convincere dal governo e dalle sue promesse di verificare e risolvere i problemi delle famiglie, sotto esproprio a partire dal 30 giugno prossimo. Quando la polizia è giunta a prelevarla assieme agli altri, ha trovato un cordone di centinaia di militanti che cercavano di proteggerla. Ma alla fine hanno avuto ragione i poliziotti.
La pasionaria delle dighe e i suoi compagni sanno che non tutte le richieste possono essere accolte senza smantellare la costosa pianificazione delle 3200 dighe in parte già costruite per ottenere preziosa energia elettrica e irrigare i territori deserti lungo i 1200 chilometri del suo corso e lungo i tributari distribuiti in tre Stati, Madhya Pradesh, Gujarat e Maharasthra.
Ma per portare l´acqua e l´energia ben lontano dalle loro foreste le autorità del progetto hanno evacuato i contadini di parecchie tribù compensandoli con cifre tra le 4 e le 8mila rupie, meno di 200 dollari, oppure con terre rocciose dove non può essere coltivato niente.
Con l´innalzamento della diga, che inizialmente era di soli 80 metri, sono aumentati gli evacuati, più di 24.000 famiglie in soli 114 villaggi del Madhya Pradesh, con un incremento di 10mila persone ogni metro di innalzamento.
Gli ultimi 35mila sono entrati nell´incubo dell´inondazione dal mese scorso, quando il governo ha avviato i lavori per il prossimo innalzamento del livello del bacino idrico che toccherà quota 122 metri invece degli attuali 110, cioè a soli 14 dal livello massimo.
Per queste popolazioni, secondo le numerose denunce di Medha Patkar e di celebri personalità che l´hanno sostenuta come Arundhati Roy, invece di assistenza il governo ha spedito polizia e ruspe, lasciandoli spesso prive anche di acqua potabile, oltreché di un tetto. E a ogni minima inondazione rischiano di annegare – com´è già avvenuto in passato – migliaia di fuoricasta che vivono nelle foreste ancestrali.
Sociologa di professione, Medha Patkar negli anni ‘80 andò a conoscere gli adivasi per le sue ricerche. La sua partecipazione emotiva, unita alla sua conoscenza dei meccanismi legali e burocratici, ne fecero la figura ideale per guidare la battaglia ambientalista contro il progetto che a fase ultimata prevede ben 500 chilometri quadrati di bacino. A metà degli anni ‘80 li guidò in marce pacifiche, disciolte spesso con la forza. I suoi primi scioperi della fame negli anni ‘90 l´accomunarono a un altro celebre attivista, Sunderlal Bahuguna, che tentava di bloccare un altro progetto analogo, la diga di Tehri su un tributario del sacro Gange.
Medha Patkar e Bahuguna (fondatore del Cipko, diventato celebre perché i suoi attivisti si opponevano alle motoseghe abbracciando i grandi alberi) nel ‘91 furono entrambi salvati con l´alimentazione forzata e più volte arrestati e picchiati.

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La denuncia della scrittrice Arundhati Roy, in prima fila nella difesa delle tribù indigene

“Monumenti alla corruzione che cancelleranno un´intera civiltà“


“Sono popoli poveri, non hanno peso economico“

ARUNDHATI ROY
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Si suppone che il Narmada Valley Development Project sia il progetto di sviluppo di una valle fluviale più ambizioso al mondo. Prevede la costruzione di 3.200 dighe che riorganizzeranno il Narmada e i suoi 419 affluenti in una serie di bacini degradanti, un´immensa scalinata di acqua inalveata. Due delle dighe più imponenti saranno realizzate per molteplici fini. La diga Sardar Sarovar nel Gujarat e la Narmada Sagar del Madhya Pradesh tra tutte e due conterranno più acqua di qualsiasi altro bacino idrico del subcontinente indiano.
Comunque vada, il Progetto di sviluppo della Valle del Narmada influirà sulla vita di 25 milioni di persone che vivono in quella valle e altererà la conformazione ambientale dell´intero bacino fluviale. Coprirà d´acqua boschi e templi sacri, antichi tracciati percorsi dai pellegrini, siti archeologici che gli studiosi reputano contenere un archivio di reperti relativi alla vita umana pressoché ininterrotto dalla tarda età della Pietra ad oggi.
Parrebbe ovvio, evidentemente, che prima che il governo decida di costruire un´altra diga debba fare tutto quello che è in suo potere per mantenere e incrementare l´efficienza delle strutture già realizzate. Accade invece il contrario. Si costruiscono le dighe, la popolazione viene sradicata, le foreste sono ricoperte d´acqua e poi il progetto è semplicemente abbandonato. I canali non sono portati a termine. I vantaggi mai maturati (ad eccezione di quelli per i politici, i burocrati e gli appaltatori coinvolti nella realizzazione del progetto).
La prima diga ad essere stata costruita sul Narmada è un caso paradigmatico: la diga Bargi nel Madhya Pradesh è stata ultimata nel 1990. E costata dieci volte la cifra prevista dal budget e ha ricoperto d´acqua il triplo delle terre che avrebbe dovuto sommergere. Per risparmiarsi la spesa e la fatica di condurre un rilevamento topografico, il governo si è limitato a riempire il bacino senza avvertire nessuno. Da 101 villaggi si sarebbero dovute trasferire 70.000 persone, mi ne sono state trasferite 114.000 da 162 villaggi.
Perché sta accadendo tutto questo? Come è possibile che stia accadendo una cosa del genere? Le Grandi Dighe sono monumenti alla corruzione. Alla corruzione internazionale su scala addirittura inconcepibile. Banchieri, politici, burocrati, consulenti ambientali e associazioni umanitarie sono tutti coinvolti nel racket. Le persone che costoro stanno depredando appartengono alle fasce più povere e più emarginate della popolazione di uno dei Paesi più poveri del mondo. Non contano come persone. E i costi delle Grandi Dighe non risultano come costi, non sono annotati nei libri contabili. Mentre i consulenti internazionali di Reinserimento (esperti globali di disperazione) ricevono ingenti compensi per concepire politiche di reinserimento sempre più rispettose, che suonano sempre più umane, che sulla carta sono sempre più perfette, ma che non vengono mai messe in atto. Come si dice: si fanno molti soldi con la povertà.
(Estratto dalla conferenza in memoria del Nehru all´Università di Cambridge. Copyright Arundhati Roy. Traduzione di Anna Bissanti)

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