Crimea. Cortei pacifisti a Mosca, ma si combatte a Kharkiv
A poche ore dal voto in Crimea, che presumibilmente conclamerà l’indipendenza della penisola e la sua successiva annessione alla Russia, le Nazione Unite hanno provato il classico colpo all’ultimo minuto, ben consapevoli dell’impossibilità di successo. Una risoluzione che dichiarava l’invalidità del referendum, è stata presentata dagli Stati Uniti e co-sponsorizzata da 41 Paesi tra cui l’Italia. Il referendum — si legge nella risoluzione– non è stato autorizzato dall’Ucraina e «quindi non può avere alcuna validità». Inoltre, il testo riafferma «l’impegno dell’organo Onu per il mantenimento dell’unità e dell’integrità territoriale» dell’ex repubblica sovietica ed esorta tutte le parti «a trovare immediatamente una soluzione pacifica». Risoluzione bocciata, per il voto contrario della Russia e l’astensione della Cina, a conferma del dilemma di Pechino tra importanza strategica dell’Ucraina e l’alleanza con Mosca.I paesi contrari al referendum hanno sottolineato la solitudine della Russia, ma poco importa, il referendum si farà. Da notare per altro le manifestazioni di ieri in Russia contro un intervento in Ucraina, benché in contemporanea con la sfilata dei sostenitori di Putin.
Si tratta di un evento rilevante, che è stato notato da tutti i media internazionali, ma è altresì interessante quanto ha scritto ieri il Financial Times, che ha sottolineato come Putin abbia oggi un consenso straordinario, proprio perché la storia russa — per i russi — non comincia certo nel 1991.La volontà imperialista di Putin, quindi si sposa alla perfezione con i sentimenti di larghe fette della società russa, da quelle più popolari a quelle intellettuali, come dimostra la lettera di sostegno di registi e scrittori di qualche giorno fa.
Tutto questo non giustifica la politica di potenza di Putin, ma dimostra la complessità della società russa. Le migliaia di manifestanti che sono scesi in strada per la pace e contro un intervento militare in Ucraina, costituiscono in ogni caso un segnale non da poco. Un sintomo che non sembra però corrispondere a ripensamenti da parte di Putin, che — benché sornione — appare intenzionato a tirare dritto. Il rischio che il giorno dopo il referendum possa essere complicato, anche in termini militari, è presente.
Ieri il ministro dell’interno di Kiev ha denunciato la presenza di truppe russe sui confini ucraini, gridando apertamente all’invasione. E queste costanti note del ministero sembrano avere il doppio scopo di avvisare la comunità internazionale e provare a irretire gli Stati uniti. A quanto pare Kiev ha chiesto un aiuto militare effettivo agli Usa, ma Obama, preferendo la strada diplomatica, avrebbe risposto negativamente. Ha però puntualizzato: «Nessun aiuto, per ora» e pare che John McCain e Dick Durbin, due degli otto senatori americani che hanno visitato l’Ucraina negli ultimi giorni, stiano perorando la causa di Kiev presso il presidente, per inviare subito armi e altre forniture militari per la difesa contro un’invasione più ampia da parte della Russia.
È chiaro che gli Usa studiano la situazione: sanno perfettamente di giocare in un territorio in cui gli interessi di Russia e Unione europea sono forti, ma non è escluso che provino a tentare una strada autonoma, nonostante le rassicurazioni di Obama circa la vicinanza delle posizioni di Washington e Bruxelles. Di sicuro nelle regioni orientali del paese la situazione appare tutt’altro che pacificata. Al di là degli annunci di invasione e dei battibecchi diplomatici, nelle zone di Donetsk e di Kharkiv gli scontri tra le opposte fazioni sono dure e non mancano i morti. Due vittime registrate a Karkhiv, dopo scontri tra filo russi e rappresentanti di Settore Destro, le forze neonaziste che tanta importanza hanno avuto nella gestione militare della piazza a Kiev duranta la battaglia contro i Berkut di Yanukovich.
La Russia ha denunciato gli omicidi da parte di Settore Destro, mentre il ministro dell’interno ucraino ha confermato le morti e le circostanze. Sul filone nazionalismo e neonazismo, da registrare l’appello effettuato ieri da Mosca, che ha chiesto a Kiev di allontanare questi gruppi. I gruppi neonazisti «dovrebbero essere dichiarati illegali per incitazione all’odio interetnico»: ha twittato Konstantin Dolgov, responsabile del ministero degli esteri russo per i diritti dell’uomo. «Nessuno ha esonerato l’Ucraina dai suoi obblighi a lottare contro il razzismo, e la xenofobia».
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