Bankitalia rifà i conti della ricchezza degli italiani Persi 800 miliardi di euro

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ROMA — Per una volta si parla non di povertà, ma di ricchezza, colpita anch’essa dalla crisi. Anche i più privilegiati, dice la Banca d’Italia nel suo periodico Bollettino, stanno peggio perché non riescono a risparmiare come prima, e soprattutto perché le case di cui sono proprietari — e la proprietà immobiliare consente di considerare quella delle famiglie italiane una ricchezza diffusa — hanno perso valore. Sull’altro fronte le famiglie hanno fatto meno debiti e possono nella media contare su un patrimonio superiore a quello degli altri cittadini europei.
Ma veniamo ai numeri: in un anno, tra la fine del 2011 e la fine del 2012, la ricchezza degli italiani, e cioè l’insieme di beni reali come case, terreni e finanziari come conti correnti, azioni e obbligazioni, al netto dei debiti, è scesa dello 0,6 % in termini nominali e del 2,9% scontando l’inflazione. Tutto sommato il calo è stato contenuto perché la discesa dei prezzi delle abitazioni (che erano peraltro saliti molto negli anni pre-crisi) pari al 5,2% è stata in parte compensata — si parla ovviamente di valori complessivi medi — da un aumento del rendimento degli investimenti in Borsa pari al 4,5%. Più marcato è invece il costo dell’intero periodo di crisi, considerato che tra fine 2007 e fine 2012 la ricchezza è diminuita a prezzi costanti del 9 per cento. Nel 2013 la tendenza alla flessione è proseguita con un ulteriore calo dell’1% nominale attribuibile a un’ulteriore flessione delle attività reali, non bilanciato dal lieve aumento delle attività finanziarie e dalla riduzione dei debiti.
In cifre tutto questo significa che la ricchezza netta delle famiglie italiane, lo scorso anno, era pari a circa 8.542 miliardi di euro (di cui 4.800 miliardi quella abitativa), corrispondenti in media a 143 mila euro pro capite e a 357 mila euro per famiglia. In particolare le attività reali rappresentavano il 61,1% del totale, quelle finanziarie il restante 38,9%, le passività, di poco inferiori a 900 miliardi di euro, pari quasi al 10% delle attività complessive. Vuole dire che si sono persi circa 800 miliardi.
Quanto agli investimenti è proseguita nel 2012 la ricomposizione dei portafogli delle famiglie verso i depositi bancari diversi dai conti correnti, mentre è rimasta invariata la quota impegnata nel risparmio postale. La quota direttamente detenuta dalle famiglie italiane in titoli pubblici italiani (184,7 miliardi) è lievemente diminuita (5% contro il 5,2% di fine 2011) e rimane nettamente inferiore a quella della seconda metà degli anni 90, quando ammontava in media al 21%. La quota detenuta invece in azioni e partecipazioni (circa 550 miliardi di euro, il 15% delle attività finanziarie) è salita dalla fine del 2011 di 1,4 punti percentuali; nel 2000 ammontava a circa un quarto delle attività finanziarie totali. Quanto in particolare ai depositi bancari, nel 2012 erano censiti oltre 47 milioni di conti per un ammontare superiore a 660 miliardi di euro, posseduti per il 93,6 % dalle famiglie e per il restante 6,4 % da artigiani e imprenditori.
Nonostante la discesa degli ultimi anni, rileva il rapporto degli economisti dell’Istituto di via Nazionale, le famiglie italiane mostrano nel confronto internazionale un’elevata ricchezza netta, pari nel 2011 a 7,9 volte il reddito lordo disponibile, rapporto «comparabile con quelli di Francia, Regno Unito e Giappone e superiore a quelli di Usa, Germania e Canada». Inoltre, il rapporto fra attività reali e il reddito disponibile lordo, pari a 5,5, è inferiore soltanto a quello delle famiglie francesi. «Relativamente basso» risulta infine il livello di indebitamento, pari all’82% del reddito disponibile.
Stefania Tamburello


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