Il boss laureato che insegna diritto agli avvocati

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E quando, lo stesso giorno, il cellulare squillava di continuo, non ha voluto parlare con nessuno di quanti chiamavano sua moglie per fargli gli auguri. «Ero infastidito dalla suoneria». Ma ricorda come un’emozione fortissima, che ancora oggi lo commuove, il senso di un futuro davvero possibile racchiuso in quel 25 maggio del 2012, quando si è laureato in legge con lode all’Università di Pisa discutendo la tesi sui diritti fondamentali dei detenuti e sul regime del 41 bis. Il suo.
Marcello Dell’Anna ha trascorso la maggior parte della vita in carcere; quasi l’età di suo figlio, che ha venticinque anni. Sta scontando l’ergastolo ostativo per reati associativi nel carcere nuorese di Badu ’e Carros. Fu condannato quando aveva 23 anni ed era un boss della Sacra corona unita: oggi ne ha quarantasei. In prigione si è diplomato, poi laureato, e avrebbe continuato con il corso specialistico in Diritto penitenziario applicato, al quale si era iscritto sempre a Pisa, ma l’ultimo trasferimento in Sardegna gli ha fatto interrompere gli studi.
La Scuola forense di Nuoro ha deciso di dargli una mano nel percorso di riscatto e gli ha affidato il ruolo di coordinatore interno e di relatore principe nel corso di formazione giuridica per avvocati e operatori che si terrà il 24 gennaio, il 7 e il 28 febbraio, con un seminario conclusivo il 21 marzo. Tutti gli incontri si svolgeranno in carcere, per permettere a Dell’Anna di onorare il suo incarico. «L’idea, unica nel suo genere, è nata da una chiacchierata con la direttrice della casa circondariale, Carla Ciavarella», racconta Monica Murru, la legale che ha battezzato il progetto, di cui sarà coordinatrice esterna. «Mi ha parlato del detenuto e abbiamo cominciato a pensare a qualcosa che lo potesse gratificare e far sentire una risorsa. Ci ho parlato, abbiamo definito insieme il programma: sui temi dei circuiti penitenziari, del trattamento rieducativo, della classificazione dei reati, nessuno poteva essere più esperto di lui». Il direttore della Scuola forense, Martino Salis, ha sposato subito l’iniziativa. Spiega: «Mi sembrava importante che l’avvocatura facesse la sua parte. Il percorso di quest’uomo è molto interessante».
Per la dirigente del carcere, il progetto «mantiene alta la motivazione del detenuto e, soprattutto, la speranza». I reclusi come lui in regime di AS1 (ex 41 bis) non hanno accesso ai benefici di legge, vale a dire semilibertà, permessi premio, affidamento in prova ai servizi sociali. I Radicali hanno avviato un movimento contro l’ergastolo ostativo e i cosiddetti «sepolti vivi», al quale Marcello Dell’Anna sta contribuendo con i suoi interventi. Due anni fa, per esempio, scrisse alla rivista Ristretti orizzonti sull’onda dell’amarezza dell’ultimo trasferimento da Spoleto a Nuoro (e in mezzo ci sono stati Pianosa, Novara, Livorno). Ecco il suo sfogo: «Essere detenuto a Nuoro è come se mi avessero riportato indietro di vent’anni e questo mi rifiuto di accettarlo, perché il mio passato per me è morto e sepolto».
La sua famiglia vive in Puglia. Il mare complica la possibilità di incontrarla. Un mese e mezzo fa ha ottenuto un avvicinamento temporaneo per colloqui. «Mia moglie Romina l’ho lasciata a 21 anni e l’ho riabbracciata a 42, il giorno della discussione della tesi, quando ho ottenuto l’unico permesso di quattordici ore. Finalmente non c’era più un tavolo di marmo a dividerci, lo sguardo delle guardie a controllarci», ha raccontato all’avvocato Murru.
In tutti questi anni ha scritto libri di poesie e romanzi. Per l’ultimo — la sua vita dietro le sbarre — sta cercando un editore. Quando non lavora per sé, prepara i ricorsi per i detenuti di tutta Italia che gli chiedono aiuto. Si può anche pensare che debba finire i suoi giorni in carcere. Ma sarebbe un fallimento. Non soltanto suo.
Elvira Serra


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