L’onda delle canne libere unisce destra e sinistra
L’Avana (Cuba). È stato un dicembre raro per le droghe leggere e il 2014 comincia nello stesso modo. Negli Usa la legalizzazione in Colorado e Washington per scopi ricreativi e adesso New York, con il governatore Andrew Cuomo pronto a far approvare una legge che consentirebbe l’uso per scopi terapeutici. Dicembre raro, però, soprattutto in Sudamerica, per il fatto che si sono trovati d’accordo su qualcosa un guerrigliero di razza come il presidente dell’Uruguay, José Mujica, e un kaibil (soldati di élite dell’esercito) come il presidente del Guatemala, Otto Perez Molina.
Vincent Fox: “In meno di 10 anni si troverà nei supermercati”
Pur partendo da punti di vista ideologicamente molto distanti, entrambi sono del parere che la marijuana debba essere venduta e consumata legalmente nei loro Paesi. L’Uruguay è il primo Paese al mondo dove produzione e distribuzione sono controllate dallo Stato; e presto il Guatemala farà la stessa scelta. Diversi esperti hanno già fiutato il vento: il regime di proibizionismo della marijuana ha i giorni contati. In Messico tra meno di dieci anni si comprerà la marijuana nei supermercati, ha augurato il loquace ex presidente Vicente Fox dal suo limbo ideologico. Altrettanto interessante quanto la depenalizzazione della marijuana è il fatto che finalmente si affronta il problema delle droghe illegali da una prospettiva autenticamente latinoamericana e non sotto la lente di ingrandimento della Dea, l’agenzia statunitense che ha perso l’influenza che in passato aveva nella regione. Con l’eccezione del Messico durante il governo di Felipe Calderon, gli Stati Uniti non possono più trattare i presidenti latinoamericani come loro personali ispettori di polizia in territori remoti e selvaggi. Il modello di guerra contro la droga messo in atto in Messico negli ultimi sei anni, sebbene all’inizio abbia aiutato l’ex presidente Calderon a risolvere la crisi di governabilità del Paese, era assurdo: in tutto il mondo i Paesi più avanzati mirano a disciplinare economicamente il mercato nero e ad attuare politiche di salute pubblica volte a combattere la dipendenza, non a produrre macchine da guerra e a seminare morte. Tuttavia il mercato nero della droga è alimentato non solo dalla marijuana, ma anche dalla cocaina che negli anni 30, quando era legale, veniva offerta come ”forma inoffensiva per curare la malinconia”. Questo rimedio che un tempo combatteva la tristezza, oggi è diventato uno stimolante perfettamente in linea con la frenesia della vita contemporanea e con l’ansia quotidiana di chi ha messo il denaro al centro dell’esistenza. Una frase della popstar Robbie Williams riassume questa sensazione: ”La cocaina è il modo che Dio ha inventato per dirti che hai troppo denaro”.
Solo polvere bianca a San Pedro e chi sgarra viene squartato
Carlos Ledher, trafficante colombiano e socio di Pablo Escobar a Tranquilandia – uno dei principali centri di produzione di cocaina mai esistiti – negli anni 80 tentò di trasformare la cocaina in un’arma rivoluzionaria contro l’imperialismo nord-americano. “Il tallone d’Achille dell’imperialismo sono le droghe colombiane”, era solito dire Ledher che propose ai capi guerriglieri di diversi Paesi di stringere un’alleanza rivoluzionaria contro il comune nemico a partire dalla cocaina. Oggi Ledher sconta una pena detentiva in un carcere della Florida, proprio negli Stati Uniti che rimangono il primo consumatore di cocaina del mondo. La città più ricca dell’America Latina si trova nel nord-est del Messico e si chiama San Pedro Garza Garcia. Lì, da tempo, la cocaina è una droga che si consuma in grandi quantità. Nel 2010 la mafia locale pensò di estendere il consumo di massa della cocaina alle città vicine meno ricche dell’area metropolitana di Monterrey dove la droga più consumata era la marijuana. In quel periodo nel Barrio Antiguo della capitale dello Stato di Nuevo Leon gli spacciatori di marijuana venivano puniti con la pena di morte. Una notte un commando fece irruzione nel “Garage”, un bar nel quale si riuniva la piccola comunità hipster di quella terra di mandriani. Entrando un pistolero mostrò l’arma e gridò: ”Ora sì, razza di sguatteri, che faremo i conti una volta per tutte”. I mafiosi presero un paio di giovani che dividevano la marijuana con i pochi clienti del posto. Non erano veri spacciatori, però furono ”arrestati” con l’accusa di aver commerciato marijuana in una zona della città nella quale si poteva vendere solo cocaina. Un amico di questi ragazzi mi raccontò che alcune settimane dopo, i corpi dei due furono rinvenuti squartati. Il progetto economico per diffondere il consumo di cocaina non durò a lungo. Oggi in questa disastrata zona di Monterrey non hanno abbastanza coraggio nemmeno per vendere l’alcol, sebbene per fortuna ce ne sia a sufficienza per altri tipi di iniziative comunitarie. Un dicembre raro, dicevamo. Nel bel mezzo delle feste dedicate al Natale abbiamo visto come la marijuana unisca due uomini, Perez Molina del Guatemala e Mujica dell’Uruguay, ideologicamente agli estremi opposti. È cominciato un anno nuovo. In questo 2014, grazie alla strada già aperta della liberalizzazione della marijuana, è probabile che inizi un lento conto alla rovescia per la depenalizzazione della cocaina.
L’autore ha scritto “Z, la guerra dei narcos” (la Nuova frontiera)
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