L’abusivismo del potere

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Per com­pren­dere il vul­nus che que­sto prov­ve­di­mento rischia di pro­durre nella strut­tura dello Stato si può pen­sare ad una serie infi­nita di altri reati. Per­ché non inter­ve­nire nella prio­rità di arre­sto per chi froda il fisco o per chi mette in com­mer­cio cibi adul­te­rati? Non è l’indipendenza della magi­stra­tura in forza della legi­sla­zione vigente che deve san­zio­nare i reati. E’ il Par­la­mento che detta le regole da rispet­tare sulla base della più asso­luta irra­zio­na­lità e discre­zio­na­lità dei cri­teri via via sta­bi­liti sulla base delle meschine con­ve­nienze poli­ti­che ed elettorali.

Se c’era un modo per demo­lire ulte­rior­mente la già scarsa fidu­cia che la quasi tota­lità del paese ha nei con­fronti del Par­la­mento, i sena­tori che hanno votato il prov­ve­di­mento hanno rag­giunto il loro scopo e c’è un unico rime­dio: disco­no­scerlo pub­bli­ca­mente e chiu­dere per sem­pre que­sta pagina buia.

Ma c’è anche una gra­vis­sima que­stione di merito che va evi­den­ziata. Il prov­ve­di­mento nella sua ipo­crita clas­si­fica di prio­rità parla ancora di «difen­dere il tetto» delle fami­glie che hanno subito l’ordinanza di demo­li­zione, quando tutti sanno che l’abusivismo di neces­sità è finito dagli anni ’90 dello scorso secolo. Da allora è sol­tanto un modo per inve­stire denaro di pro­ve­nienza ille­cita o per ten­tare spe­cu­la­zioni affa­ri­sti­che. Pur­troppo, da ven­ti­cin­que anni gra­zie alla cul­tura del con­dono e ai piani casa si con­ti­nua a sol­le­ti­care il fai-da-te nel governo del ter­ri­to­rio e il prov­ve­di­mento Falanga rap­pre­senta il ten­ta­tivo di appro­vare il quarto con­dono edi­li­zio. Dal primo con­dono (1985), gli altri si sono suc­ce­duti a distanza di nove anni. Sta­volta arriva con due anni di ritardo, ma fa lo stesso.

In que­sti giorni l’Italia che spera in un diverso futuro guarda con sgo­mento che un’intera regione, la Ligu­ria, sta sci­vo­lando a mare gra­zie al las­si­smo urba­ni­stico e all’abusivismo. Il senato della Repub­blica ha dimo­strato di non essere in sin­to­nia con que­sto sen­ti­mento dif­fuso. Il suo oriz­zonte si ferma alle con­ve­nienze elettorali


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