La locomotiva tedesca viaggia solo a ovest

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Il dibat­tito, piut­to­sto scon­for­tato, che si è svolto nelle scorse set­ti­mane a livello inter­na­zio­nale sulle pro­spet­tive dell’economia nei paesi occi­den­tali ha mostrato alla fine una realtà abba­stanza inap­pe­ti­bile. Nella sostanza, i paesi ric­chi non avreb­bero altra pos­si­bi­lità di lungo ter­mine davanti a se che quella di oscil­lare tra sta­gna­zione e bolle spe­cu­la­tive. Tali con­clu­sioni ci sem­brano ad ogni modo lar­ga­mente condivisibili.

Un caso esem­plare sem­bra essere a tale pro­po­sito, in que­sto momento, quello della Gran Bre­ta­gna, la cui ripresa sem­bra in gran parte col­le­ga­bile a un risve­glio della bolla del debito, di quella finan­zia­ria, di quella immobiliare.

In que­sto qua­dro la Ger­ma­nia fa sto­ria a sé. Dopo lo scop­pio della crisi il paese ha mostrato una certa capa­cità di ripresa; essa sem­bra attri­bui­bile, più che alle bolle, alla spinta delle espor­ta­zioni, favo­rita, oltre che dall’indubbio e par­ti­co­lare avan­za­mento tec­no­lo­gico delle sue pro­du­zioni, da una parte ad un cam­bio favo­re­vole e dall’altra ad un certo ridi­men­sio­na­mento del costo del lavoro.

Ma pro­prio sul piano dell’andamento di alcuni aspetti del suo mer­cato del lavoro gli svi­luppi nel paese pre­sen­tano invece delle rile­vanti somi­glianze con quelli del resto dell’occidente. Nella gran parte di tali paesi assi­stiamo in effetti, tra l’altro, ad una cre­scente e nega­tiva pola­riz­za­zione di tale mer­cato per quanto riguarda gli aspetti di tipo ter­ri­to­riale, di qua­li­fi­che, di tutele giu­ri­di­che e di livelli delle retri­bu­zioni; tale diva­ri­ca­zione appare, nel com­plesso, net­ta­mente supe­riore a quella pre­va­lente nel passato.

Così, secondo le cifre for­nite dalla Bun­de­sa­gen­tur fur Arbeit, nel dicem­bre del 2013 il tasso di disoc­cu­pa­zione com­ples­siva rag­giun­geva nel paese il 6,7% della forza lavoro, il più basso tra quelli di tutti i paesi euro­pei e infe­riore anche a quello sta­tu­ni­tense. Ma, dal punto di vista ter­ri­to­riale, men­tre nelle aree della ex-Germania Ovest il livello gene­rale di disoc­cu­pa­zione era in media del 5,9%, in quelle della ex-Germania Est esso si col­lo­cava al 9,9%. In Baviera era­vamo al 3,7%, nel Baden-Wuttemberg al 3,9%, ma nel Mecklemburg-Vorpommern si rag­giun­geva l’11,9%.

Si regi­strano poi grandi dif­fe­renze nelle retri­bu­zioni tra gli addetti del set­tore indu­striale, quello più tute­lato, e gli ope­ra­tori dei ser­vizi, com­parto quest’ultimo ancora poco svi­lup­pato nel paese; si tratta delle più grandi dif­fe­renze esi­stenti a livello euro­peo. Ma è soprat­tutto a livello di posi­zione giu­ri­dica dei lavo­ra­tori che le ten­denze degli ultimi dieci anni sono andate in dire­zione di una dif­fe­ren­zia­zione e di una disar­ti­co­la­zione molto discu­ti­bili. Dal momento del varo delle nor­ma­tive Schroeder-Hartz, a par­tire del 2003, si è regi­strata una cre­scita espo­nen­ziale del lavoro pre­ca­rio. Tale par­ti­co­lare situa­zione, prima sostan­zial­mente ine­si­stente, inte­ressa oggi circa il 25 per cento della forza lavoro, men­tre il 50 per cento dei nuovi posti vacanti è a tempo deter­mi­nato. La pre­ca­riz­za­zione del lavoro tende a pene­trare insi­dio­sa­mente anche nei set­tori più tute­lati dell’economia, dalla mec­ca­nica alla chimica.

Quello che a nostro parere qua­li­fica soprat­tutto la nor­ma­tiva, al di là della forte cre­scita del sot­toim­piego, del lavoro part-time e di quello a tempo deter­mi­nato, non­ché la altret­tanto forte ridu­zione delle tutele dei lavo­ra­tori disoc­cu­pati, è l’esplosione del feno­meno dei cosid­detti mini-job. A fine 2013, esso inte­res­sava circa 7.500.000 milioni di per­sone, con retri­bu­zioni che si aggi­ra­vano sui 400–500 euro men­sili. Come è noto, tale tipo­lo­gia riguarda per una parte impor­tante gli immi­grati, in par­ti­co­lare romeni e bulgari.

MinijobsLa que­stione dei mini-job ha attratto l’attenzione dei paesi vicini, in par­ti­co­lare del Bel­gio, che ha accu­sato for­mal­mente il paese di dum­ping sociale, chie­dendo un inter­vento della Com­mis­sione euro­pea. In effetti, l’esistenza di tali “oppor­tu­nità” spinge le imprese dei paesi vicini a delo­ca­liz­zarvi la pro­du­zione di certi beni, in par­ti­co­lare nei set­tori nei quali si regi­stra una forte inci­denza del costo della manodopera.

Ma due novità impor­tanti si pro­fi­lano ora all’orizzonte, da una parte il ral­len­ta­mento dell’economia, dall’altra gli accordi per l’introduzione nel paese del sala­rio minimo ora­rio. Sul primo fronte la noti­zia di que­ste set­ti­mane è quella che nel 2013 il pil tede­sco è aumen­tato sol­tanto dello 0,4% e que­sto gra­zie soprat­tutto ad un anda­mento rela­ti­va­mente posi­tivo del mer­cato interno, men­tre le espor­ta­zioni lan­guono. Tali svi­luppi sem­brano met­tere in qual­che modo in dif­fi­coltà il tra­di­zio­nale modello di cre­scita del paese, anche se le pre­vi­sioni per il 2014 sem­brano un po’ migliori.

Per quanto riguarda la seconda que­stione, gli accordi per il governo di coa­li­zione varato da poco pre­ve­dono l’introduzione, sia pura gra­duale, di un sala­rio minimo ora­rio che dovrebbe essere fis­sato a 8,5 euro orari, ben al di sopra di quanto gua­da­gnino oggi i lavo­ra­tori con un mini-job. Il nuovo livello retri­bu­tivo potrebbe poi con­tri­buire ad ele­vare tutta la strut­tura sala­riale del paese.


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