Conti e banche, il governo tratta a Bruxelles
BRUXELLES — Nessuna necessità di tagli aggiuntivi, più tempo per decidere sui contratti bilaterali con Bruxelles per le riforme e asse franco-italiano in appoggio alla Bce di Mario Draghi per far varare il fondo comune di salvataggio delle banche e poi completare l’Unione bancaria. Sono queste le posizioni assunte dal governo di Enrico Letta in vista della due giorni di riunioni dei ministri finanziari a Bruxelles, che inizia oggi con l’Eurogruppo e annuncia una lunga maratona per l’Ecofin di domani. Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni si avvia così a contrapporsi alla Germania, che chiede alla Commissione europea più rigore per i Paesi membri con difficoltà di bilancio, pretende decisioni sui contratti bilaterali al summit Ue del 19 e 20 dicembre e frena sull’Unione bancaria per evitare esborsi per salvare banche di altri Stati dell’eurozona.
Oggi è atteso il primo faccia a faccia tra il vicepresidente finlandese della Commissione Olli Rehn e Saccomanni, dopo settimane di valutazioni opposte a distanza. Dal 15 novembre scorso Rehn, che è in sintonia con Germania, Finlandia e altri Paesi «rigoristi» del Nord, ha espresso dubbi sulla riduzione del debito pubblico dell’Italia ipotizzando la necessità di un taglio aggiuntivo dello 0,4% del Pil nel 2014 (circa sei miliardi) e ribadendo poi più volte questa valutazione. Saccomanni ha replicato smentendo. Ha ricordato che maggiori esborsi sono scaturiti dai pagamenti alle imprese fornitrici della Pubblica amministrazione, sollecitati proprio dal vicepresidente finlandese. In ogni caso ritiene che gli effetti di privatizzazioni, rivalutazione delle quote di Bankitalia e spending review consentiranno di rispettare gli obiettivi senza interventi aggiuntivi. Il presidente della Commissione europea, il portoghese Josè Manuel Barroso, che oggi ha in programma un incontro con Letta a Milano, ha cercato di comporre il contrasto ridimensionando le parole del suo vice finlandese a «un incentivo» e a «una sfida amichevole perché si vuole che l’Italia sia decisa». Dopo il faccia a faccia tra Rehn e Saccomanni si dovrebbe capire se lo scontro tra Bruxelles e Roma è rinviato almeno fino alle prossime valutazioni della Commissione (attese nel febbraio 2014).
Sui contratti vincolanti per i Paesi dell’eurozona la cancelliera tedesca Angela Merkel ha ottenuto di prendere decisioni nel Consiglio dei capi di Stato e di governo del 19 e 20 dicembre. Il governo Letta vorrebbe più tempo in modo da poter trattare contropartite di «solidarietà» adeguate per giustificare questa ulteriore cessione di sovranità nazionale. Saccomanni, in sintonia con il premier, punta a far estendere il negoziato fino a prima delle elezioni europee del maggio prossimo.
Sull’Unione bancaria il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici ieri si è detto fiducioso di convincere la Germania a trovare un compromesso tra l’Ecofin di domani e una eventuale riunione straordinaria alla vigilia del summit Ue del 19 dicembre. Saccomanni è sulla stessa linea. Anche il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, dopo aver incontrato a Berlino venerdì scorso Moscovici, Saccomanni, gli altri colleghi di Spagna (Luis de Guindos) e Olanda (Jeroen Dijsselbloem), il membro tedesco del direttivo Bce Joerg Asmussen, ha fatto sapere di aspettarsi «passi avanti» domani a Bruxelles. Ma Merkel sembra ancora contraria al fondo comune di salvataggio delle banche. Ha già impiegato 64 miliardi per salvare banche tedesche senza risolvere tutti i problemi. Non vuole esborsi aggiuntivi per istituti di altri Paesi dell’eurozona. Né vorrebbe devolvere a un organismo comune le decisioni sul fallimento di banche della Germania e su come attribuire le perdite. Sulla garanzia comune sui depositi le divergenze appaiono ancora più nette.
Ivo Caizzi
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