Via le tutele ambientali e i divieti di importazione? In nome degli investimenti

Loading

Secondo la Com­mis­sione Euro­pea, ma anche i cin­guet­tii di Enrico Letta dopo l’incontro con Barack Obama, il Tran­sa­tlan­tic Trade and Invest­ment Part­ner­ship (Ttip), trat­tato che vor­rebbe creare tra Usa e Ue la più con­si­stente area di libero scam­bio mai ten­tata nel pia­neta, sta alla crisi come l’aspirina ai males­seri di sta­gione. Se ne sa poco, per­ché il testo è segreto anche per il Par­la­mento Euro­peo e il Con­gresso sta­tu­ni­tense e nego­ziato da un pugno di esperti, tra la Com­mis­sione Ue e il mini­stero del Com­mer­cio Usa. Eppure c’è chi ne parla come una delle poche rispo­ste alla caduta libera dell’economia glo­bale. Due milioni di posti di lavoro in più in Ue con le libe­ra­liz­za­zioni, 119 miliardi di euro l’anno di Pil per l’Europa e 130 miliardi di dol­lari per gli Stati Uniti, cioè 545 euro in più l’anno per ogni fami­glia di quat­tro per­sone in Europa, e 901 dol­lari negli Stati Uniti. Sono le rosee pre­vi­sioni dif­fuse dal Com­mis­sa­rio al com­mer­cio Karel De Gucht nel luglio scorso, quando i nego­ziati sono par­titi formalmente.

Pec­cato che que­sto si otter­rebbe, nella migliore delle ipo­tesi, solo entro il 2027. E che lo stu­dio citato si limita a quan­ti­fi­care gli effetti diretti del Ttip, ma nes­suno degli effetti col­la­te­rali. Le fami­glie euro­pee potreb­bero, infatti, rispar­miare acqui­stando più pollo a buon mer­cato espor­tato dagli Usa, ma non sap­piamo quanti loro mem­bri per­de­reb­bero il lavoro per la chiu­sura degli alle­va­menti euro­pei di migliore qua­lità. Quel pollo, se di qua­lità peg­giore rispetto a quanto pre­vi­sto attual­mente dai rego­la­menti ali­men­tari euro­pei, potrebbe farli amma­lare e pesare di più sui ser­vizi sani­tari pub­blici e sulle tasche di tutti. Il Ttip, infatti, punta ad abbat­tere non tanto le tasse doga­nali tra Usa e Ue — già media­mente appiat­tite intorno al 4% — ma le cosid­dette Bar­riere Non Tarif­fa­rie, cioè divieti di impor­ta­zione e tasse spe­ci­fi­che che, anche gra­zie alle grandi bat­ta­glie con­tro la carne agli ormoni, il pollo lavato con il cloro, gli fta­lati nei gio­cat­toli, i resi­dui di pesti­cidi nel cibo, gli Ogm e così via, tiene lon­tani dal nostro mer­cato pro­dotti non sicuri, tos­sici. Que­ste valu­ta­zioni, infine, non ten­gono conto di quanto ci coste­reb­bero, in ter­mini di diritti e di qua­lità sociale e ambien­tale, la libe­ra­liz­za­zione pre­vi­sta dei ser­vizi essen­ziali — prin­ci­pal­mente acqua, ener­gia e tra­sporti — di quelli finan­ziari, la stretta sul finan­zia­mento delle imprese a par­te­ci­pa­zione sta­tale e sulla pro­prietà intellettuale.

I rego­la­menti

La Com­mis­sione li ha recen­te­mente defi­niti «gene­ra­tori di pro­blemi», ma rego­la­menti e stan­dard di qua­lità euro­pei sono spesso il risul­tato di anni di buone bat­ta­glie. Eppure il Ttip con­tiene un «Capi­tolo oriz­zon­tale per la coe­renza dei rego­la­menti» che pre­vede l’istituzione del Regu­la­tory Coo­pe­ra­tion Coun­cil: un organo dove esperti della Com­mis­sione e del mini­stero Usa com­pe­tente valu­te­reb­bero l’impatto com­mer­ciale di ogni mar­chio, regola, eti­chetta che si volesse intro­durre a livello nazio­nale, fede­rale o euro­peo. A sua discre­zione sareb­bero ascol­tati imprese, sin­da­cati e società civile. A sua discre­zione sarebbe valu­tato il rap­porto costi — bene­fici di ogni misura e il livello di con­ci­lia­zione e uni­for­mità tra Usa e Ue da rag­giun­gere, e quindi la loro effet­tiva introduzione.

Ricor­diamo che nel 1988 l’Ue ha vie­tato l’importazione di carni bovine trat­tate con certi ormoni della cre­scita can­ce­ro­geni. Per que­sto era stata obbli­gata a pagare a Usa e Canada dal Tri­bu­nale delle dispute dell’Organizzazione mon­diale del com­mer­cio (Wto) oltre 250 milioni di dol­lari l’anno di san­zioni com­mer­ciali nono­stante le evi­denze scien­ti­fi­che e le tante vit­time. Solo nel 2013 la ritor­sione è finita quando l’Europa si è impe­gnata ad acqui­stare dai due con­cor­renti carne di alta qua­lità fino a 48.200 ton­nel­late l’anno, alla fac­cia del libero com­mer­cio. Sarà una coin­ci­denza, ma in un docu­mento con­giunto dell’ottobre 2012 Busi­nes­sEu­rope e US Cham­ber of Com­merce, le due più potenti lobby d’impresa delle due sponde dell’oceano, ave­vano chie­sto ai pro­pri governi pro­prio di avviare una «coo­pe­ra­zione sui mec­ca­ni­smi di rego­la­zione», che con­sen­tisse alle imprese di con­tri­buire alla loro stessa stesura.

Gli inve­sti­menti pri­vati protetti

Con una certa bal­danza, il 14 gen­naio scorso a Bru­xel­les Pascal Ker­neis dell’European Ser­vice Forum, la più potente lobby dei for­ni­tori euro­pei di ser­vizi, nel dia­logo della Com­mis­sione euro­pea con la società civile ha soste­nuto che il Ttip non avrebbe alcun senso senza l’introduzione di un Mec­ca­ni­smo di riso­lu­zione dei con­ten­ziosi tra inve­sti­tori e Stati, (Investor-State Dispute Set­tle­ment — Isds). Esso per­met­te­rebbe alle imprese di far con­dan­nare quei paesi che appro­vas­sero leggi dan­nose per i pro­pri inve­sti­menti pre­senti e futuri. Oggi sono costrette a pre­sen­tarsi ai tri­bu­nali nazio­nali, e sot­to­stare alle regole di cia­scun paese, e in Europa, in alcuni casi, alla Corte euro­pea di giu­sti­zia. Come evi­tare le con­nesse sec­ca­ture? Creare un orga­ni­smo che, come il Dispute Set­tle­ment Body della Wto per il com­mer­cio, giu­di­chi tenendo in conto le sole leggi e con­tratti rela­tivi agli inve­sti­menti. Pren­diamo il caso del Que­bec, che nel mag­gio 2013 ha vie­tato l’estrazione di gas e petro­lio dal frac­king, cioè dalla pol­ve­riz­za­zione per esplo­sione del sot­to­suolo, peri­co­losa per l’uomo e l’ambiente. La com­pa­gnia sta­tu­ni­tense Lone Pine, che aveva fir­mato col governo cana­dese una con­ces­sione per l’estrazione, ha chie­sto un risar­ci­mento da 250 milioni di dol­lari. Se negli accordi tra Usa e Canada fosse stato intro­dotto un Isds, gli avrebbe dato sicu­ra­mente ragione per­ché gli inte­ressi gene­rali non avreb­bero avuto alcun peso. E arri­viamo, così, all’ultimo punto.

Diritti ver­sus interessi  

Tom Jen­kins della Con­fe­de­ra­zione sin­da­cale euro­pea (Etuc), nell’incontro con la Com­mis­sione del 14 gen­naio scorso, ha ricor­dato che gli Stati Uniti non hanno rati­fi­cato diverse con­ven­zioni e impe­gni inter­na­zio­nali Ilo e Onu in mate­ria di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. Que­sto rende il loro costo del lavoro più basso e il com­por­ta­mento delle imprese nazio­nali più disin­volto e com­pe­ti­tivo, in ter­mini eco­no­mici, anche se più irre­spon­sa­bile. A sor­ve­gliare gli impatti ambien­tali e sociali del Ttip, ha ras­si­cu­rato la Com­mis­sione, come nei più recenti accordi di libe­ra­liz­za­zione siglati dall’Ue, ci sarà un appo­sito capi­tolo dedi­cato allo svi­luppo soste­ni­bile che met­terà in piedi un mec­ca­ni­smo di moni­to­rag­gio spe­ci­fico, par­te­ci­pato da sin­da­cati e società civile d’ambo le regioni. Funzionerà?

Quello in vigore da meno di un anno tra Ue e Corea del sud, paese che come gli Usa si è sot­tratto a gran parte delle con­ven­zioni Ilo e Onu ed è molto più facile da cri­ti­care, fa acqua da tutte le parti. Imprese, sin­da­cati e Ong che fanno parte dell’analogo organo creato per moni­to­rare la soste­ni­bi­lità sociale e ambien­tale del trat­tato Ue-Korea hanno pro­te­stato con la Com­mis­sione per­ché avvii una pro­ce­dura di infra­zione con­tro la Korea per com­por­ta­mento anti­sin­da­cale, e ancora aspet­tano una rispo­sta. È plau­si­bile, con que­ste pre­messe, che la Com­mis­sione fac­cia la voce grossa con gli Stati uniti per i diritti del lavoro e per l’ambiente? A marzo, quando i tec­nici Usa e Ue s’incontreranno ancora a Bru­xel­les per far avan­zare il nego­ziato, lo capi­remo più chiaramente.


Related Articles

Il banchiere delle donne (povere) si arrende a una donna (potente)

Loading

 Il Nobel Yunus lascia la sua banca. Il governo: «Ora la guideremo noi». Celebrato, poi temuto, sempre più attaccato dai media e dal potere politico del suo Paese a partire dalla premier. E infine costretto ad arrendersi, almeno per ora. Muhammad Yunus, famoso nel mondo come il «banchiere dei poveri» ovvero il pioniere del microcredito, ammirato e sostenuto da politici come Bill Clinton e Nelson Mandela nonché da milioni di diseredati, Premio Nobel per la pace nel 2006 e il più celebre cittadino del misero Bangladesh, ha annunciato che lascerà  la guida della sua Grameen Bank.

De Agostini paga il conto Generali perdita di 551 milioni nel 2010

Loading

Quota di Trieste svalutata per 404. Debiti a 4,6 miliardi.    L’obiettivo del 2011 è di arrivare a 5 miliardi di ricavi e un miliardo di margine operativo 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment