Renzi alla Ue: deve cambiare Le pensioni? Nessun prelievo
ROMA — Il giorno dopo la conferenza stampa sulle «sue» riforme, per Matteo Renzi arriva il monito dell’Europa. Il commissario della Ue, Olli Rehn, prima apprezza «gli interventi sul mercato del lavoro», poi però mette in guardia il presidente del Consiglio: «Ricordiamo all’Italia la necessità di rispettare i vincoli assunti nell’ambito del Patto di stabilità e di crescita, soprattutto per il suo elevato debito pubblico».Una «battaglia» con l’Europa che il premier si trascina anche negli studi di Porta a Porta. Ma, promette, non riuscirà a fermare il cambiamento. Parla di sé in terza persona: «Renzi è un buffone» se gli italiani non troveranno più soldi a maggio, in busta paga.
Parla di Graziano Delrio, il suo sottosegretario, come Berlusconi parlava di Gianni Letta: «Mi zittisce, altro che giochi di artificio, non ho ancora detto tutto quello che volevo, io ormai a Palazzo Chigi sono agli arresti domiciliari, ho provato a scappare due volte…». Scherza, si difende dalle critiche, parla delle coperture ballerine che gli vengono contestate, dà la notizia che la spending review di Cottarelli sarà gestita in primo luogo da Palazzo Chigi, perché «la colpa dei tagli deve essere mia», si districa con abilità sulle prossime nomine ai vertici delle aziende pubbliche: «Prima decideremo quale missione devono svolgere, poi i nomi…».
Renzi nel salotto di Bruno commenta la manovra appena annunciata e offre una visione di medio e lungo periodo in termini politici: «Grillo sarà il vero problema delle Europee, mentre per il Pd ogni voto in più sarà un successo». Ma il test di maggio non sarà comunque decisivo, «non sarà allora che scardineremo i voti dei partiti, l’elettorato del centrodestra non lo conquisti alle Europee, la vera partita sarà alle Politiche, nel 2018». Sarà già tanto se il governo, fra poco più di due mesi, riuscirà a comunicare che «l’Europa si può cambiare». Nel «marketing» comunicativo, che lui stesso ammette, entrano diversi argomenti. Anche i «dirigenti pubblici che guadagnano più della media dei colleghi francesi e inglesi e che in futuro avranno incarichi a tempo». Ed entra anche una scommessa con Vespa: il conduttore andrà in pellegrinaggio se la vince Renzi. Oggetto: i debiti effettivamente rimborsati alle aziende da parte della Pubblica amministrazione. Per Vespa è impossibile entro giugno, per Renzi è possibile «entro il 21 settembre, il mio onomastico». V: «Mi ha rubato tre mesi!». R: «Fa niente, se perde lei va a piedi al santuario di Monte Senario, se perdo io sa dove mi mandano gli italiani…».
È una notizia la smentita di ulteriori contributi di solidarietà da chiedere ai titolari di pensioni ritenute alte: «Non si andrà oltre quanto deciso dai precedenti governi, va escluso che chi guadagna 2.900-3.000 euro di pensione sia chiamato ad un contributo, non cambia niente». Come per Berlusconi, l’Irap è una tassa «odiosa», identico aggettivo. Nel cambio di registro con Bruxelles «è l’Europa, se vogliamo fare una provocazione, che ha bisogno di Italia, più del contrario: i compiti a casa li facciamo per i nostri figli, che nascono con 33 mila euro di debito pubblico sulla testa, il conto del ristorante lasciato da qualche generazione di politici».
Poi ripete che senza abolizione del Senato, se non gli riesce, lui smette di fare politica. Aggiunge che Grillo «non vuole bene agli italiani, non si preoccupa di cambiare l’Italia, ha tradito le speranze dei suoi elettori». E per batterlo «non bisogna dire che è brutto e cattivo ma che noi stiamo facendo le cose che lui ha promesso». Si ritorna sullo strappo con Letta: «Ognuno ha le sue amarezze, ho il pelo sullo stomaco». A fine giornata arriva l’appoggio di Sergio Marchionne: Renzi è «qualcosa di dirompente, di cui il Paese aveva veramente bisogno. Ha il mio totale appoggio, deve andare avanti alla velocità della luce. Io sono veloce, ma il ragazzo…».
Marco Galluzzo
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