Quei duellanti divisi dal carattere e dalle strategie
E non è facile». Il commento all’assemblea di ieri è di Romano Prodi, che sottolinea di essere un semplice spettatore della vicenda e che tale vuole restare. Ma è anche un conoscitore esperto delle vicende al vertice dell’economia e, di conseguenza, non è indifferente al destino del Monte dei Paschi di Siena, la terza banca italiana. Per questo, rincarando la dose, aggiunge: «Due banche italiane hanno una governance impossibile: il Monte dei Paschi e la Banca popolare di Milano. La prima è totalmente condizionata dai senesi, l’altra dai sindacati interni. Una soluzione va trovata. In caso contrario non diventeranno mai banche normali».
Su posizioni analoghe anche Guido Roberto Vitale, grande vecchio della finanza milanese: «La scelta della Fondazione senese di rinviare l’aumento di capitale è difficile da comprendere», sostiene, ma apre alla possibilità di una via di uscita: «Alla fine l’operazione in qualche modo si farà e la banca è risanabile. Basta voltare pagina rispetto al passato, smettere di fare follie e ricominciare a gestire l’azienda come dev’essere gestita». L’ottimismo di Vitale è confortante anche se oggi, dopo la bocciatura dell’operazione proposta da Profumo, lo scenario è di assoluta incertezza. L’aumento di capitale serviva a rimborsare i Monti bond, l’emissione obbligazionaria di soldi pubblici che ha permesso di evitare il fallimento del gruppo, ma che ha un conto salato: 330 milioni d’interessi nel 2013, che diventeranno 30 milioni al mese dal gennaio prossimo, con l’aumento del tasso al 9,5 per cento.
Ora il futuro si presenta di assoluta incertezza. Antonella Mansi, presidente della Fondazione senese, e il sindaco di Siena hanno mandato segnali di riappacificazione. Non ci sono né vincitori né vinti, hanno detto, sottolineando che nessuno ha mai sfiduciato il management. Dal fronte Profumo, sia pure in sede riservata, viene risposto che quello di fare ponti d’oro ai vinti è un vecchio trucco. E, a oggi, tutto lascia prevedere che, dopo la bocciatura dell’aumento di capitale, il vertice attuale della banca sia avviato verso le dimissioni. Quale sarà la reazione del mercato? Probabilmente la risposta non sarà immediata sia perché si è in pieno periodo festivo, sia perché nel breve termine lo slittamento della ricapitalizzazione potrà perfino avere ricadute positive sulla quotazione del titolo Mps.
Resta il fatto che, proprio alla vigilia d’importanti scadenze europee come le verifiche sulla qualità dei bilanci delle banche maggiori e gli stress test sulla capacità dei singoli istituti di superare momenti difficili, un gruppo come il Monte dei Paschi rischia di precipitare nel caos. Basta e avanza per non far passare notti tranquille agli uomini che guidano Banca d’Italia e il ministero dell’Economia. Ma era davvero impossibile trovare una mediazione che impedisse lo scontro frontale andato in scena ieri e che rischia di dare un nuovo, duro colpo alla credibilità del Paese e delle sue istituzioni?
Gli interessati, nel corso dell’assemblea, hanno spiegato che l’accordo è risultato impraticabile. Profumo è convinto di avere fatto il miracolo riuscendo a organizzare il consorzio di garanzia e che la banca doveva cogliere l’attimo procedendo subito all’aumento di capitale. Mansi ha risposto che era inaccettabile chiedere alla Fondazione di suicidarsi perché, dopo la ricapitalizzazione, sarebbe restata con una manciata di azioni e 340 milioni di debiti con le banche. L’impressione è che la medaglia abbia due facce. Da una parte i due sono portatori d’interessi che, al momento, sono chiaramente contrapposti. Per capire la seconda faccia della medaglia è utile ricordare una battuta che ripeteva con una certa frequenza Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca e per mezzo secolo protagonista degli scontri al vertice del potere economico (e non solo). «Dietro i numeri ci sono le persone», diceva Cuccia, intendendo dire che in molte circostanze il carattere dei protagonisti ha una importanza cruciale.
Il personaggio Profumo è ben conosciuto. Dicono di lui che è un ottimo banchiere, come ha dimostrato facendo di Unicredit una delle principali banche europee transnazionali e come sta confermando al Monte dei Paschi. Ma l’opinione prevalente è che abbia un carattere difficile, sempre convinto di saper trovare la soluzione migliore e assolutamente poco disponibile nei rapporti con le persone. Sul versante opposto Antonella Mansi è impegnata a dimostrare ai senesi che lei, imprenditrice di Grosseto, è più senese di loro. Splendido esempio, così la descrivono, dell’Italia dei mille campanili. Anche per questo, alla fine, lo scontro è precipitato. Nel modo peggiore.
Fabio Tamburini
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