CGIL. Epifani: riprogettiamo insieme il Paese

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(La Repubblica, GIOVEDÌ, 02 MARZO 2006,
Pagina 9 – Economia)

Il leader della Cgil introduce il quindicesimo congresso del sindacato: “Questo governo ha fallito“. Cisl e Uil : non ci sono aperture

Epifani: riprogettiamo insieme il Paese

“Patto fiscale con il centrosinistra“. Ma sui contratti è gelo con le imprese

DAL NOSTRO INVIATO
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ROBERTO MANIA
RIMINI – Guglielmo Epifani propone un «accordo di legislatura» al centrosinistra. Un´alleanza per riprogettare il Paese dopo il «fallimento», certificato anche dall´ultimo dato del Pil, dei cinque anni di Berlusconi. Il leader della Cgil parla per quasi due ore nel catino tutto rosso della Fiera di Rimini. Ma è a metà discorso che arriva l´applauso liberatorio dei 1.200 delegati al 15º congresso: succede quando Epifani lancia, appunto, la proposta di un nuovo patto fiscale. Che vuol dire la fine dei condoni e dei privilegi dei rentier, la lotta all´evasione fiscale, e il sostegno «esplicito» ai redditi da lavoro e da pensione, senza dover realizzare prima il risanamento delle finanze pubbliche.
Insomma, un´altra politica economica. Di un altro governo. Quello che guiderà Romano Prodi, se vincerà il 9 e il 10 aprile. Non c´è alcuna abiura per l´irripetibile stagione segnata da Sergio Cofferati. Anzi. Epifani parte proprio da lì, dai tre milioni del Circo Massimo contro le modifiche all´articolo 18 («il momento politico più alto, nella storia del Paese, della centralità del lavoro»). Il Cinese, diventato sindaco di Bologna, è nella prima fila dei banchi rossi, accanto agli altri ex segretari generali della Cgil, Bruno Trentin e Antonio Pizzinato, riceve gli applausi e sorride. Perché Epifani non compie alcuno strappo nella strategia di fondo del 2002, anche se alla centralità dei diritti sostituisce la proposta del patto fiscale. A cambiare, però, è stato soprattutto il contesto esterno: l´ascesa di Luca di Montezemolo in Confindustria, il tradimento del governo degli impegni presi con Cisl e Uil con il patto per l´Italia, il riassestamento dei Ds. La competizione a sinistra tra sindacato e partito è da tempo terminata, anche se la Cgil di Epifani non rinuncia ad essere essa stessa «soggetto politico». Ora c´è un obiettivo comune: battere Berlusconi e poi ridisegnare, insieme, il Paese. Emerge con chiarezza nei commenti dei leader del centrosinistra alla relazione di Epifani, tutti calorosamente applauditi dai delegati. Piero Fassino, segretario dei Ds, apprezza la proposta del patto fiscale e dice che c´è «piena sintonia» con il programma presentato dall´Unione. Massimo D´Alema, presidente dei Ds, parla «di un discorso forte, convincente; giustamente severo nell´analisi sul governo di centrodestra». Per il Pdci, parla Oliviero Diliberto: «Bellissima relazione». Ma è Fausto Bertinotti, leader di Rifondazione, che già vede i semi della nuova alleanza Cgil-Unione: «Una relazione che è la traccia del discorso programmatico al parlamento del prossimo presidente del Consiglio». D´altra parte, l´analisi e le terapie sono spesso coincidenti: dalla richiesta di andare via dall´Iraq alla battaglia referendaria contro la riforma costituzionale; dalla volontà di cancellare gran parte della legge Biagi all´esigenza di rilanciare il ruolo dell´Europa; dal bisogno di fissare nuove regole per il capitalismo all´italiana a quello di ridisegnare un welfare state adeguato ai mutamenti nel mercato del lavoro. Tutti capitoli del corposo programma dell´Unione. «Lì – dice senza ipocrisia Epifani – si può dire di trovarvi una valutazione dello stato del Paese comune, una volontà di cambiare rapidamente, per non rassegnarsi al declino; una disponibilità ad un rapporto positivo con le organizzazioni sindacali». All´Unione, Epifani affida così una «responsabilità storica». Per questo – aggiunge – è necessaria «non una politica dei cento giorni, ma dei tremila». Domani l´atteso intervento di Prodi, l´unico politico a salire sul palco del congresso.
E mentre fa anche l´autocritica del sindacato non sempre capace di cogliere e rispondere con prontezza alle trasformazioni del lavoro e della produzione, Guglielmo Epifani concede poco – ma non pochissimo – a Confindustria, Cisl e Uil sulla riforma dei contratti. La Cgil – dice – «non ha cambiato idea»: il contratto nazionale resta l´architrave delle relazioni industriali e il nodo della rappresentanza e della democrazia sindacale deve essere sciolto. Ma il confronto si può cominciare anche subito, per esempio per sfoltire il numero dei contratti. Epifani invoca «pazienza» per trovare con Pezzotta e Angeletti una posizione unitaria. Gli dà ragione solo l´Ugl di Renata Polverini, mentre la Cisl con il segretario generale aggiunto in pectore Pier Paolo Baretta si dice «delusa» e la Uil con il numero due Adriano Musi non comprende «né le novità, né le aperture». Oggi arriveranno in diretta le risposte di Pezzotta e Angeletti. All´attacco c´è andata la Confindustria, con il vicepresidente Alberto Bombassei: «Dalla Cgil sono stati messi ulteriori ostacoli al confronto, ci siamo allontanati. Le risposte di Epifani vogliono dire non cominciare mai a dialogare». Critico – da sinistra – Bertinotti, il quale sui contratti sta con la minoranza della Cgil che vorrebbe rafforzare ancora di più il contratto nazionale.

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GIOVEDÌ, 02 MARZO 2006

Pagina 9 – Economia

LA PROPOSTA

La richiesta nelle tesi congressuali: “Italiani subito, senza attendere i 18 anni per fare domanda“

La battaglia per gli immigrati “Cittadinanza ai bimbi nati qui“

Negli ultimi cinque anni i nuovi iscritti al sindacato sono al 30% extracomunitari

DAL NOSTRO INVIATO
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LUISA GRION
RIMINI – L´intenzione risulta evidente fin dall´inizio: l´apertura del congresso della Cgil, ieri è stata affidata ad una giovane donna senegalese, Sendy Kane. E il primo applauso della platea è scrosciato proprio quando Epifani ha annunciato quella che sarà una delle prossime battaglie del sindacato: far sì che i figli dei lavoratori immigrati che nascono sul territorio nazionale acquisiscano all´istante la cittadinanza. Italiani per il solo fatto di essere nati in Italia, senza dover aspettare il raggiungimento dei18 anni d´età per poter farne domanda.
La Cgil guarda ai lavoratori stranieri: è normale che lo faccia visto che negli ultimi cinque anni il 30 per cento delle nuove iscrizioni è arrivato proprio dai lavoratori immigrati. Erano 171 mila nel 2004, sono già 200 mila: l´8 per cento sugli “attivi“, pensionati esclusi. Se si tiene poi conto anche dei nuovi ingressi in Cisl e Uil si raggiunge il tetto del mezzo milione. In un settore di punta come quello dell´edilizia si arriva al 25 per cento di immigrati iscritti sul totale e in Lombardia il tetto dei “non italiani“ arriva al 12 per cento.
Ecco allora perché una delle dieci tesi congressuali è interamente dedicata ai loro diritti, ecco perché su questo punto la Cgil presenta tesi molto più avanzate rispetto a quelle degli altri colleghi europei. Rinunciare alla cittadinanza per nascita «è una miopia – ha detto Epifani – questa eguaglianza avrebbe già dovuto affermarla il Trattato costituzionale europeo». Anche perché, confessa, «nelle scorse settimane sono stato molto colpito dalle parole di un delegato del Senegal che ha detto di non poterne più dal sentirsi definito un male necessario e dell´intervento di un altro iscritto, sempre di origini africane, che si chiedeva come fare per arrestare il declino dell´Italia».
Per ora la cittadinanza per nascita è uno dei punti del programma dell´Unione, ma la Cgil chiede anche l´abolizione della legge Bossi-Fini e la possibilità, concessa agli immigranti, di ottenere un permesso di soggiorno finalizzato alla ricerca del lavoro.
«La sempre più forte presenza di iscritti stranieri sta cambiando la fisionomia del sindacato – afferma Piero Soldini, responsabile Cgil per le politiche sull´immigrazione – rispetto all´ultimo congresso la loro presenza negli organismi dirigenti è quadruplicata e ora possiamo parlare di un responsabile degli edili di La Spezia marocchino o del capo dei metalmeccanici di Biella senegalese senza considerarli fiori all´occhiello, certificati di democrazia, ma nomine di prassi». Certo, fra lavoratori italiani e immigrati esistono differenze di trattamento (i primi, per esempio, possono andare in pensione anche prima dei 65 anni, i secondi no; maternità, mobilità, invalidità civile sono regolate in modo differente) ma sarebbe un errore, dicono alla Cgil, dedicare a questa fascia emergente una campagna separata, una segregazione contrattuale: bisogna partire dalle discriminazioni istituzionali. Selly Kane, 40 anni, 3 figli, laurea in Economia e Commercio, responsabile dell´immigrazione per la Cgil Marche, ha pochi dubbi: «Rinunciare a governare il fenomeno sarebbe un grave errore, questa politica sindacale serve anche a evitare che si ripetano disastri come quelli delle banlieue parigine».

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