Mps, presidente e ad restano al timone avanti tutta sull’aumento di capitale
MILANO — Dopo il ceffone assembleare del 28 dicembre avevano ventilato fuoco e fiamme, e dimissioni. Ma ieri i banchieri a capo del Monte dei Paschi hanno incassato la fiducia compatta del cda e sono tornati a concentrarsi sul piano di ristrutturazione della terza banca italiana, draconiano di suo per restituire subito gran parte dei 4,07 miliardi prestati dal Tesoro, e complicato dallo slittamento della ricapitalizzazione da 3 miliardi a primavera.
Il presidente Alessandro Profumo, che aveva insistito per cogliere la fase propizia di mercato fino al testa a testa assembleare con il socio fondazione Mps, poi perso, non s’è neppure presentato dimissionario ai consiglieri riuniti per tre ore a Rocca Salimbeni. L’ad Fabrizio Viola, formale latore dell’aumento a gennaio, ha invece ripercorso i due lunghi anni della gestione, «le problematiche emerse, le azioni intraprese per risolverle e i risultati raggiunti». Risultati, peraltro, ancora pesanti per gli stakeholder senesi, poiché il bilancio 2012 si è chiuso con una perdita netta di 3,17 miliardi, e nel 2013 il mercato stima un altro miliardo di rosso. Ma se l’ex manager di Bpm e Bper «ha ritenuto doveroso mettere il mandato a disposizione del cda», l’organismo gli ha confermato unanime la fiducia, «formulando l’auspicio che in base alle dichiarazioni di fondazione Mps, la stessa sia in grado di procedere alla dismissione della partecipazione nella banca in tempi rapidi, con impatto positivo per realizzare l’aumento». Date le frizioni tra l’azionista guidato da Antonella Mansi e i due manager, e l’incapienza del socio al 33,5% (costretto a vendere tutto per rimborsare debiti da 340 milioni),
i banchieri senesi sperano che nuovi azionisti, meglio se stabili, subentrino all’ente Mps prima dell’estate. Per questo i manager seguono con attenzione i contatti in corso tra la cordata di investitori guidata da Cariplo e la fondazione Mps venditrice.
Negli ultimi mesi del 2013 Viola e Profumo avevano assoldato l’advisor Ubs, riuscendo a trovare le garanzie per l’emissione da 3 miliardi (un terzo più della capitalizzazione di ieri dopo un +2,65%). Ma quel contratto con una decina di banche scadrà a fine gennaio, senza esiti se non una commissione dello 0,3% che Siena deve pagare. Serve trovare un contratto con i nuovi termini temporali («dal 12 maggio») e tecnici dell’aumento fino a 3 miliardi. «Il cda e il management sin d’ora effettueranno ogni ragionevole sforzo per eseguire con successo l’operazione nei tempi più rapidi compatibili con i termini deliberati, e alle migliori condizioni consentite». Per questo riprenderanno presto gli incontri con le banche d’affari già scritturate, e anche con Deutsche Bank, che chiusa la transazione sui derivati Santorini potrà ora tornare in gioco al fianco del Monte.
Infine, in replica a una richiesta Consob, il cda Mps ha «avviato taluni approfondimenti di natura tecnico-legale sugli eventuali effetti dannosi conseguenti allo slittamento dell’aumento dai termini originariamente proposti ». Se ne occuperà il Comitato parti correlate, e se necessario advisor indipendenti.
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