Saccomanni: l’Italia torna a crescere Quest’anno il Pil salirà intorno all’1%
DAVOS — L’Italia torna a crescere. «Nel 2014 il Pil salirà intorno all’1%», annuncia il ministro Fabrizio Saccomanni al World Economic Forum in corso a Davos. Ma già il quarto trimestre del 2013 si chiuderà «con il segno positivo», dopo nove trimestri consecutivi con il segno meno. «Abbiamo forti indicazioni di un ritorno alla crescita nell’ultima parte dell’anno», afferma il ministro dell’Economia, anticipando che «il prodotto interno lordo nel quarto trimestre 2013 scorso aumenterà tra lo 0,2% e lo 0,4%».
Le istituzioni internazionali indicano stime inferiori, perché non tengono conto di una serie di misure per la crescita messe in atto dal governo Letta, come la restituzione di una parte del debito della pubblica amministrazione alle imprese, spiega Saccomanni. Che ripercorre con una certa soddisfazione il percorso per arrivare al «primo segnale positivo» dopo «due trimestri negativi e un terzo trimestre piatto». Ricorda: «Abbiamo immesso liquidità nel sistema; ridotto le tasse, ritardando l’aumento di un punto dell’Iva dal primo luglio al primo ottobre, mentre dall’Imu entrano solo 400 milioni invece di 4,5 miliardi circa». E quasi si scusa: «Mi dispiace per le difficoltà di fine anno».
Ma ha fiducia nella svolta. Così durante l’incontro a porte chiuse con il ministro del Tesoro americano, Jack Lew, e il governatore della Banca centrale giapponese, Haruhiko Kuroda, e poi nel panel con il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, Saccomanni può dare un quadro più ottimistico sull’Italia. «Abbiamo fatto riforme importanti, come quella delle pensioni». E continueremo. Già oggi il governo riapre l’agenda delle privatizzazioni, da cui si attende di incassare «8-10 miliardi nel prossimo biennio», calcola Saccomanni. «Il Consiglio dei ministri varerà un decreto per avviare il percorso: cominciamo con il 40% di Poste», che potrebbero fruttare 4-5 miliardi, secondo stime conservative, a cui potrebbe seguire una seconda tranche. Gli altri dossier sul tavolo riguardano il controllo di Sace e Grandi Stazioni e quote non di maggioranza di Enav, Stm, Fincantieri, Cdp Reti, gasdotto Tag e il 3% di Eni.
La deflazione? «Non credo che l’Italia corra questo pericolo. La deflazione non si manifesta in un giorno. In Giappone se ne sono accorti 10 anni dopo. È vero che in Europa il tasso di inflazione è sceso sotto il target fissato dalla Bce, ma a livello tecnico non registriamo nessun sintomo. E la Bce si è mostrata molto a attenta e pronta a intervenire».
Non è d’accordo il direttore del Fondo monetario Christine Lagarde, che inserisce la caduta dei prezzi tra i «nuovi rischi potenziali, soprattutto in Europa», accanto alle «bolle che si si osservano in varie parti del mondo» e alle «conseguenze del tapering, cioè la fine graduale del sostegno all’economia americana da parte della Federal Reserve, con ripercussioni specialmente nelle economie emergenti. Ecco perché a Davos Lagarde invita a una nuova stagione (usa la parola «reset») su fronti multipli, a cominciare dalle riforme sulla regolamentazione finanziaria e dall’avvio di una nuova politica monetaria.
Tra i «vecchi rischi» resta centrale «la disoccupazione massiccia»: «Jobs, jobs, jobs», ripete Madame Lagarde. «Dobbiamo fare di più sul fronte del credito e dell’occupazione», le fa eco da un’altra assise del Wef, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Che, però, osserva «un miglioramento sull’attività manifatturiera» e si dice «ottimista» sugli stress test della Bce sulle banche italiane.
Giuliana Ferraino
Related Articles
La vera malattia che piega l’Europa
La situazione in Portogallo è terribile, ora che la disoccupazione vola addirittura oltre il 13 per cento. Ma va anche peggio in Grecia, Irlanda e probabilmente Spagna. Nel suo complesso tutta l’Europa pare scivolare nuovamente nella recessione. Perché l’Europa è diventata il malato dell’economia mondiale?
«A.A.A. cercasi magazziniere Incline alla subordinazione»
È un annuncio pubblicato dal Centro per l’impiego di Livorno. Tra i requisiti una condizione: il lavoratore deve sentirsi «incline alla subordinazione»
La tassa peggiore non si vede
L’imposizione che grava sulle imprese italiane e francesi è apparentemente simile. L’aliquota legale sul reddito delle società è pari al 31,4 per cento in Italia, 34,4 in Francia (dati Eurostat, riferiti al 2009). E tuttavia rilevanti differenze nel sistema di deduzioni fiscali e nella determinazione della base imponibile fanno sì che le imprese italiane paghino al fisco molto di più.