Signoraggio e bad bank, perdite pubblicizzate?

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Quello che non è riu­scito a fare Ber­lu­sconi nel 2005 è riu­scito a farlo Letta nel 2014. Ci si scan­da­lizza per­ché in un decreto si sono com­presi due inter­venti (Imu e decreto Ban­ki­ta­lia) alta­mente ete­ro­geni. Ma non vi è una con­nes­sione tra il buco dovuto all’abolizione dell’Imu e l’anticipazione pre­vi­sta dal decreto Ban­ki­ta­lia di un miliardo (l’imposta sulla riva­lu­ta­zione del capi­tale) dalle ban­che bene­fi­ciate a (par­ziale) coper­tura di quel buco?
La vicenda Imu ha col­pito ancora. Per otte­nere un miliardo dalle ban­che come impo­ste sulla riva­lu­ta­zione delle quote, lo Stato impone alla Banca d’Italia di distri­buire loro 450 milioni all’anno, che signi­fica attri­buire loro un capi­tale da col­lo­care sul mer­cato valu­ta­bile in parec­chi miliardi di euro. Una vicenda che, palu­data da una com­plessa argo­men­ta­zione tec­nica, pone una serie di domande imba­raz­zanti (http://?www?.non?co?ni?miei?soldi?.org/?b?l?o?g?/?b?a?n?c?a?-?d?i?t?a?l?i?a?-?a?l?c?u?n?e?-?d?o?m?a?n?de/).

In altra parte ho soste­nuto (http:// ?www?.sbi?lan?cia?moci?.info/?S?e?z?i?o?n?i?/?i?t?a?l?i?e?/?P?r?i?v?a?t? i?z?z?a?r?e?-?i?l?-?s?i?g?n?o?r?a?g?g?i?o?-?2?2?107) che tutta l’operazione con­si­ste nella pri­va­tiz­za­zione di un bene pub­blico: la fidu­cia col­let­tiva nella moneta legale che rende pos­si­bile la sua cir­co­la­zione all’interno di un sistema eco­no­mico. Per­tanto i red­diti (pas­sati e pre­senti) gene­rati dalla Banca d’Italia dal 1930 ad oggi sono frutto del “mono­po­lio legale” di cui essa ha goduto dalla sua costi­tu­zione in banca d’emissione e gode ancora nel sistema euro­peo di ban­che cen­trali per effetto del diritto ad emet­tere la carta-moneta. Un mono­po­lio pub­blico – ampia­mente rico­no­sciuto dall’Istituto stesso – al quale nulla hanno con­tri­buito o pos­sono con­tri­buire le ban­che pri­vate. È dif­fi­cile per­tanto soste­nere cre­di­bil­mente che l’intera ope­ra­zione non sia un regalo ad (alcune) ban­che e che, alla fine, chi sbor­serà i soldi sarà il Tesoro che vedrà ridursi i red­diti pro­ve­nienti dal signoraggio.

Il comu­ni­cato della Banca d’Italia non risulta per nulla con­vin­cente su que­sto punto (…), una giu­sti­fi­ca­zione della deci­sione di bene­fi­ciare le ban­che pri­vate a bene­fi­ciare di una parte con­si­stente degli utili da signo­rag­gio la si potrebbe rin­trac­ciare nelle con­di­zioni in cui versa il nostro sistema ban­ca­rio e, in par­ti­co­lare, le due grandi ban­che (Intesa e Uni­cre­dit) che sono le mag­giori bene­fi­ciare dell’operazione. Inter­ve­nendo al Forex, il Gover­na­tore Visco ha rico­no­sciuto infatti che «la riva­lu­ta­zione del capi­tale sociale della Banca d’Italia, pur non potendo essere con­si­de­rato ai fini dell’esame della qua­lità degli attivi in corso nell’area dell’euro, con­tri­buirà a soste­nere l’offerta di cre­dito». Il signi­fi­cato dell’operazione potrebbe quindi essere chia­rito dalla con­sta­ta­zione che «il mer­cato pri­vato degli attivi dete­rio­rati rimane poco svi­lup­pato (e che) inter­venti più ambi­ziosi, da valu­tare anche nella loro com­pa­ti­bi­lità con l’ordinamento euro­peo, non sono da esclu­dere, pos­sono con­sen­tire di libe­rare, a costi con­te­nuti, risorse da uti­liz­zare per il finan­zia­mento dell’economia».

È evi­dente che il rilan­cio dell’economia richiede un’espansione del cre­dito a imprese e fami­glie, ma che tale pro­spet­tiva è fru­strata dalle dif­fi­coltà delle ban­che a rias­sor­bire le pesanti per­dite finan­zia­rie dovute alla crisi inter­na­zio­nale. Se que­sto è indub­bia­mente un pro­blema che la poli­tica eco­no­mica si trova oggi di fronte, si può dire che la patri­mo­nia­liz­za­zione otte­nuta dalla riva­lu­ta­zione delle quote di Ban­ki­ta­lia ha i carat­teri di tra­spa­renza e di effi­ca­cia che ogni ope­ra­zione di sal­va­tag­gio dovrebbe avere? Non solo sulla ripar­ti­zione dei costi e dei bene­fici (la spe­re­qua­zione dei van­taggi tra le diverse ban­che sono scon­cer­tanti), ma anche sulle garan­zie che i sal­vati dovreb­bero offrire affin­chè un’intermediazione sana e pru­dente sia capace di defi­nire il merito di cre­dito e, con una par­te­ci­pa­zione ocu­lata al rischio, sia di soste­gno all’economia reale.

Non a caso si stanno in que­sta fase rin­cor­rendo voci dell’istituzione di una bad bank, ovvero lo scor­poro dalle ban­che delle posi­zioni in per­dita per attri­buirle a una banca che ne possa gestire la rea­liz­za­zioni a valori di rea­lizzo ovvia­mente for­te­mente scon­tati (ope­ra­zione ana­loga a quella già visto per l’Alitalia). Alla dichia­ra­zione che alcune ban­che (sostan­zial­mente le due sopra) stanno pen­sando a razio­na­liz­zare la gestione dei cre­diti dete­rio­rati attra­verso sif­fatte strut­ture, il Gover­na­tore Visco sot­to­li­nea la neces­sità che esse siano volte ad «aumen­tare l’efficienza delle pro­ce­dure e la tra­spa­renza di que­sti attivi».

Que­sto dovrebbe essere l’impegno di una poli­tica eco­no­mica che non ricorra a espe­dienti in cui la sofi­sti­ca­zione tec­nica impe­di­sce la com­pren­sione dei fatti sostan­ziali. Se è neces­sa­rio un sal­va­tag­gio delle ban­che, il governo lo pro­spetti in maniera tra­spa­rente in modo da com­pren­dere respon­sa­bi­lità indi­vi­duali e costi col­let­tivi e non pro­ceda, come ha fatto in quest’ultima vicenda, attra­verso un mar­chin­ge­gno di pri­va­tiz­za­zione sur­ret­ti­zia. Ma forse non si può spe­rare tanto da un governo che, nella scia segnata dai governi pas­sati, troppo spesso ha dato l’impressione di sven­dere pezzi di pro­prietà pub­blica per coprire esi­genze tem­po­ra­nee di cassa.


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