Da Boschi a Madia, la carica delle donne

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ROMA — Gianni Cuperlo aveva inizialmente accettato, al pari di Pippo Civati, di mettere un uomo della sua componente nella segreteria di Renzi: ma raccontano che poi sia arrivato il «no» all’operazione di Massimo D’Alema, gelido, di poche parole, sull’aria del «mandiamolo a sbattere da solo». Civati invece reagisce diversamente, incassa l’incarico per l’economista Filippo Taddei, docente alla Johns Hopkins, e commenta con un sorriso: «Renzi ha fatto di testa sua e io sono felice per Filippo, che è il migliore in circolazione». Stessa offerta ai rivali, reazioni diverse: se anche a Renzi era rimasto un dubbio sugli equilibri interni, ora se non ne ha più.
All’annuncio dei nomi della nuova segreteria, nel pomeriggio al quartier generale Pd — al «Nazareno liberato», come dice un renziano della prima ora — all’annuncio dei dodici che compongono la squadra di Renzi, qualcuno grida al «manuale Cencelli»: ma nell’elenco non c’è neanche uno dei sostenitori di Cuperlo. «Non ho trattato con nessuno», taglia corto il neosegretario, che sceglie sei suoi (fidatissimi) e sei di provenienza sparsa, due franceschiniane, una vicina a Fassino (Braga, Picerno, Mogherini), un civatiano appunto, e poi Marianna Madia («veltroniana, dalemiana, mah…», sorride lei) e il governatore del Friuli, Debora Serracchiani. Dodici di un’età che (solamente) in Italia viene definita giovane: «La media — sorride Renzi — è di trentacinque anni». Soprattutto, sette su dodici sono donne. E, tutti, competenti dei temi affidati loro.
A una, Marianna Madia, che fra tre mesi partorirà il suo secondo figlio, Renzi affida il Lavoro: «Perché in Italia alle ragazze incinta viene fatta firmare la lettera di dimissioni in bianco…». La telefonata è del mattino: «Non me l’aspettavo — racconta lei — ed è una grande responsabilità perché è il tema dei temi, per il partito, per il Paese e per l’Europa». Alle Infrastrutture Debora Serracchiani: «Sarò nella squadra di Renzi e con tutto il Pd per aiutare il Paese a risorgere, questo ricambio generazionale è fondamentale: adesso tocca davvero a noi e dovremo dare prova di esserne capaci». Della cerchia più ristretta del sindaco fa parte certamente Luca Lotti, 31 anni, responsabile Organizzazione, da anni il braccio destro di Renzi con spiccate attitudini alla mediazione interna. Il coordinatore della campagna per le primarie, il quarantaseienne Stefano Bonaccini — nel 2009 segretario regionale dell’Emilia Romagna — andrà agli Enti locali. È un classe ‘75 il siciliano Davide Faraone (Welfare e scuola) dopo una lunga esperienza nel sociale, comprese le battaglie contro le «classi ghetto» per i bambini autistici. Un’altra renziana doc è Maria Elena Boschi, 32 anni, destinata alle Riforme: organizzatrice della Leopolda, è al fianco di Renzi fin dal primo mandato del sindaco. Nel gruppo dei sei renziani c’è Francesco Nicodemo, napoletano, 35 anni: già consigliere comunale (bassoliniano) ha un blog (paNico Democratico) e all’annuncio dell’incarico alla Comunicazione scrive sui Twitter due parole, «Oh Gesù…». Lorenzo Guerini — due volte sindaco di Lodi prima di diventare deputato — sarà il portavoce alla segreteria del Pd.
Renziani a parte, l’area più rappresentata è quella Dem, con deputate che comunque avevano scelto di appoggiare Renzi. Federica Mogherini si occuperà di Europa, Chiara Braga di Ambiente, Pina Picierno continuerà il suo lavoro sulla Legalità avviato con la segreteria di Guglielmo Epifani. Il delicato dossier giustizia è di Alessia Morani, ex bersaniana, che all’inizio della legislatura è stata tra le animatrici del gruppo dei 40 parlamentari «non allineati» e, anche lei, alle primarie ha appoggiato Renzi.
Motivi di dissenso, in passato, non sono mancati con alcuni dei prescelti: per fare un esempio, Filippo Taddei — classe 1976 — mesi fa aveva criticato le ricette economiche di Renzi perché «nel programma mancano idee condivisibili su riforma fiscale e mercato del lavoro». Ma adesso non è più tempo delle polemiche: «Non c’è un minuto da perdere», ripete Renzi.


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