Bruxelles soffia sui gas serra

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La lobby dell’industria voleva che la soglia dei gas serra fosse abbassata al 35% e Confindustria parla di “scelta autolesionista per le imprese in tempo di crisi”. Il governo italiano diviso: il ministro dell’ambiente Orlando si oppone al ministro dello sviluppo Zanonato. Il 21 e 22 marzo la decisione finale del consiglio dei ministri europeo

Qua­ranta e ven­ti­sette. Sono que­sti i due pic­coli numeri su cui l’Europa punta tutto per tute­lare l’ambiente. Ieri la Com­mis­sione Ue ha pro­po­sto che entro il 2030 ven­gano ridotte le emis­sioni di gas-serra del 40% rispetto alle emis­sioni pro­dotte nel 1990. E sem­pre entro il 2030 ha chie­sto agli stati mem­bri di rag­giun­gere il 27% di ener­gia pro­dotta da fonti rin­no­va­bili, ma senza imporre vin­coli pre­cisi paese per paese. Il pre­si­dente della Com­mis­sione, Josè Bar­roso, l’ha defi­nito un dop­pio obiet­tivo “par­ti­co­lar­mente ambi­zioso ma rea­li­stico”. Di tutt’altro avviso ambien­ta­li­sti e verdi che ieri hanno mani­fe­stato a Bru­xel­les con José Bové. Dall’altra parte Con­fin­du­stria ha già defi­nito il piano “irrea­li­stico e auto­le­sio­ni­sta” per la com­pe­ti­ti­vità dell’industria euro­pea e ita­liana col­pita dalla crisi.
Il nuovo libro verde dovrebbe fis­sare il con­tri­buto del con­ti­nente più vir­tuoso (l’Europa pro­duce l’11% della quota mon­diale di gas-serra) per riu­scire a limi­tare a due gradi l’innalzamento della tem­pe­ra­tura glo­bale dall’inizio dell’era indu­striale alla fine di que­sto secolo. Un aumento di 4 gradi infatti sarebbe cata­stro­fico. Que­sto era il com­pito di Cop19, la con­fe­renza mon­diale dell’Onu che è fal­lita a Var­sa­via a fine dello scorso novem­bre. Fino a ieri l’Europa era ferma al tri­plice obiet­tivo del 20–20-20. Ovvero ridurre le emis­sioni e lo sfrut­ta­mento ener­ge­tico del 20% e paral­le­la­mente aumen­tare le rin­no­va­bili della stessa cifra entro il 2020. Si tratta di soglie piut­to­sto basse tanto da essere già state rag­giunte. Ora biso­gna andare oltre. Il debole accordo siglato ieri è un com­pro­messo al ribasso che Bar­roso ha molto fati­cato a fare dige­rire alle lobby. Diversi com­mis­sari infatti chie­de­vano di limi­tare la soglia delle emis­sioni solo al 35%, fra que­sti anche Anto­nio Tajani, com­mis­sa­rio euro­peo all’industria. Un obiet­tivo molto mode­sto: l’Ue ha già ridotto le emis­sioni del 18% entro il 2012 e senza nuovi sforzi le ridur­rebbe comun­que del 32% entro il 2030. Il man­te­ni­mento di quota 40 sui gas-serra però ha com­por­tato una totale man­canza di impe­gni strin­genti per ogni sin­golo paese su come rag­giun­gere il 27% di ener­gie rin­no­va­bili. Inol­tre è stata posti­ci­pata la discus­sione sulla ridu­zione dello sfrut­ta­mento ener­ge­tico ed è stata lasciata libertà ad ogni sin­golo paese sull’estrazione del gas da sci­sti.
Per il Wwf “la Com­mis­sione Euro­pea imbel­letta ambi­zioni deboli e le pre­senta come un suc­cesso”. Green­peace parla di “pac­chetto delu­dente” che ora deve essere miglio­rato dai sin­goli stati. E Legam­biente defi­ni­sce la pro­po­sta “una pre­oc­cu­pante e peri­co­losa retro­mar­cia”. Gli ambien­ta­li­sti sosten­gono che per rispet­tare l’impegno assunto dall’Europa di ridurre le emis­sioni di gas-serra tra l’80 e il 95% entro il 2050 sarebbe neces­sa­rio rag­giun­gere almeno il 55% per il 2030. Inol­tre denun­ciano la rinun­cia del ruolo di guida da parte dell’Ue sulle ener­gie rin­no­va­bili. Secondo uno stu­dio della stessa Com­mis­sione ripor­tato dal Guar­dian e rilan­ciato dal sito Qua?le?ner?gia?.it, fis­sare quote vin­co­lanti per le rin­no­va­bili pro­dur­rebbe mezzo milione di posti di lavoro. Un report dell’European Renewa­ble Energy Coun­cil (Erec) sostiene che se si rag­giun­gesse il 45% di rin­no­va­bili si cree­reb­bero 4,4 milioni di nuovi posti e l’Ue rispar­mie­rebbe 370 miliardi sull’import di com­bu­sti­bili fos­sili.
In que­sto con­te­sto il governo ita­liano si pre­senta diviso e inca­pace di una poli­tica chiara in vista del pros­simo seme­stre di pre­si­denza dell’Europa. Il mini­stro all’ambiente Andrea Orlando ha scritto una let­tere alla Com­mis­sione con i mini­stri dell’ambiente di Fran­cia, Inghil­terra Ger­ma­nia, Spa­gna e Olanda a favore della soglia del 40% per le ridu­zioni di gas serra. Ma in patria deve lot­tare con­tro il com­mis­sa­rio euro­peo all’industria Anto­nio Tajani e il mini­stro ita­liano dello svi­luppo eco­no­mico Fla­vio Zano­nato. La pro­po­sta della Com­mis­sione dovrà essere discussa e rati­fi­cata dal con­si­glio dei mini­stri euro­peo il pros­simo 21 marzo. L’Italia in quella sede dovrà deci­dere da che parte stare.

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Rinnovabili. Il 2013 è l’anno nero. Italia in coda

Il 2013 è stato un anno nero per gli inve­sti­menti glo­bali nelle fonti rin­no­va­bili e nelle tec­no­lo­gie ener­ge­ti­che intel­li­genti, scesi del 12% rispetto all’anno pre­ce­dente, a 254 miliardi di dol­lari.

È quanto dicono i dati di Anev (Asso­cia­zione nazio­nale ener­gia del vento) e del Coor­di­na­mento Free (Fonti rin­no­va­bili ed effi­cienza Ener­ge­tica). A offrire il risul­tato peg­giore a livello mon­diale è però l’Italia, secondo il rap­porto annuale Bloom­berg New Energy Finance (Bnef) con 4,1 miliardi di dol­lari, il 73% in meno rispetto ai 15,2 miliardi del 2012. Ma è crollo anche per la Ger­ma­nia (da 26,2 a 14,1 miliardi di $). In Cina gli inve­sti­menti sono pas­sati da 63,8 a 61,3 miliardi di dol­lari, la prima ridu­zione per il gigante asia­tico in 10 anni; negli Stati Uniti da 53 a 48,4 miliardi di dol­lari. L’unico paese in con­tro­ten­denza risulta il Giap­pone con un aumento di inve­sti­menti in ener­gia pulita del 55% per 5,4 miliardi dol­lari spesi nel 2013, dai 22 miliardi nel 2012.


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