ANALISI/ Forconi: Segio, pericolo non capire natura rabbia

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Ecco la natura delle proteste che scuotono in questi giorni il Paese, secondo l’analisi che ne fa Sergio Segio, ex leader di Prima Linea, da anni impegnato nel sociale e da tempo curatore dell’annuale Rapporto sulla globalizzazione che produce dati e studi su questi temi.
“Tanto tuonò che piovve: sarebbe bastato ricordare la vecchia saggezza popolare – dice all’ANSA Segio – per arrivare meno sorpresi e impreparati all’appuntamento con la protesta, organizzata e spontanea al tempo stesso, che sta turbando il normale e ordinato ritmo sociale e lavorativo in alcune città e soprattutto i sonni di governo e classe politica”. Una protesta che, sottolinea Segio, “proviene più dai ceti medi impoveriti che non dalle classi tradizionalmente popolari, peraltro scomposte e frastagliate dalle trasformazioni sociali e produttive. Una rabbia favorita dalla crisi dei corpi intermedi, dalla perdita di identità e di capacità di inclusione e rappresentanza degli interessi deboli da parte della sinistra politica, dall’insufficiente capacità di riflessione e iniziativa dei sindacati, oltre che dalle loro divisioni”.
“I servizi di sicurezza – nota Segio – individuano il collante tra i soggetti diversi del movimento nei ‘sentimenti di contrapposizione nei confronti dello Stato e delle istituzioni’.
Si tratta dell’ennesima sottovalutazione istituzionale e politica o, peggio, della pervicace cecità nei confronti di una delle radici più profonde e vistose del crescente disagio: l’impoverimento diffuso, il drastico peggioramento delle condizioni materiali di vita, la precarietà e l’assenza, o insufficienza, di reddito e di lavoro”.
“Perseverare nel non capire la vera natura della rabbia è decisamente pericoloso. Così come il centrare l’attenzione sugli episodi di violenza, del tutto modesti ed episodici”. “Sarebbe più facile e immediato comprendere – aggiunge – che piuttosto che morire in silenzio d’inedia e di ingiustizia sociale, alla fine anche il più pacifico è portato a ribellarsi”.
Secondo Segio serve dunque “trarre profitto dalle spallate che arrivano dalle piazze per interrogarsi sui rimedi che possano impedire la degenerazione”. Ad esempio che “alle proteste è sensato e urgente rispondere non con i celerini – con o senza i caschi in testa – ma con l’ascolto e con il cominciare a declinare, con l’inevitabile gradualità ma concretamente e decisamente, i grandi e necessari temi che possono portare fuori il mondo, non solo l’Italia, dalla catastrofe prossima ventura: la conversione ecologica dell’economia, la costruzione di un’Europa dei cittadini e delle autonomie che si accompagni finalmente a quella delle monete, la globalizzazione dei diritti e della democrazia”. (ANSA).



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