AMBIENTE. Addio all´ecomostro di Punta Perotti
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(da La Repubblica, VENERDÌ, 31 MARZO 2006, Pagina 31 – Cronaca)
Il complesso immobiliare costruito abusivamente e bloccato 9 anni fa. 220mila metri cubi in riva al mare
Addio all´ecomostro di Punta Perotti Bari, finisce il sogno degli speculatori
Bocciato l´ultimo ricorso. Da domenica la demolizione
Un simbolo della lotta all´abusivismo edilizio, del ripristino della legalità
Una lezione per tutti i nemici dell´ambiente, una punizione esemplare
GIOVANNI VALENTINI
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Sara´ un lavacro collettivo, un rito purificatore e liberatorio, una liturgia della legalità quella che andrà in scena domenica mattina sul Lungomare di Bari per celebrare la demolizione dell´ecomostro di Punta Perotti, il complesso immobiliare costruito abusivamente e bloccato nove anni fa dai sigilli della magistratura, come uno scheletro di cemento mummificato dal 22 marzo 1997.
Tre corpi di fabbrica, tre falansteri, tre aborti di grattacieli a tredici piani fino a 45 metri d´altezza, per un totale di 220 mila metri cubi fuori terra, ad appena trecento metri dal litorale. Una piccola muraglia barese. Un´ingombrante “saracinesca“ fra il cuore della città e la sua anima marinara, mercantile, levantina, protesa sull´Adriatico verso i traffici e le suggestioni dell´Oriente, che minacciava di rubare agli abitanti la vista e il respiro dell´orizzonte.
Ma la “morte annunciata“ di Punta Perotti non è un evento che riguarda soltanto una città o una regione. Nel corso degli anni, è diventato ormai un caso nazionale, un simbolo della lotta all´abusivismo edilizio, della difesa dell´ambiente e quindi del ripristino della legalità. Quando quei “palazzacci“ senza pareti e senza finestre cominceranno a crollare per implosione a colpi di tritolo, in nome della legge e su ordine del sindaco di Bari, Michele Emiliano, sotto le macerie finiranno anche tanti progetti di speculatori edilizi, costruttori senza scrupoli, sfruttatori e saccheggiatori del paesaggio che s´aggirano a piede libero per l´Italia.
Questa sarà insomma una lezione, una bella lezione per tutti i nemici dell´ambiente, i cementificatori delle coste, i lottizzatori abusivi, i furbi e i furbetti dei vari quartierini che popolano ancora il Malpaese. Una punizione esemplare che non ammette deroghe né patteggiamenti. E per quanto si debba riconoscere che l´operazione è stata accelerata dall´infausta legge delega con cui il governo in carica ha distrutto tutta la normativa ambientale, resta il fatto che la pratica dei condoni applicata dal centrodestra – in campo edilizio come in campo fiscale – va purtroppo nella direzione opposta.
Da qui, dunque, dall´abbattimento dell´ecomostro di Bari, si può ripartire per un´inversione di tendenza su scala nazionale, nella prospettiva magari di un avvicendamento alla guida del Paese. L´appuntamento di domenica a Bari, proprio alla vigilia delle elezioni, non segna soltanto un successo politico del fronte ambientalista, dei Verdi e delle associazioni ecologiste, ma rappresenta soprattutto una vittoria culturale e civile di un´opinione pubblica che tende ad aggregarsi intorno a questi valori e a diventare sempre più trasversale.
La stessa storia di Punta Perotti, iniziata ufficialmente il 6 luglio del 1979 con la presentazione del progetto originario di lottizzazione, dimostra che una battaglia di tale portata non si combatte e non si vince senza coinvolgere una “città plurale“, come si chiama appunto l´associazione per la “rinascita della cittadinanza attiva“ che nel capoluogo pugliese s´è mobilitata su questo e su diversi altri obiettivi, portando un ex magistrato a governare il Comune. E´ la tanto invocata società civile che scende in campo contro la partitocrazia, contro la politica degli affari e l´assalto a un patrimonio collettivo come quello ambientale. E in un Mezzogiorno vilipeso dalla criminalità organizzata, una volta tanto la cultura della legalità trionfa in modo spettacolare ed emblematico.
Non poteva certo immaginare una nemesi di questo genere lo storico e poeta barese Armando Perotti, quando un secolo fa denunciava come una “criminosa follia“ il progetto di costruire il Teatro Margherita, proprio all´inizio dello stesso lungomare, alla convergenza con corso Vittorio Emanuele. Anche quella in effetti è una quinta che chiude la vista dell´Adriatico. Ma almeno è un edificio pubblico, destinato dopo un laborioso restauro a diventare un contenitore culturale, in una città che ancora attende la riapertura del Petruzzelli dopo l´incendio del ‘91. E con il senno di poi, si può dire comunque che il Margherita non ha mai assunto per dimensioni e struttura le fattezze di un ecomostro.
La costruzione di Punta Perotti, invece, è stata fin dall´inizio una storia assai controversa e travagliata in cui s´intrecciano i fili della burocrazia, dell´amministrazione pubblica e della giustizia. Su un´area complessiva di 99.475 metri quadri, destinata dal Piano regolatore ad “attività terziarie“, il progetto originario redatto nel ´79 dagli architetti Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano per conto dei proprietari, i costruttori baresi Andidero, Matarrese e Quistelli, prevedeva una suddivisione in due comparti denominati A e B. La pratica resta ferma fino al 1985, quando i progettisti chiedono alla Commissione urbanistica di esaminare solo seconda la proposta e da quel momento la lottizzazione si divide in due piani distinti.
Finalmente, l´11 maggio 1992 il Consiglio comunale approva e adotta entrambi i piani, stipulando le convenzione con le imprese costruttrici. Tre anni dopo viene rilasciata la concessione edilizia e iniziano quindi i lavori che di fatto procedono indisturbati fino all´alba del 22 marzo ´97. Quella mattina, su disposizione della Procura, i vigili urbani sequestrano gli immobili: vengono indagate otto persone, tra cui i costruttori, gli ingegneri e i direttori dei lavori.
Da qui, parte un´odissea giudiziaria che sarebbe superfluo ricostruire tappa per tappa. Sta di fatto che il 10 febbraio ´99, al termine di un processo con rito abbreviato, gli otto indagati vengono assolti dal giudice per le udienze preliminari “perché il fatto non costituisce reato“ (e in seguito saranno assolti con formula piena dalla Corte d´Appello, “perché il fatto non sussiste“). Ma con la stessa sentenza il gup confisca l´area di Punta Perotti, ritenendo la costruzione abusiva e criticando il “disinvolto iter amministrativo“ seguito dal Comune di Bari: a suo avviso, è “scandaloso il procedimento che ha portato all´improvviso rilascio dei provvedimenti autorizzatori e concessori“ per la costruzione del complesso.
Tra accuse e sospetti, ricorsi e controricorsi, sequestri e dissequestri, una tempesta di carta bollata si abbatte così sull´ecomostro di Punta Perotti, come le onde sulle scogliere del Lungomare quando imperversa la tramontana. Fino alla sentenza della Cassazione che nel 2001 conferma definitivamente la confisca e il trasferimento dei terreni nel patrimonio comunale, riconoscendo che la zona è sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta sia in base alla legge regionale sulla tutela del territorio sia in base alla legge Galasso.
Prima che fosse respinto ieri l´ultimo ricorso al giudice civile, le imprese costruttrici avevano già chiesto addirittura i danni, materiali e d´immagine, al Comune, alla Regione e alla Soprintendenza ai Beni ambientali e culturali (570 milioni di euro). Ma per il momento, salvo il diritto di rivalsa, l´unico danno certo è quello che dovranno sopportare i cittadini baresi, a carico del bilancio comunale: un milione e 250 mila euro per acquistare 400 chili di tritolo e sgomberare le macerie.
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