Difendiamo il futuro dell’Africa, fermiamo gli “Epa”

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L’Unione Euro­pea, anche a motivo della crisi eco­no­mica, per­se­gue una poli­tica sem­pre più aggres­siva per for­zare i paesi ACP (Africa, Caraibi, Paci­fico) a fir­mare gli EPA (Eco­no­mic Part­ner­ship Agree­ments — Accordi di par­te­na­riato eco­no­mico). Una trat­ta­tiva que­sta durata quasi dieci anni; la UE esige che entro il 1 otto­bre 2014 gli accordi siano siglati (que­sto è il primo passo che pre­cede la vera e pro­pria firma che può avve­nire anche a diversi mesi di distanza dopo la solu­zione di tutti gli aspetti legali).

Le rela­zioni com­mer­ciali tra la UE e i paesi ACP sono state rego­late dalla Con­ven­zione di Lomé (1975–2000) e poi di Coto­nou (2000–2020) con la clau­sola che i pro­dotti ACP — pre­va­len­te­mente mate­rie prime — potes­sero essere espor­tati nei mer­cati euro­pei senza essere tas­sati. Que­sto però non valeva per i pro­dotti euro­pei espor­tati nei paesi ACP, che dove­vano invece sot­to­stare a un regime fiscale di tipo protezionistico.

Ora, la UE chiede ai paesi ACP di eli­mi­nare le bar­riere pro­te­zio­ni­sti­che in nome del libero scam­bio per­ché così richiede il WTO (l’Organizzazione Mon­diale del Com­mer­cio) che per­se­gue la poli­tica di totale libe­ra­liz­za­zione del mer­cato. Con gli EPA infatti le nazioni afri­cane saranno costrette a togliere sia i dazi che le tariffe oltre ad aprire i loro mer­cati alla con­cor­renza. La con­se­guenza sarà dram­ma­tica per i paesi ACP: l’agricoltura euro­pea (sor­retta da 50 miliardi di euro all’anno) potrà sven­dere i pro­pri pro­dotti sui mer­cati dei paesi impo­ve­riti. I con­ta­dini afri­cani, infatti, (l’Africa è un con­ti­nente al 70% agri­colo) non potranno com­pe­tere con i prezzi degli agri­col­tori euro­pei che potranno sven­dere i loro pro­dotti sus­si­diati. E l’Africa sarà ancora più stran­go­lata e affa­mata in un momento in cui l’Africa pagherà pesan­te­mente i cam­bia­menti climatici.

La UE vuole con­clu­dere in fretta que­sto nego­ziato vista l’importanza stra­te­gica dell’accordo soprat­tutto per il rin­caro delle mate­rie prime che fanno molta gola alle potenze emer­genti (i BRICS ), in par­ti­co­lare Cina, India e Bra­sile già così pre­senti in Africa.

Per di più gli EPA apri­reb­bero nuovi mer­cati per i pro­dotti euro­pei, ma anche nuovi spazi per inve­sti­menti e servizi.

Il ten­ta­tivo dell’Unione Euro­pea di siglare gli EPA con i 6 orga­ni­smi regio­nali coin­volti — Comu­nità dei Caraibi (Cari­fo­rum), Africa Cen­trale (CEMAC), Comu­nità dell’Africa Orien­tale (EAC) e Corno d’Africa, Africa Occi­den­tale (ECOWAS), Comu­nità di svi­luppo dell’Africa Australe (SADC) e infine i paesi del Paci­fico – sta cono­scendo signi­fi­ca­tivi osta­coli. Al momento, la UE ha fir­mato un accordo defi­ni­tivo solo con i quin­dici stati dei Caraibi. Le altre aree si sono rifiu­tate di fir­mare in blocco e la UE ha per­se­guito la poli­tica di fir­mare EPA prov­vi­sori con i sin­goli paesi: 21 hanno finora siglato gli accordi anche se pochi hanno fir­mato, dando un chiaro segnale della inac­cet­ta­bi­lità degli accordi e della fal­li­bi­lità diplo­ma­tica dell’UE su que­sto fronte, e che sin dalla Con­fe­renza di Lisbona (2007) si doveva pre­sa­gire. In que­sto clima il Coor­di­na­mento per i Nego­ziati EPA, pro­mosso dall’Unione Afri­cana (UA), ha invi­tato tutti a non fir­mare per ora gli accordi EPA, ma di aspet­tare dopo il ver­tice Africa-UE che si terrà il pros­simo aprile.

Noi, donne e uomini impe­gnati nella lotta per il rispetto dei diritti umani, mis­sio­nari e laici, rite­niamo che gli EPA siano pro­fon­da­mente ingiu­sti per que­ste ragioni:

  • in un’Africa già così debi­li­tata, que­sti accordi costi­tui­reb­bero un colpo mor­tale per l’agricoltura afri­cana, in par­ti­co­lare per l’industria della tra­sfor­ma­zione e della lavo­ra­zione dei pro­dotti agri­coli, che può e deve arri­vare a sfa­mare la pro­pria gente;
  • l’eliminazione dei dazi doga­nali nei paesi ACP, che costi­tui­scono una bella fetta del bilan­cio sta­tale, met­te­reb­bero in crisi gli stati ACP;
  • gli accordi fatti dalla UE con i sin­goli stati d’Africa hanno la con­se­guenza di spac­care le unità eco­no­mi­che regio­nali essen­ziali per una seria cre­scita dell’Africa;
  • non è vero che sia il WTO a esi­gere gli EPA, che sono invece frutto delle spinte neo­li­be­ri­ste di Bruxelles;
  • la UE deve ren­dersi conto che l’Africa sta guar­dando ai BRICS , in par­ti­co­lare a Cina, Bra­sile e India come part­ner più allet­tanti che l’Europa.

Noi guar­diamo anche con grande pre­oc­cu­pa­zione ai nego­ziati di libero scam­bio (DCTFA) con tre impor­tanti paesi del Nor­da­frica: Egitto, Tuni­sia e Marocco, ai quali biso­gna aggiun­gere la Gior­da­nia. La UE vor­rebbe nego­ziare la libe­ra­liz­za­zione dei set­tori agri­coli, mani­fat­tu­rieri, ittici non­ché l’apertura dei mer­cati pub­blici alle com­pa­gnie euro­pee. A nostro parere que­sto costi­tui­rebbe una minac­cia diretta alle aspi­ra­zioni sociali e demo­cra­ti­che pro­mosse dalle ‘pri­ma­vere arabe’. Que­sti accordi rin­chiu­de­reb­bero le eco­no­mie di que­sti paesi in un modello di cre­scita rivolta all’esportazione e apri­reb­bero i mer­cati di quei paesi alle mul­ti­na­zio­nali europee.

L’Europa non può per­met­tersi un nego­ziato del genere dopo il fal­li­mento del Pro­cesso di Bar­cel­lona, fir­mato il 28 novem­bre 1995, con 15 paesi del Medi­ter­ra­neo che voleva instau­rare un’area di libero scam­bio nel Mare nostrum.

Siamo alla vigi­lia delle ele­zioni euro­pee. Noi chie­diamo che que­sti nego­ziati sia con i paesi ACP sia con i paesi del Medi­ter­ra­neo diven­tino sog­getto di dibat­tito pub­blico. Non è con­ce­pi­bile che una potenza eco­no­mica come la UE non abbia una seria poli­tica estera verso i paesi più impo­ve­riti, verso soprat­tutto il con­ti­nente a noi più vicino: l’Africa.

Ci appel­liamo a tutti quei gruppi, asso­cia­zioni, reti, isti­tuti mis­sio­nari che hanno già lavo­rato sugli EPA a ripren­dere a mar­tel­lare i nostri depu­tati a Bruxelles.

Non pos­siamo non ascol­tare l’immenso grido dei poveri. E’ in ballo la vita di milioni di per­sone, ma anche il futuro della UE.

padre Alex Zano­telli — mis­sio­na­rio comboniano

Vit­to­rio Agno­letto — medico, net­work inter­na­zio­nale Flare

Mau­ri­zio Ambro­sini — pro­fes­sore uni­ver­si­ta­rio Scienze Poli­ti­che Milano

Syl­vie Coyaud — gior­na­li­sta Il Sole-24Ore/Oggi Scienza

Angelo Del Boca — storico

Padre Benito De Mar­chi – Lon­dra –GERT

Nico­letta Den­tico — pre­si­dente OISG, Osser­va­to­rio Ita­liano Salute Globale

Padre Mar­tin Deve­nish — Gran Bre­ta­gna — GERT:Gruppo Euro­peo di Rifles­sione Teologica

prof. Car­melo Dotolo — Roma– GERT

Cri­stiana Fia­mingo — docente di Sto­ria e Isti­tu­zioni dell’Africa, Uni­ver­sità degli Studi di Milano

Raf­faele Masto — scrit­tore e gior­na­li­sta di Radio Popo­lare. Autore del Blog: “Buon?gior?noa?frica?.it”

Nora Mc Kean — asso­cia­zione Terranuova

Sil­ve­stro Mon­ta­naro — gior­na­li­sta e scrittore

Anto­nio Ono­rati — Cen­tro Inter­na­zio­nale Crocevia

Moni Ova­dia — scrit­tore, attore, regista

Pie­tro Rai­tano — diret­tore Altreconomia

padre Efrem Tre­soldi — diret­tore della rivi­sta Nigrizia

Anto­nio Tri­ca­rico — pre­si­dente Re Common

padre Joa­quim Valente da Cruz — Por­to­gallo –GERT

padre Fer­nando Zolli — Com­mis­sione Giu­sti­zia e Pace degli Isti­tuti Mis­sio­nari in Italia

Alberto Zoratti e Monica Di Sisto — Fairwatch

padre Franz Weber — Austria — GERT


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