Rappresentanza, Landini al direttivo Cgil: «Camusso ritiri la firma e faccia votare i lavoratori»

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Voto, voto, e ancora voto. Ma prima, la Cgil deve riti­rare la firma che Susanna Camusso ha posto sotto l’ultimo accordo sulla rap­pre­sen­tanza, nella ver­sione siglata con Cisl, Uil e Con­fin­du­stria lo scorso 10 gen­naio. Il Diret­tivo che si apre oggi in corso d’Italia non sarà per nulla tran­quillo: il segre­ta­rio della Fiom Mau­ri­zio Lan­dini ha con­vo­cato appo­sta ieri un comi­tato cen­trale della Fiom, in modo da arri­vare all’appuntamento con la con­fe­de­ra­zione, forte del con­senso della pro­pria cate­go­ria. E in effetti, con 106 voti a favore (che inclu­dono anche quelli di diversi «camus­siani» dis­si­denti) e 14 con­trari (Bel­la­vita, area cre­ma­schiana) ha le spalle ben coperte. Dall’interno.

È vero che la segre­ta­ria Camusso ha dalla sua la gran parte dei lea­der delle diverse cate­go­rie: Fil­lea (edili), Fil­cams (ter­zia­rio), Filc­tem (tes­sili, chi­mici, elet­trici), Fp (impie­gati pub­blici), Slc (comu­ni­ca­zioni) hanno fatto qua­drato per difen­derla. Senza par­lare ovvia­mente dei segre­tari con­fe­de­rali, con una ecce­zione: Nicola Nico­losi, coor­di­na­tore di Lavoro Società, pur facendo parte del «con­si­glio dei mini­stri» della Cgil, ha ammesso che c’è un pro­blema di demo­cra­zia interno, spie­gando che in effetti Camusso non sta facendo altro che chie­dere una rati­fica a poste­riori (o una boc­cia­tura, per quanto impro­ba­bile) dopo aver già pra­ti­ca­mente deciso da sola di fir­mare l’accordo.

Va detto che in Cgil fun­ziona spesso così: i diret­tivi non sono altro, nella mag­gior parte dei casi. che sede di rati­fica di deci­sioni già prese dall’esecutivo del sin­da­cato. Ovvia­mente il sistema va bene (è pur sem­pre una orga­niz­za­zione «pri­vata», con una sua auto­no­mia) fin­ché tutti o quasi sono d’accordo: ma il mec­ca­ni­smo si inceppa quando pezzi impor­tanti, come la Fiom e la sini­stra interna, non concordano.

Il nodo sta tutto nel rap­porto tra la ver­sione dell’accordo siglato il 31 mag­gio e quella del 10 gen­naio: secondo Camusso, l’ultimo testo fir­mato non è altro che un rego­la­mento attua­tivo, e «ogni allarme è ine­si­stente»; al con­tra­rio per Lan­dini, e anche per Nico­losi (come spiega nell’intervento che pub­bli­chiamo in que­sta pagina), ci sono delle muta­zioni di merito. In par­ti­co­lare, si accen­tua il nodo delle san­zioni cui ver­rebbe sot­to­po­sto il sin­da­cato che non rispetta gli accordi, e più in gene­rale, nota il segre­ta­rio Fiom, «si restrin­gono le libertà sin­da­cali, si intro­duce l’arbitrato inter­con­fe­de­rale, che sot­trae auto­no­mia alle cate­go­rie»: insomma, «si estende il modello Fiat Pomi­gliano a tutte le imprese», e «dopo la recente sen­tenza della Corte costi­tu­zio­nale, quell’intesa potrebbe con­te­nere pro­fili di illegittimità».

Ecco dun­que la richie­sta appro­vata ieri dal comi­tato cen­trale della Fiom, che oggi Lan­dini terrà stretta nella sua mano var­cando la porta scor­re­vole del palazzo di Corso d’Italia: «Chie­diamo il ritiro della firma sul testo sulla rap­pre­sen­tanza, per ria­prire il nego­ziato che modi­fi­chi l’accordo. Se ciò non avve­nisse, chie­diamo che ci sia il voto dei lavo­ra­tori o almeno degli iscritti». E sic­come è alta­mente pro­ba­bile che il Diret­tivo boc­cerà que­sta pro­po­sta (mai aspet­tarsi guizzi di fan­ta­sia e di fre­schezza, si rischia di rima­nere sem­pre delusi), è pos­si­bile che la Fiom scelga di non appli­care l’intesa nelle fab­bri­che, aprendo dun­que un con­flitto con le imprese.

Intanto lo stesso con­gresso «pagherà», in ter­mini di scon­tri interni: il per­corso verso la tre giorni di Rimini (6–7-8 mag­gio) appare meno uni­ta­rio di quanto era stato pre­ven­ti­vato ini­zial­mente, visto che Lan­dini è fir­ma­ta­rio del docu­mento di mag­gio­ranza di Camusso.

E per ren­dere pla­sti­ca­mente il fatto che il «modello Pomi­gliano» viene così esteso a tutti, oggi al diret­tivo si pre­sen­te­ranno le Rsa della Fiat napo­le­tana: con una let­tera a Susanna Camusso, già forte di «cen­ti­naia di ade­sioni in tutta Ita­lia», dove si chiede di aprire «una fase demo­cra­tica sull’accordo».


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