La strategia di Letta: «contenere» il sindaco con tre mosse condivise

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CITTÀ DEL MESSICO — Enrico Letta sta parlando davanti agli industriali messicani, illustra il «plano destino Italia» per attirare investimenti nel nostro Paese. Poi arriva la domanda di una imprenditrice di qui, gli chiede se le riforme elencate nelle sei pagine distribuite in sala potranno far ripartire davvero l’economia italiana. Il presidente del Consiglio abbozza un sorriso: «Guardo con ottimismo al fatto che il nostro Paese, anche grazie al ringiovanimento dei leader politici, possa risolvere i problemi e fare le riforme». Non cita Matteo Renzi ma anche qui, al «Club de industriales» di Città del Messico, il convitato di pietra è sempre lui, il Rottamatore.
Non a caso, rispetto alle riforme elencate nella brochure, Letta fa qualche variazione sul tema. E si concentra sui «tre obiettivi che tutti quanti insieme, il governo e soprattutto i partiti, stanno affrontando con uno sforzo». Il primo è avere «un’unica Camera che faccia le leggi e dia la fiducia al governo e un’altra con semplici poteri di controllo». Poi serve «una legge elettorale che funzioni» per avere «meno parlamentari ma più legittimati e più forti». Terzo, una riforma della burocrazia perché «non conosco bene quella messicana che sarà senz’altro efficiente», dice fra qualche risatina degli imprenditori che pure qui hanno i loro guai, «ma quella italiana ha dei problemi e le semplificazioni sono necessarie anche per attrarre investimenti». Superamento del bicameralismo, regole per il voto, meno burocrazia: proprio i tasti sui quali in questi giorni sta insistendo il segretario del Pd. Una strategia del contenimento, quella di Letta. E anche una chiamata a condividere le responsabilità che arriva mentre, a Roma, Renzi sta incontrando il capo dello Stato. Alla fine di quell’ora di colloquio ci sarebbe stata una telefonata fra Letta e Giorgio Napolitano, che però il Quirinale non conferma.
Resta il fatto che l’irritazione del presidente del Consiglio, cominciata nel suo primo giorno messicano con l’intervista di Renzi, non è ancora svanita. Non solo perché le tensioni sull’asse Roma-Firenze hanno oscurato i contenuti di una missione fondamentale per la nostra economia, con un lungo elenco di importanti accordi firmati o in dirittura di arrivo che coinvolgono società come Eni, Sace, Finmeccanica ed Enel, con l’amministratore delegato Fulvio Conti a guidare la delegazione degli imprenditori italiani. Ma perché il premier sopporta sempre più a fatica il doppio ruolo del nuovo Pd targato Renzi, pur sempre il suo partito, azionista di maggioranza del governo ma anche in prima fila nel pressing quotidiano. In un’intervista a Televisa — principale tv privata del Messico e proprietaria di una squadra di calcio (quando dici le coincidenze) — da Letta arriva quasi un’ultima chiamata: «Il 2014 è per noi un anno fondamentale, il primo anno che non si apre con un’emergenza finanziaria. Dobbiamo e possiamo superare i ritardi del passato» perché «abbiamo fatto molto sulle strada delle riforme ma il lavoro non è ancora finito». Una last call accompagnata da un avvertimento che prende spunto proprio da quello che è avvenuto qui in Messico dove il presidente Enrique Peña Nieto, incontrato ieri, ha firmato un patto con i partiti dell’opposizione per realizzare un centinaio di riforme, a partire da quella per aprire il mercato del petrolio. «Siete stati capaci di formare un consenso fra quegli stessi partiti che prima si sono combattuti, una qualità importante anche nel nostro Paese». In attesa del rimpasto, del Letta Bis o di quello che sarà, la stretta maggioranza di oggi va tenuta ben stretta.
Lorenzo Salvia


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