A Islamabad governo e talebani trattano. Nubi sull’accordo

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Men­tre un uomo ieri si è fatto esplo­dere a Pesha­war, capi­tale della pro­vin­cia del Khy­ber Pakh­tun­khwa, ucci­dendo quat­tro donne, sabato, nella pro­vin­cia meri­dio­nale del Belu­ci­stan (entrambe al con­fine con l’Afghanistan), veniva appic­cato fuco al luogo sacro dedi­cato a un poeta sufi, Mast Twa­kali. È un per­so­nag­gio la cui memo­ria, che tra­va­lica i con­fini del Paki­stan, viene ono­rata con pel­le­gri­naggi quo­ti­diani invisi ai puri­sti di scuola deo­bandi che vor­reb­bero il Paki­stan gover­nato dalla sha­ria e dal Corano al posto della Costi­tu­zione. Il giorno dopo, a Kara­chi, capi­tale del Sindh, alcune gra­nate sono state lan­ciate con­tro un assem­bra­mento di sufi. Poi è stato aperto il fuoco: otto morti e altret­tanti feriti. Il sufi­smo non è una dot­trina o una cor­rente set­ta­ria dell’Islam ma la sua forma spi­ri­tuale mistica per eccel­lenza. Un vero anti­doto al set­tar­simo radi­cale e infatti, secondo i puri­sti del Teheerk-e Tale­ban Paki­stan (Ttp), è una devia­zione che va punita. Con la morte.
Non sono gli unici epi­sodi di vio­lenza (tre inse­gnanti sono state uccise ieri nel distretto di Hangu) che deli­neano la com­ples­sità del qua­dro in cui si stanno svol­gendo i primi col­lo­qui di pace tra governo e tale­bani pachi­stani. Dopo una prima riu­nione per sten­dere i punti essen­ziali dell’agenda nego­ziale, i due team (uno di quat­tro per il governo, l’altro di tre auto­riz­zato dal Ttp) si rive­dranno oggi quando forse i col­lo­qui entre­ranno nel vivo. Ma chi ha voluto vedere una con­ferma dei primi frutti posi­tivi del dia­logo nei recenti suc­cessi della cam­pa­gna anti­po­lio (500mila bam­bini vac­ci­nati nel Khy­ber Pakh­tun­khwa), pro­prio ieri nella stessa pro­vin­cia un team sani­ta­rio è stato preso di mira da qual­che zelota che segue le fatwa anti-vaccinazioni emesse dal Ttp.
È ancora pre­sto per capire se il pro­cesso nego­ziale por­terà a qual­cosa e se è dav­vero un passo sto­rico desti­nato a chiu­dere una guerra interna che dura dal 2007, ha ucciso quasi 150 per­sone solo dall’inizio dell’anno, e che oppone soprat­tutto la zona delle aree tri­bali (Fata) del Khy­ber Pakh­tun­kwa al governo cen­trale di Isla­ma­bad (ma con rivoli che si esten­dono in tutto il Paese). Pre­sto anche per capire se ormai la mac­china della vio­lenza set­ta­ria inne­scata dai tale­bani, finan­ziata da inte­ressi occulti e rin­fo­co­lata dalla guerra afgana e dalla demo­cra­zia malata del Paese, non sia ormai diven­tata così ende­mica e dispersa in mille grup­pu­scoli da diven­tare incon­trol­la­bile per­sino per il Ttp e i mau­lana (mul­lah) estre­mi­sti che sosten­gono la lotta armata con la dot­trina. Le nubi non man­cano.
Il ter­zetto filoTtp, gui­dato da Sami ul-Haq (isla­mi­sta deo­bandi, ex sena­tore e teo­logo sopran­no­mi­nato «Father of the Tale­ban» con­si­de­rato un estre­mi­sta sun­nita che ha però emesso una fatwa per difen­dere le vac­ci­na­zioni con­tro la polio) ha reso nota la sua agenda che pre­senta – in quin­dici punti — non pochi pro­blemi. Per rias­su­merla i punti si potreb­bero ridurre a sei: 1) Cam­biare il rap­porto con gli Usa ed esi­gere la fine dei bom­bar­da­menti coi droni 2) Risar­cire le vit­time 3) Pre­pa­rare uno scam­bio dei pri­gio­nieri 4) Amni­stia 5) Imporre un sistema ban­ca­rio isla­mico 6) Intro­durre la sha­ria e l’insegnamento isla­mico. Se una nuova dina­mica con Washing­ton è forse nelle corde di molti pachi­stani e risar­ci­menti e scambi di pri­gio­nieri sono pos­si­bili, sha­ria ed edu­ca­zione isla­mica for­zata tro­ve­ranno oppo­si­zione a comin­ciare da un governo che vor­rebbe smet­tere di essere con­si­de­rato amico degli isla­mi­sti e tra i tanti che sognano un Paki­stan musul­mano ma non insan­gui­nato. La strada è in salita.


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