Marcello De Cecco: «Nei vicoli ciechi dell’austerità Ue»

Loading

A novem­bre il debito pub­blico ha segnato un nuovo record, rag­giun­gendo i 2.104,1 miliardi, supe­rando il 133,3% sul Pro­dotto Interno Lordo, men­tre la Com­mis­sione Euro­pea chiede impo­nenti tagli del debito.

Pro­fes­sor Mar­cello De Cecco, le poli­ti­che di con­te­ni­mento del debito sono state inutili?

Quando si rag­giun­gono que­sti livelli è un po’ dif­fi­cile fare poli­ti­che di que­sto tipo senza rilan­ciare la domanda interna e in gene­rale la cre­scita. Con l’austerità la pos­si­bi­lità di restrin­gere il debito pub­blico esi­ste­rebbe anche, ma in que­ste con­di­zioni non ce la pos­siamo fare assolutamente.

Quali saranno gli esiti della spen­ding review da 32 miliardi alla quale sta lavo­rando Carlo Cottarelli?

Cot­ta­relli è stato un mio stu­dente, è un uomo con i piedi per terra e cer­cherà di fare quello che può. Come lui, e come la gran parte degli ita­liani, sono con­vinto, che oggi esi­ste un livello di spreco gran­dioso delle risorse pub­bli­che. Nei comuni, nelle pro­vince e spe­cial­mente nelle regioni. La spen­ding review si deve fare, anche nel caso in cui non ci fosse una pres­sione stra­niera come quella che stiamo subendo, oppure quel male­detto con­tratto fiscale che si chiama «Fiscal Com­pact» che abbiamo deciso di tirarci addosso da soli. Quello che però tutti dovreb­bero capire è che ogni euro rispar­miato è un euro che non andrà in tasca a qual­cuno. Quando si vuole tagliare un euro di spesa pub­blica c’è qual­cuno che non lo riceve. Ad esem­pio oggi c’è tanta gente che ha quel poco di lavoro che ha gra­zie a que­sta spesa pes­sima. Biso­gna capire che fine faranno. Quando Cot­ta­relli pre­sen­terà il piano ci sarà qual­cuno che pen­serà come rico­min­ciare a spen­dere. Invece quando si rispar­mia qual­cosa, quel rispar­mio non va speso. Cia­scuno cer­cherà di tirare la coperta dalla pro­pria parte, una coperta che non ha un dise­gno chiaro. Sem­bra essere dise­gnata da un cane arrab­biato. Chi lo capirà gio­cherà le carte migliori.

Il suo giu­di­zio sul piano «Desti­na­zione Ita­lia», quello delle nuove pri­va­tiz­za­zioni da 12 miliardi di euro, è negativo?

Ma cosa ce ne fac­ciamo di dodici miliardi? Non ho fidu­cia nelle pri­va­tiz­za­zioni annun­ciate, così non ne ho avuta in quelle pre­ce­denti. Se si faces­sero le pri­va­tiz­za­zioni e la spen­ding review richie­ste, ver­rebbe fuori ben altro importo. La gente ini­zierà a urlare dav­vero, gli unici a gua­da­gnarci saranno le società inter­na­zio­nali a cui ci si rivol­gerà per le con­su­lenze. Anche nel caso in cui si voles­sero ven­dere tutte le Poste, come ad esem­pio hanno fatto in Ger­ma­nia, l’importo sarebbe alla fine ina­de­guato e ci ritro­ve­remmo al punto di par­tenza. Que­sta è la morale cat­to­lica: fare le cose poco alla volta, nella spe­ranza che nes­suno se ne accorga. È tutto poco serio. Que­sti annunci ven­gono fatti per com­pia­cere la stampa spe­cia­liz­zata inter­na­zio­nale ed è un gioco delle parti dove ognuno cerca di accon­ten­tare il pro­prio elettorato.

Per­ché le pri­va­tiz­za­zioni degli anni Novanta sono state un fallimento?

Sono state le più grandi dopo quelle inglesi e hanno cam­biato la fac­cia dell’industria ita­liana senza fare un graf­fio al defi­cit pub­blico. Se si voleva distrug­gere l’industria ita­liana ci sono riu­sciti. Ma non credo che Prodi volesse distrug­gere quello che aveva con­tri­buito a creare. Que­sto risul­tato non è stato voluto, ma è sicuro che sia stato asso­lu­ta­mente dele­te­rio. Gli studi della Banca d’Italia dimo­strano che al tempo l’industria di Stato faceva ricerca per tutto il sistema eco­no­mico ita­liano. Dopo le pri­va­tiz­za­zioni, chi ha preso il posto dell’Iri, ad esem­pio, non l’ha voluta fare. Siamo rima­sti senza un altro pila­stro impor­tante della poli­tica indu­striale, men­tre si con­ti­nuano a fare solenni discorsi sull’istruzione, sulla ricerca o la cul­tura. In que­sti anni è stato distrutto tutto. Su que­sto non ci piove.

Le prime pri­va­tiz­za­zioni sono state fatte per impo­si­zione della City di Lon­dra. Siamo stati ricat­tati. Credo che era molto dif­fi­cile per le auto­rità poli­ti­che riu­scire a sot­trarsi, dati i pre­cari assetti poli­tici che anche allora ci affligevano.

La stessa cosa è acca­duta con la let­tera della com­mis­sione Ue con il dik­tat dei 39 punti?

A Bru­xel­les e a Ber­lino sape­vano che, data la crisi euro­pea in corso, non pote­vano per­met­tersi di met­tere in mezzo a una strada l’Italia e credo che in fondo non lo voles­sero e non lo vogliano nem­meno adesso. Cio­no­no­stante a Roma il governo Ber­lu­sconi ha detto sis­si­gnore e ha accet­tato senza discutere.

Nella prima fase della crisi è stata impo­sta l’austerità, ora si torna a par­lare di pri­va­tiz­za­zioni, di riforme del mer­cato di lavoro e di mag­giore fles­si­bi­lità. L’esito sarà una deflazione?

Non è detto che ci sarà una poli­tica defla­zio­ni­stica, visto che non è sicuro che que­ste cosid­dette riforme si faranno vera­mente. Abbiamo davanti un cal­de­rone di roba dove non si capi­sce niente. Mi sto chie­dendo da giorni cosa signi­fi­chi «Jobs act». Per­chè non la si può chia­mare riforma del mer­cato del lavoro? Per­chè que­sta gente che non sa l’inglese deve usarlo per forza? Non c’è nes­sun altro in Europa che si com­porta in que­sta maniera. È l’ennesimo atto di sfi­du­cia verso se stessi, di cui gli ita­liani sono spe­cia­li­sti. In realtà si con­ti­nua a par­lare lo Swaili dell’economia, un moderno lati­no­rum, per­ché si vuole indo­rare una pil­lola che farà male, per far con­si­de­rare il peg­gio come inevitabile.

Molte forze poli­ti­che insi­stono sull’uscita dall’euro e dall’Ue. È pos­si­bile in que­ste condizioni?

Non sono per niente dalla parte di chi dice uscire dall’euro, o dalla Bce. Ritengo che l’euro sia stato un espe­ri­mento intel­li­gente. Se è andato male, con i risul­tati ver­go­gnosi che abbiamo visto in Ita­lia, dipende dai governi che l’hanno ammi­ni­strato. Ricordo l’aumento dei prezzi quando è stata intro­dotta la moneta unica. In Ger­ma­nia non è suc­cesso, in Ita­lia sì. Per 5–7 anni abbiamo avuto un’inflazione ver­go­gnosa, e c’era gente che se ne van­tava, defi­nen­dola una grande pol­tica redi­stri­bu­tiva. Lo è stata, pur­troppo, per colpa del governo. L’Ue resta tut­ta­via un’idea rivo­lu­zio­na­ria, molti paesi cer­ca­vano di imi­tarla. Adesso resta un esem­plare unico e ritor­nano sulla scena i grandi Stati. In Europa, la Ger­ma­nia potrebbe avere l’idea di met­tere al cen­tro dell’azione euro­pea se stessa, la pro­pria nazione. Non dovrebbe essere così. L’Europa ha biso­gno di altre poli­ti­che che non sono mai state fatte a causa della crisi.

Dra­ghi sem­bra essere riu­scito a sal­vare l’euro. Que­sta Europa ger­ma­no­cen­trica riu­scirà a sal­varsi dalla recessione?

Dipende dalla situa­zione poli­tica interna tede­sca. Dai risul­tati della Grande Coa­li­zione e dalle deci­sioni della loro Corte costi­tu­zio­nale, un potere che ritiene di avere il diritto di affer­mare la sovra­nità tede­sca. Dicono che fino a quando non ne avranno un’altra, rispet­te­ranno la loro costi­tu­zione. Dipen­derà dal pro­getto di indi­riz­zare le espor­ta­zioni verso i mer­cati emer­genti dove la Ger­ma­nia si è fatta un bel posto al sole, come in Cina. Se quest’ultima dimi­nuirà gli inve­sti­menti, i beni tede­schi si ven­de­ranno meno. Non vor­rei che, con la cre­scita di par­titi con­ser­va­tori e non certo nazi­sti come «Alter­na­tiva per la Ger­ma­nia», i tede­schi diranno che la colpa è degli spa­gnoli o degli ita­liani e che biso­gnerà uscire dall’Unione insieme ai pro­pri satel­liti, Austria, Fin­lan­dia o Slovacchia.

E tutti gli altri?

Andranno in ordine sparso. Nes­suno vuole met­tersi con gli altri, come se aves­sero la peste.

******************

Finanza, svi­luppo e indu­stria: l’impegno di un eco­no­mi­sta

Mar­cello De Cecco è nato a Lan­ciano in Abruzzo 75 anni fa. Si è lau­reato in giu­ri­spru­denza a Parma e in eco­no­mia a Cam­bridge. Ha inse­gnato in diversi ate­nei, ad esem­pio alla Scuola Nor­male di Pisa dove ha rico­perto l’incarico di «Sto­ria della finanza e della moneta». Dal 2011 inse­gna «Eco­no­mia e finanza dei paesi emer­genti» alla Luiss di Roma. Il suo libro più recente è «Ma cos’è que­sta crisi. L’Italia, l’Europa e la seconda glo­ba­liz­za­zione (2007–2013)» edito da Don­zelli. Tra i suoi scritti ricor­diamo in par­ti­co­lar modo «La pri­va­tiz­za­zione nell’industria mani­fat­tu­riera ita­liana» curato insieme a M. Affi­nito e A.Dringoli (Don­zelli 2000). De Cecco ha fir­mato l’appello «Inver­tire la rotta» (pub­bli­cato da «Il Mani­fe­sto» il 22 dicem­bre 2013) insieme, tra gli altri, a Étienne Bali­bar, Alberto Bur­gio, Luciano Can­fora, Luigi Fer­ra­joli, Gior­gio Lun­ghini, Adriano Pro­speri, Ste­fano Rodotà, Guido Rossi e Sal­va­tore Set­tis. Indi­riz­zato al Pre­si­dente della Repub­blica Gior­gio Napo­li­tano, a quello del Con­si­glio Enrico Letta, Al Pre­si­dente della Com­mis­sione Euro­pea, José Manuel Bar­roso e al Gover­na­tore della Banca Cen­trale Euro­pea (Bce), Mario Dra­ghi, l’appello chiede «un’inversione di ten­denza, che affidi alle istitu­zioni poli­ti­che, nazio­nali e comu­ni­ta­rie il com­pito di realiz­zare poli­ti­che espan­sive e alla Bce una fun­zione prio­ri­ta­ria di sti­molo alla crescita».

 


Related Articles

Una manovra equa, con qualche nodo da sciogliere

Loading

Un documento unitario CGIL, CISL e UIL sulla Finanziaria

Ecco i dieci punti per far svoltare il lavoro

Loading

Ripristinare la tutela piena dell’articolo 18 e cancellare l’articolo 8 della legge Sacconi. Evitare l’abuso dei precari ridefinendo la subordinazione Una riforma del diritto del lavoro e del welfare, che si ponga in antitesi alle politiche liberiste che hanno investito, per molti anni, i diritti sociali, deve formulare una nuova normativa «di contesto» (vedi precedente articolo pubblicato su il manifesto del 28 gennaio scorso).

Dodici omicidi bianchi in una settimana, un altro morto sul lavoro a Tradate

Loading

Un operaio di 52 anni è precipitato da un’impalcatura di un cantiere in un centro commerciale. Quattro ore di sciopero in Umbria dopo l’esplosione di un laboratorio di cannabis terapeutica a Gubbio dove sono morte due persone. I sindacati: “Basta vittime inermi. È inaccettabile”

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment