La sporca natura di Pechino si tinge di romanticismo

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Qiu Xiao­long è uno scrit­tore cinese che vive negli Stati Uniti, a Saint Louis, in onore di T.S Eliot, poeta pre­fe­rito anche dall’investigatore capo Chen, il pro­ta­go­ni­sta dei romanzi gialli di Qiu. Nato a Shan­ghai, dopo il 1989 si è tra­sfe­rito negli Usa, dove è diven­tato autore di suc­cesso. I suoi romanzi costi­tui­scono un costante aggior­na­mento dei «pro­gressi» della Cina negli ultimi vent’anni, andando a toc­care alcune corde clas­si­che dello straor­di­na­rio «mira­colo cinese», dalla cor­ru­zione alla man­canza di valori, dalla ricerca del lusso sfre­nato alla dif­fi­coltà ad attuare una cre­scita «social­mente equilibrata».

La distanza dalla Cina, dove torna perio­di­ca­mente, rende la sua ultima fatica, Le lacrime del lago Tai (Mar­si­lio), un libro che rac­conta in modo attuale il suo paese di ori­gine, pur trat­teg­giando in ter­mini troppo gene­ra­li­sti le carat­te­ri­sti­che sociali della per­sona cinese che cam­bia al modi­fi­carsi delle con­di­zioni sociali in cui vive. Nel libro infatti si riscon­tra una rap­pre­sen­ta­zione della Cina di oggi che com­ba­cia per­fet­ta­mente con quanto viene rac­con­tato dai media main­stream, in modo spesso super­fi­ciale e dida­sca­lico. Nono­stante que­sto, ne Le Lacrime del lago Tai, set­tima inchie­sta dell’Ispettore Capo Chen, c’è il tema car­dine dell’attuale con­trad­dit­to­rio modello di svi­luppo di Pechino, ovvero l’inquinamento e con esso la neces­sa­ria volontà popo­lare di man­te­nere viva la natu­ra­lità di certi pae­saggi, cui si aggiunge la richie­sta di uno svi­luppo capace di sal­va­guar­dare la salute, il cibo, l’ambiente circostante.

C’è anche il vuoto etico, altro grande tema della Cina con­tem­po­ra­nea, reso attra­verso per­so­naggi privi di scru­polo che pun­tano esclu­si­va­mente ad arric­chirsi. E c’è infine una spie­ga­zione molto più chiara di tante elu­cu­bra­zioni eco­no­mi­che, su come i ric­chi cinesi sono diven­tati miliar­dari: fun­zio­nari di par­tito a capo di aziende sta­tali che ven­gono pri­va­tiz­zate e lan­ciate in borsa. Con il risul­tato che la mag­gio­ranza delle azioni ven­gono rega­late ai fun­zio­nari di Par­tito di più alto grado, che dall’oggi al domani diven­tano miliardari.

All’interno di que­ste tre diret­trici — ambien­tale, morale ed eco­no­mica — Qiu orga­nizza forse il più debole dei suoi gialli, orga­niz­zato tec­ni­ca­mente attra­verso una trama sem­plice e intui­tiva. Come Sime­non, quando faceva lavo­rare Mai­gret anche in vacanza e di nasco­sto dalla moglie, Qiu Xiao­long decide di con­ce­dere una vacanza all’ispettore capo Chen. Una set­ti­mana sulle rive del lago Tai a Wuxi, a un tiro di schioppo da Shan­ghai, rega­lata da un vec­chio fun­zio­na­rio di Par­tito. L’ispettore è uno sca­polo affa­sci­nante, pro­digo di poe­sia e roman­ti­ci­smo, ma straor­di­na­ria­mente deter­mi­nato nel risol­vere i casi e nell’appassionarsi alle vicende di un’attivista per l’ambiente, finita nel mezzo di uno scan­dalo che ha por­tato all’omicidio del boss dell’azienda locale. Lao­ban (capo in cinese, n.d.r.) che se non fosse stato ucciso, sarebbe diven­tato da lì a poco miliar­da­rio, pro­prio gra­zie ai pro­fitti deri­vanti dagli sca­ri­chi indu­striali nelle acque un tempo cri­stal­line del lago Tai.

Nel libro di Qiu Xiao­long — per quanto spesso lo scrit­tore ricorra a gene­ra­liz­za­zioni che forse mar­cano la sua distanza dalla quo­ti­dia­nità — ci sono aspetti quo­ti­diani della socia­lità cinese, in grado di rac­con­tare pro­cessi sto­rici altri­menti com­pli­cati da ren­dere attra­verso una forma let­te­ra­ria. Ci sono alcune man­canze, come ad esem­pio l’afflato popo­lare della pro­te­ste, che spesso diventa vio­lenza di massa, rab­bia pura, distruttrice.

Per sot­to­li­neare la giu­stezza delle richie­ste ambien­ta­li­ste dei pro­ta­go­ni­sti, Qiu tinge di roman­ti­ci­smo ogni per­so­nag­gio a favore della giu­sta causa, quando oggi in Cina i cosid­detti «inci­denti di massa» in rela­zione alle que­stioni eco­lo­gi­che sono diven­tati sovra­stanti rispetto a quelli rela­tivi al mondo del lavoro o a que­stioni legate all’esproprio di terra. Sono 180 mila all’anno gli inci­denti di massa e spesso quelli a carat­tere ambien­tale sono vio­lenti, dispie­gati attra­verso mani­fe­sta­zioni e scon­tri, in grado di otte­nere risul­tati impor­tanti, come la chiu­sura di fab­bri­che e impianti.

Si tratta di un tema cen­trale – né il pove­rac­cio, né il fun­zio­na­rio potente vogliono fare cre­scere il pro­prio figlio con aria e corsi d’acqua inqui­nati – nel quale il Par­tito del resto è impe­gnato a tro­vare una posi­zione che possa por­tare ad una solu­zione della con­trad­di­zione, dato che molte di que­ste pro­te­ste tro­vano spa­zio sui media e nei dibat­titi, appa­rendo come «consentite».


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