Big Pharma, le mail dell’accordo truffa “Dobbiamo dire che il farmaco low cost è meno sicuro di quello più caro”

Big Pharma, le mail dell’accordo truffa “Dobbiamo dire che il farmaco low cost è meno sicuro di quello più caro”

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ROMA — A LEGGERE lo scambio di mail tra gli amministratori delegati italiani di Roche e Novartis, due colossi farmaceutici in teoria concorrenti, si rimane disorientati. Non si capisce chi è cosa, i “nemici” in pubblico si danno del tu, in privato si chiamano «caro» e concordano strategie.
A leggerlo tutto d’un fiato, quel copioso scambio di mail tra gli amministratori delegati italiani di Roche e Novartis, due colossi farmaceutici in teoria concorrenti, si rimane disorientati. Non si capisce chi è cosa, i “nemici” in pubblico si danno del tu in privato, i capi si chiamano tra loro «caro» e concordano strategie. Chi produce l’Avastin fa di tutto per non venderlo. Organizzando campagne per evidenziarne le controindicazioni e rischi per chi lo usa, ad esempio. L’ad di Roche, Maurizio di Cicco, quasi si scusa con il suo pari grado della Novartis quando si scopre che in Italia, nel 2012, il troppo economico Avastin si permette ancora di avere il 41 per cento del mercato nella cura di maculopatie. «Sono più che sorpreso nel leggere questi dati — scrive Di Cicco all’ad di Novartis — per favore puoi darmi qualche dettaglio in più? Ogni suggerimento sarà benvenuto». La mail sono finite nelle carte del-l’Antitrust, e hanno portato alla maxi multa da 180 milioni di euro delle due aziende. Non solo. A cascata stanno arrivando guai giudiziari per le multinazionali. La procura di Roma ieri ha annunciato l’avvio di una inchiesta per truffa e aggiottaggio e si stanno muovendo anche le associazioni di consumatori. Il Codacons annuncia una class action e una segnalazione alla Corte dei Conti contro Aifa, che non avrebbe controllato provocando
così un danno al sistema sanitario. Chiama in causa la magistratura contabile, e pure la procura, anche Altroconsumo.
LO SPOT PER GLI AVVERSARI
«Se mia moglie avesse un problema agli occhi, le consiglierei Lucentis». Bello, come spot. Efficace, facile da ricordare. Ideato e diffuso in conferenza stampa dal chief executive office, il numero uno mondiale di Roche, cioè da chi il Lucentis lo dovrebbe vedere come il diavolo, in quanto prodotto concorrente del proprio Avastin.
Philippe Barrois, l’ad di Novartis, il 3 maggio del 2012 segnala questa dichiarazione a Di Cicco: «Caro, hai visto cosa ha detto? Spero che questa notizia avrà ampia copertura mediatica anche in Italia ». E subito Di cicco si attiva, mandando una mail ai suoi alti dirigenti, mettendo in copia anche Barrois: «Per favore, a che punto siamo con le attività di “differenziazione” dei due prodotti? La modifica della scheda tecnica?». La chiamano così, questo che per l’Antitrust è un accordo non scritto, un cartello per spartirsi quote di mercato: “Differenzazione”.
IL PIANO PER DISTINGUERSI
Nel 2007 Novartis, che possiede con una società controllata il 33 per cento della Roche, ha un problema. Deve iniziare a distribuire il suo Lucentis, oltre 1.000 euro a flacone a quel tempo, in Europa, dove però è diffusissimo l’uso dell’Avastin, che non ha indicazioni per gli occhi ma funziona ugualmente. E infatti lo usano centinaia di oculisti. Tra l’altro costa molto meno. «Novartis non ha i mezzi per fermare le vendite di Avastin
— comunica in aprile il capo dei servizi legali alla dirigenza — possiamo fare poco». A monte c’è un contratto stipulato con Genetech, la società americana che ha inventato i principi attivi di entrambi i medicinali. «Roche detiene i diritti fuori dagli Stati Uniti», spiega il legale. Non si può fare nulla, in teoria. Eppure dal 2008 — annota il Garante della Concorrenza — stranamente la Roche comincia una serie di azioni «volte ad ottenere avvertenze e limitazioni relative all’uso off label (cioè fuori dalle indicazioni) dell’Avastin». Roche, insomma, cerca di affossare il proprio prodotto definendone l’uso intravitreale «pericoloso», mentre, come dimostra un documento agli atti, lo conituna a fornire ad alcune cliniche private. Chiede addirittura ad Ema, l’agenzia del farmaco europea, di inserire «specifiche avvertenze su eventi avversi oculari verificatesi a seguito dell’uso». Ema, però, rigetta le istanze della Roche, si limita a fare qualche modifica, e a gennaio del 2013 sentenzia: «Il Lucentis non è più sicuro rispetto agli altri farmaci dello stesso tipo».
CAMPAGNE CONCORDATE
Novartis, intanto, non si sa bene a che titolo, continua a «spingere messaggi sui rischi per la sicurezza di Avastin». Come? Organizzando convegni, finanziando pubblicazioni di «revisione degli studi comparativi». Senza che i concorrenti abbiano niente da dire. Del resto, basta leggere la mail del 14 settembre 2012 per capire che aria tira. «Novartis — scrive il direttore medico di Roche Italia alla dirigenza, dopo un confronto con la controparte — ci chiede una comunicazione proattiva che sottolinei aspetti etici e rischi professionali degli oftalmologi che utilizzano il farmaco off label. Io condivido in linea di principio la richiesta». E agli atti c’è anche una lettera del 15 novembre 2010 che circolava tra i dirigenti della Roche Italia, in cui un l’uso di Avastin e Lucentis per la cura delle malattie della vista viene messo sullo stesso piano: «Un collega che si deve sottoporre al trattamento avastin/lucentis chiedeva chi dei nostri medici poteva fornirgli informazioni».
LOBBY ANTIDECRETO
Le case farmaceutiche cercano di eliminare gli ostacoli al loro accordo. Sono spaventate da una norma che potrebbe essere inserita nel “decreto Balduzzi” dell’allora ministro alla salute. Prevede che un farmaco possa essere usato “off label”, a discrezione dell’Aifa, anche se esiste già un medicinale autorizzato per quella patologia. Così il giochino salterebbe. La lobby si muove. E il capo ufficio comunicazione di Roche Italia il 12 settembre 2012 scrive una mail ai dirigenti della società. «Il decreto Balduzzi è una spada di Damocle che sdoganerà l’utilizzo di Avastin in oftamologia e sarebbe importante aggiornare una strategia reattiva condivisa con Basel e probabilmente
Novartis».



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