I deputati in corteo nei corridoi L’offesa sessista scatena un putiferio

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ROMA — I deputati grillini sono arrivati in corteo.
Mai qualcuno nella storia della Repubblica aveva osato marciare in corteo nei corridoi di Montecitorio.
I commessi indietreggiano impauriti.
Un colpo assestato con decisione spalanca la porta della commissione Affari costituzionali e così questa milizia a cinque stelle irrompe nella sala mulinando pugni e urlando minacce terribili. Molte facce paiono deformate dalla rabbia.
Alcuni parlamentari del Pd e di Forza Italia, che si apprestavano a mettere in votazione il testo base dell’accordo sulla nuova legge elettorale, hanno la prontezza di filmare la scena con i telefonini. Ma l’idea di essere ripresi quasi eccita i grillini. «Schifosi bastardi!». «Siate maledetti voi e Berlusconi!». «E tu, Boschi! Con quella faccina candida… pure tu serva di quel pregiudicato!».
Maria Elena Boschi, segretaria di commissione, renziana, è impietrita. Gianni Cuperlo resta seduto, pallido. Francesco Sanna, un avvocato sardo che fu l’ultimo segretario del movimento giovanile della Dc, pensa che tutto questo è violenza privata, che in questa scena si prefigura il reato di sequestro di persona.
«Da qui, brutti maiali, non uscite! Capitooooo!».
Tra i grillini più scalmanati c’è Alessandro Di Battista, 36 anni, ex cooperatore sulle Ande: un paio di settimane fa sostenne di essere stato cercato da Berlusconi in persona e allora Il Foglio gli dedicò un ritratto dal titolo: «Simpatico mitomane a 5 stelle»; fu tra i primi, all’inizio della legislatura, a cedere al fascino delle telecamere, anche se poi Dagospia ha insinuato che l’altra sera, da Michele Santoro, parlasse sotto dettatura.
Adesso lancia grida di suo, strabuzzando gli occhi. Sanna, che sarà anche dotato di grande equilibrio, perde la pazienza e dice va bene, capito, adesso però basta. Il suo collega di partito, Emanuele Fiano, riceve uno spintone e si volta, ribellandosi. Fuori ci sono altri grillini che si tengono tutti sottobraccio, come un feroce servizio d’ordine. «Di qua, non passate! Vermi!».
A questo punto di alza Nico Stumpo, l’ex capo dell’organizzazione del Pd ai tempi di Bersani; cento chili che, in dialetto calabrese stretto, sussurrano: «Ora vi togliete».
Ne sposta cinque — tra cui Giorgio Sorial, il grillino che ha definito il presidente Giorgio Napolitano «un boia» — allargando il palmo della mano destra. Quelli quasi perdono l’equilibrio; i commessi trovano un po’ di coraggio e cercano di liberare l’uscita.
Un commesso: «Scena mortificante. E poi no, dico: prima c’è stato quello che ha pure avuto la sfrontatezza di venire su con il casco integrale…».
Prima, alle 8, quando il deputato del M5S Vittorio Ferraresi ha occupato, da solo, l’aula della commissione Giustizia. Gli hanno parlato al telefono. «Non me ne vado finché la Boldrini e il questore Dambruoso non si dimettono». Stefano Dambruoso, montiano, durante i tafferugli divampati in aula mercoledì sera, ha dato una gomitata sul viso della grillina Loredana Lupo. Sul web gira un filmato inequivocabile. Come pure quello che riguarda l’onorevole del M5S Samuele Segoni, celebre — finora — per essere l’unico, nell’emiciclo, a sfoggiare un codino: nel suo intervento si esibisce in un gesto così volgare che ormai nemmeno più in un cinepanettone.
La volgarità del grillino Massimo Felice De Rosa, raccontano ora in Transatlantico, dove siamo tutti scesi, resta però inarrivabile.
Testimonianza di Alessandra Moretti, deputata Pd. «Nell’aula della commissione Giustizia mi ha detto: “Siete arrivate qui solo perché sapete fare bene i p…”. De Rosa è uno squadrista, un violento, un maleducato». Con altre sei deputate (Campana, Giuliani, Marzano, Tartaglione, Gribaudo, Pini) a mezzogiorno, va a denunciarlo per ingiurie.
Lui ora ha il volto colpito da vampate rosse. Tossisce.
Onorevole, lei è un maleducato.
«Mi è scappato un insulto, mi scuso, ma non ce l’avevo con la Moretti. E comunque…».
Comunque cosa?
«Sono loro, le femmine del Pd, che hanno provocato».
Lei ha detto cose inaccettabili.
«Io ero anche uscito dall’aula, poi sono rientrato per prendere una cosa e quelle ancora lì, a dirmi che ero un fascista… Allora ho sbottato e gli ho detto che certa gente entra in Parlamento o perché conosce qualcuno o perché ha fatto favori sessuali».
A questo punto De Rosa sparisce — si suppone per opportuna vergogna — e la grillina Silvia Giordano scrive su Facebook: «Stato di polizia». Al Senato, una loro delegazione sta annunciando di aver presentato richiesta di impeachment per Napolitano; qui alcuni uffici sono prudentemente stati chiusi a chiave nel timore di occupazioni; il capogruppo del Pd, Roberto Speranza, decide di andare a rilasciare una dichiarazione in sala stampa.
Ma, non appena vi entra, si trova alle spalle il solito Di Battista (dove ci sono telecamere, come detto, c’è Di Battista).
«Non ti vergogni, Speranza? Non ti vergogni di fare una legge elettorale con dei condannati?».
Speranza è una persona mite, timida, educata. Incassa il collo. Di Battista gli urla addosso. Lo minaccia. «Perché vai via, eh? Hai paura?».
Fabrizio Roncone


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