A Kiev il giro di vite di Yanukovich

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Non sem­pre la poli­tica è que­stione di mate­ma­tica, ma oggi si guar­derà anche ai numeri. È la prima dome­nica dall’approvazione delle cosid­dette «leggi anti-proteste» e sarà anche la piazza di Kiev a chia­rire quanta rab­bia que­sto pac­chetto, voluto dal pre­si­dente Vik­tor Yanu­ko­vich e votato in fretta e furia in par­la­mento, ha ino­cu­lato nelle pie­ghe della società civile.

L’opposizione, invi­pe­rita, ha chia­mato alla mobi­li­ta­zione. Sulla carta ci si aspet­te­rebbe di vedere qual­che per­sona in più rispetto a quelle, all’incirca die­ci­mila, che hanno con­ti­nuato a pro­te­stare in que­ste ultime dome­ni­che. Poche, rispetto a quelle con­fluite in piazza dell’Indipendenza, l’ampio slargo di Kiev, sul finire di novem­bre e nella prima parte di dicem­bre. Si arrivò al milione. Le pro­te­ste sono ini­ziate il 21 novem­bre, quando Yanu­ko­vich ha rifiu­tato gli accordi economico-commerciali pro­po­sti dall’Ue. Da allora pro­se­guono quo­ti­dia­na­mente, ma è nei fine set­ti­mana che la piazza si gonfia.

Ma cosa pre­ve­dono di pre­ciso le leggi «anti-proteste»? In sostanza un forte ina­spri­mento delle libertà di espres­sione. Qual­che esem­pio. Da adesso non si potranno più instal­lare tende nel corso di una mani­fe­sta­zione, a meno che non ci sia il disco verde del mini­stero dell’interno. La pena, in caso con­tra­rio, è di quin­dici giorni. La stessa che verrà affib­biata a chi, durante una pro­te­sta, indos­serà maschere o elmetti che ne impe­di­scano il rico­no­sci­mento. Ancora. Il blocco di un edi­fi­cio pub­blico verrà punito con la reclu­sione fino a cin­que anni. Sei se il palazzo verrà invece occu­pato. Due se verrà resa ina­gi­bile un’arteria di comu­ni­ca­zione. E così via. È dif­fi­cile non vedere un nesso con le mani­fe­sta­zioni di que­sti due mesi. Si sono infatti viste tende in piazza, si sono visti elmetti sulle teste dei dimo­strati, si sono visti bloc­chi e occu­pa­zioni di palazzi.

Le leggi met­tono in discus­sione anche la libertà di stampa. La dif­fa­ma­zione assume un più robu­sto pro­filo penale. C’è poi una serie di pas­saggi vaghi che, dicono i cri­tici, offrono alle auto­rità un potere discre­zio­nale molto accen­tuato. È il caso del divieto — abba­stanza gene­rico — di dif­fu­sione di mate­riale estre­mi­stico via stampa, punito con la reclu­sione fino a tre anni.

In molti, nell’opposizione, hanno bol­lato que­ste leggi come il passo defi­ni­tivo di Yanu­ko­vich verso la dit­ta­tura. Yuri Lutsenko, mini­stro degli interni al tempo del governo Tymo­shenko, pro­ces­sato e con­dan­nato poco dopo l’avvento alla pre­si­denza di Yanu­ko­vich (2010), gra­ziato qual­che mese fa e pestato nei giorni scorsi in piazza, ha invece soste­nuto che il pre­si­dente conta poco o nulla. Il potere vero ce l’hanno ormai in mano i ser­vizi e sono loro, seguendo le istru­zioni che arri­vano dall’estero, i coor­di­na­tori di que­sto putsch. Così ha detto l’ex mini­stro allu­dendo chia­ra­mente alla Rus­sia, con cui Yanu­ko­vich, il 17 dicem­bre, ha siglato un accordo alter­na­tivo a quello pro­po­sto dall’Ue. In base all’intesa Putin ha garan­tito cor­posi sconti sul gas e pre­stiti per 15 miliardi di dol­lari: i soldi che ser­vi­vano a Yanu­ko­vich per evi­tare la ban­ca­rotta — Kiev era dav­vero al tap­peto — e gestire la situa­zione fino alle pre­si­den­ziali di ini­zio 2015.

Se que­sto era abba­stanza evi­dente, resta invece poco com­pren­si­bile il motivo, tat­tico o stra­te­gico che sia, delle leggi, delle brutte leggi, appro­vate gio­vedì. Forse Yanu­ko­vich pensa che, tam­po­nata l’emergenza finan­zia­ria e scesa l’intensità delle pro­te­ste, possa per­met­tersi di fare l’uomo forte. In ogni caso in que­sto modo può non solo ini­mi­carsi del tutto Bru­xel­les, da dove stanno fioc­cando severe cri­ti­che, ma dare ai dimo­stranti un’ottima carta per ridare linfa alla piazza. E la domanda che tutti si pon­gono è se adesso avrà il corag­gio di appli­care alla let­tera, facendo una gran bella retata, le misure che lui stesso ha voluto.


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