LAUREA E LAVORO. Il Rapporto Alma laurea

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(La Repubblica, GIOVEDÌ, 23 FEBBRAIO 2006, Pagina 34 – Cronaca)

Il rapporto “Alma laurea“. Penalizzate le donne. Anche i guadagni risultano inferiori a tre anni fa

Laureati, più lavoro ma precario solo contratti brevi negli enti pubblici

Stage e conoscenze informatiche fanno la differenza, meno i master
Un luogo comune sfatato: le materie umanistiche offrono buone garanzie
Le imprese faticano ad apprezzare il capitale umano prodotto dall´università

MARIO REGGIO
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ROMA – Il calo dell´occupazione dei neolaureati frena di mezzo punto tra il 2003 ed il 2004, ma aumenta la precarietà nel lavoro. È questo in sintesi il segnale che emerge per i laureati pre-riforma Berlinguer dall´ottavo rapporto AlmaLaurea, presentato in una conferenza stampa all´università Roma Tre dal direttore del consorzio universitario Andrea Cammelli.
L´indagine ha coinvolto oltre 74mila laureati di 36 atenei degli anni 2004, 2002 e 2000 intervistati a uno, tre e cinque anni dalla laurea.
Il calo dell´occupazione risulta un fenomeno ridotto a causa della crescita della quota di giovani che continuano a studiare. E comunque in calo, sia a uno che a tre e a cinque anni dalla laurea, risultano i lavori stabili: una tendenza che si riscontra soprattutto nel settore pubblico dove, a cinque anni dalla laurea, l´occupazione a tempo indeterminato è ridottissima. Permane, inoltre, il divario Nord-Sud e rilevanti sono le differenze di genere a scapito delle donne.
Complessivamente soddisfatti del proprio lavoro, anche se la laurea perde terreno in termini di efficacia, perché le aziende pubbliche e private utilizzano sempre meno le competenze dei giovani, i laureati pre-riforma guadagnano leggermente di più rispetto alla precedente indagine, ma continuano a guadagnare meno di quanto guadagnassero tre anni fa. E mentre gli stage e le conoscenze informatiche fanno la differenza in termini occupazionali, master ed esperienze all´estero faticano invece a essere adeguatamente apprezzati per l´accesso al mondo del lavoro.
L´indagine sfata, inoltre, alcuni persistenti luoghi comuni nel confronto tra lauree scientifiche e lauree umanistiche. Le cosiddette “lauree deboli“ non lo sono più, se si considera il tasso di occupazione a tre e cinque anni dalla laurea, mentre i corsi che più hanno risentito della crisi di vocazioni, come fisica, chimica, matematica, in realtà mostrano livelli occupazionali superiori alla media. Il problema, dunque, in Italia non sembra essere tanto l´ingresso dei laureati in questi percorsi nel mondo del lavoro quanto piuttosto il loro numero ridotto. Quanto ai laureati dopo tre anni di università, presi per la prima volta in esame in questa edizione dell´indagine, risulta buona la loro condizione occupazionale mentre la prosecuzione degli studi verso la laurea specialistica coinvolge più i giovani dell´area tecnico-scientifica rispetto ai loro colleghi dell´area delle scienze umane e sociali. Un quarto di chi si iscrive alla specialistica lo fa perché pensa sia «la strada obbligata per trovare lavoro». A pagare il prezzo della situazione di crisi sono, come al solito, le donne laureate.
«L´analisi di Almalaurea fotografa la situazione del sistema Paese – commenta il professor Andrea Cammelli, direttore del consorzio – il nuovo governo dovrà mettere in campo risorse per le aziende che assumono i laureati. Un dato nuovo è la precarietà diffusa nel pubblico impiego, dove tra l´altro si guadagna molto di meno. Ma. Aumentano i giovani che continuano a studiare dopo la laurea triennale, una tendenza che riduce il gap occupazionale, ma quanto potrà durare nessuno lo sa».

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