Guantánamo ancora non chiude! Sorpresi?

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Dalla rivoluzione castrista del 1959 in poi, infatti, la presenza militare americana è considerata illegale, visto che l’attuale Governo cubano non riconosce come proprie, in conformità al diritto internazionale, le obbligazioni dei precedenti Governi di Cuba che nel 1903, dopo la guerra ispano-americana, quando la baia di Guantánamo fece da testa di ponte per la marina e i marines per il controllo dell’intera isola, consentirono la costruzione di una Base navale e la regolamentarono con un contratto di locazione perpetua. Da allora Guantánamo Bay è sotto completa giurisdizione e controllo del Governo americano al costo di 2.000 dollari in monete d’oro all’anno, diventati poi 4.000 dollari nel 1934 e riscossi dopo il 1959 solo una volta da Fidel Castro.

Dal 2002 la base ospita una prigione militare dove vengono reclusi, e sottoposti ad un trattamento che Amnesty International ha più volte definito non conforme alle norme del diritto internazionale e della Convenzione di Ginevra, i prigionieri di guerra delle campagne militari in Afghanistan e Iraq, e quelli considerati collegati con la rete del terrorismo internazionale. Si tratta, di fatto di un luogo fuori dal diritto internazionale, oltre che da quello umano, come ricostruisce il report di Amnesty uscito lo scorso 9 gennaio e dal titolo USA: 12 Years of Guantánamo detentions, 12 years of double standards (.pdf) e forse anche per questo, senza troppi problemi, cinque anni dopo la promessa del presidente degli Usa Barack Obama di chiuderlo, era l’22 gennaio 2009, il centro di detenzione di Guantánamo Bay è ancora operativo, non si sa fino a quando, ed entra nel suo tredicesimo anno di operatività.

A Guantánamo fino ad oggi sono passati 779 uomini: 615 sono stati rimpatriati, compresi sette condannati trasferiti in paesi terzi, nove sono morti, sette dei quali per suicidio e sei sono sotto processo di fronte alle commissioni militari con l’accusa di aver preso parte agli attacchi dell’11 settembre 2001.?? Compresi quelli sotto processo, – ha spiegato Amnestyoggi restano a Guantánamo 155 detenuti, alcuni dei quali sono lì sin dal 2002. In base a un ordine esecutivo del 2010, 48 uomini restano detenuti a tempo indeterminato: non sono processabili né scarcerabili. Di fatto nei confronti di quasi la metà degli uomini ancora detenuti a Guantánamo non sono state rinvenute prove di colpevolezza (per questo, nel 2013 hanno effettuato un lungo sciopero della fame), ma c’è il problema di trovare un paese dove rimandarli e che dia agli Usa la garanzia di tenerli sotto controllo. Lo Yemen, da cui provengono molti dei detenuti ancora a Guantánamo, tali garanzie non le offre, sebbene proprio in questi giorni le autorità statunitensi abbiano deciso di scarcerare un detenuto yemenita.

Rimangono poi le pesanti accuse di tortura più o meno sistematica che ha accompagnato la storia del centro di detenzione caraibico e denunciate anche dalla Croce Rossa Internazionale (CRI) fin dal 2002 dopo alcune ispezioni condotte dall’organizzazione internazionale. ??Nei rapporti redatti dopo le visite si descrive “un sistema destinato a piegare la volontà dei prigionieri rinchiusi nella base e renderli dipendenti da chi li interrogava, attraverso atti umilianti, isolamento, esposizione a temperature estreme, obbligo di restare in posizioni forzate”. La messa a punto di un simile sistema, “il cui obiettivo dichiarato è quello di ottenere informazioni di intelligence, non può essere considerato diversamente da un trattamento intenzionalmente crudele e degradante, ed un forma di tortura”, si legge ripetutamente nei rapporti, che parlano tra l’altro di detenuti sottoposti ad “alcuni pestaggi”. ??La Croce Rossa ha constatato nel corso delle ispezioni che alla pianificazione degli interrogatori, che venivano condotti nella struttura di detenzione, avrebbero preso parte anche dottori impiegati presso la base. Compito dei medici era fornire, a chi poi doveva condurre gli interrogatori, informazioni utili sulla salute mentale dei prigionieri e sulla loro potenziale vulnerabilità. Il che avveniva spesso con l’ausilio di un gruppo denominato Behavioral Science Consultation Team, composto da psicologi che impartivano suggerimenti a chi doveva poi svolgere gli interrogatori, in flagrante violazione dell’etica medica.

Per questo oggi, per Amnesty, “Guantánamo ha rappresentato e ancora rappresenta il simbolo della strategia statunitense di contrasto al terrore e, per molti, un esempio palese di come in nome di tale strategia i diritti umani siano stati sistematicamente violati, come non ha avuto problemi ad ammettere neanche l’ex presidente George W. Bush”. Una situazione che imbarazzerebbe qualsiasi amministrazione insomma, ma non quella a stelle e strisce alla quale Amnesty International è tornata a chiedere direttamente al presidente Obama “di cessare di scaricare le colpe sul Congresso e di tenere finalmente fede alla promessa del 2009 di chiudere il centro di detenzione di Guantánamo una volta per tutte”. L’organizzazione per i diritti umani chiede inoltre nel report di “sospendere i processi di fronte alle commissioni militari per assegnarli a tribunali civili e rilasciare subito i detenuti che la giustizia statunitense non ha intenzione di processare”.

Sarà possibile? “Alla fine della seconda guerra mondiale – ha ricordato Thierry Meyssan nel libro Il segreto di Guantànamo – dodici processi furono istruiti dal tribunale militare di Norimberga. Uno era dedicato a 23 medici nazisti, 7 furono prosciolti, 9 furono condannati a pene detentive e 7 furono condannati a morte. Esiste un codice etico che disciplina la medicina a livello internazionale ed esso vieta proprio ciò che i medici statunitensi hanno fatto a Guantánamo e in altre prigioni segrete”. Forse quindi “il problema dell’amministrazione Obama è il seguente: non è possibile chiudere Guantánamo senza rivelare ciò che è stato fatto. E non è possibile riconoscere quanto è stato fatto, senza ammettere che tutte le confessioni ottenute sono state deliberatamente inculcate sotto tortura, con le conseguenze politiche che ciò implica” ha concluso Meyssan.

Alessandro Graziadei


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