La Crimea vota l’annessione a Mosca Kiev reagisce: «Decisione illegale»
SINFEROPOLI (Crimea, Ucraina) — Un ometto di pancia e dai capelli tinti, nappa nera su lana nera su scarpe a punta nera, esce dalla Rada e cammina solenne: mezzogiorno, l’attimo sfuggente in cui la storia attraversa la piazza e pochi giornalisti ci aspettiamo poco, bevendo un caffè all’angolo. C’è un gruppetto di reduci delle guerre afghane, davanti al carro armato 201 imbandierato di leninismo che fa da cippo ai Caduti dell’Armata Rossa. L’ometto è Serghei Tzekov. Che un tempo fu il primo presidente della Repubblica autonoma di Crimea. Che oggi è il vicepresidente del Parlamento autonomo di Crimea. Che esce tutti i mezzogiorni, da quattro giorni, per non dire mai nulla sulla Crimea. Stavolta, no. Tzekov ha un microfono in mano. Due cosacchi alle spalle. Sulla lingua, magnifiche sorti e progressive: «La decisione è presa!…». S’interrompono gli altoparlanti. Tace «Roidennie v Sssr», Born in the Ussr, la canzone soviet che sfotteva il Born in the Usa di Springsteen. Rinascete gente, intona Tzekov: «Settantotto voti contro nessuno!…». Qualche applauso. «…Il referendum non si farà il 30 marzo, ma il 16 marzo!…». Qualche evviva. «…E la domanda non sarà soltanto se ci serve più autonomia. Sarà: la Crimea deve far parte della Russia?».
O Russia o niente. La Penisola vuole diventare, veloce, un’isola felice nell’arcipelago Putin. I deputati del parlamentino crimeo «con un fucile puntato alla tempia», come li descrive indignato il presidente ucraino Oleksandr Turchinov, dibattono poco. Il sì al referendum, unanime, viene per alzata di mano da tutti quelli che i russi autorizzano a entrare in aula. Una silenziosa fila al metal detector, documento alla mano. I soldati mascherati a perquisirli. L’androne illuminato solo dalle candele per i due morti, d’infarto e da scivolata, nei tumulti tatari della scorsa settimana: due anziani «martiri» che i russi citano a esempio, quando spiegano le ragioni del loro intervento fraterno… «Crimea Russia!»: la maggioranza è compatta, il Partito delle regioni del deposto Yanukovich, gli ultrà di Unità Russa, i comunisti, i putiniani «moderati» di Soyuz non hanno avversari. Anche il risultato, dopo l’annuncio in piazza, viene dato con una conferenza stampa riservata solo ai media russi. A casa, muti, tutti gli altri: i ventidue parlamentari del movimento d’opposizione Ruh, i filo-Maidan di Forza Ucraina, i rappresentanti tatari di Mejlis, più le tv indipendenti ucraine Canale 5 e Tele Mar Nero che nel pomeriggio, nuovo blitz, i soldati della Flotta occupano e spengono, sostituendole coi giornalisti e col segnale di Rossiya 24 …
Le schede in tre lingue — russo, ucraino e tataro — le stanno già stampando. Due interrogativi secchi come spari. Domande in copia carbone. Volete voi entrare nella Federazione russa? Volete voi che la Crimea torni alla Costituzione del 1992, ovvero di quando ci davamo un nostro presidente e ci facevamo da soli la nostra politica estera? Chi permetterà i comizi, chi formerà i seggi, chi scruterà le schede: garantisce tutto Putin. Manderà suoi pacifici osservatori ad affiancare le pattuglie armate. E quelli dell’Osce, inviati dall’Europa, per il momento li lascerà fuori pure loro: al confine con la Crimea, ne fermano quarantatré (compresi due italiani) che «faremo entrare — è di larghe vedute il panciuto Tzekov — solo se avremo una garanzia di neutralità». Altrimenti che gli farete? Come all’inviato Onu, mercoledì sera, bloccato per strada e inseguito fin nel suo albergo? «Erano cittadini arrabbiati. Sanno che dietro certe sigle c’è molto sentimento antirusso. Mi spiace che quel signor Sherry dell’Onu se ne sia dovuto andare dalla Crimea. Ma in fondo, se l’è cercata…».
Nessuna exit strategy, si va agli exit poll con una secessione nei fatti. «Sarà un referendum farsa», prevede Kiev: «Spinto da burattini di Putin che andrebbero arrestati». «È dall’epoca di Dostoevskij che il mondo non vede qualcosa di così sorprendente e mistificato», aggiunge da Washington il Dipartimento di Stato. Il pacifico governo messo su dai marines di Mosca va subito a ruota del Parlamento e ipotizza fin d’ora «una vittoria almeno del 70 per cento» dei filorussi. Tutto sommato, non ci sarebbe neanche da aspettare il 16 marzo: «L’inclusione della Crimea nella Federazione può avere effetto immediato». La Duma di Mosca voterà la prossima settimana una legge ad hoc per «consentire a parti di Stati stranieri d’unirsi» alla Russia. E siccome Lenin diceva che la politica è solo un riassunto dell’economia, ecco che le banche di Sinferopoli hanno riserve di rubli bell’e pronte, rimpiazzo della grivnia ucraina. L’Fsb, il vecchio Kgb, sta già formando i nuovi servizi locali. Il sindaco di Sebastopoli fa sapere che al suo porto sarà riservato uno status speciale. E Russia Today , canale in inglese, alle 20 manda in onda i tg con una squillante mappa gialla che annette già la Crimea. «Nascerà una repubblica indipendente — è lo scenario di Andrey Illarionov, l’ex consigliere di Putin che aveva previsto l’invasione della Crimea —. I tatari subiranno un’emarginazione che porterà alla loro espulsione, com’è stato per i greci in Abkhazia o gli ebrei in Ossezia». «Questa è la Crimea che sognavo!», si commuove in italiano Valentyna Mazko, 65 anni, di russo imbandierata sulla piazza della Rada: fino a dieci giorni fa era la badante di un vecchietto di Cislago, nel Milanese. «Ma adesso lui è morto e io sono tornata qui». Dieci anni da noi non l’hanno convinta: «L’Europa è uno schifo». Ma le ha dato da mangiare… «Me l’ha dato l’Italia, che ha il cuore grande. Lo schifo sono i tedeschi. Loro hanno il cuore gelido. E Putin gliela farà vedere».
Francesco Battistini
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