Il falegname con il mito di Putin e gli altri capi della rivolta

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un autotrasportatore laziale nostalgico della Curva Nord dell’Olimpico: «Bei tempi agli Eagles Supporters, poi gli Irriducibili, poi me so’ fidanzato e ha iniziato a comanda’ lei »; e un agricoltore siciliano, Mariano Ferro, 57 anni, già noto alle cronache politiche e movimentiste dell’isola per aver guidato nel 2012 la rivolta dei contadini e tornato ora alla protesta con un avvertimento poco conciliante: «Ci hanno massacrato ed espropriato, siamo nervosi».
Eccoli i leader della protesta che da questa sera rischia di paralizzare l’Italia. Sono un po’ contro tutti: «Equitalia che succhia il sangue, lo Stato che tassa e non dà nulla, le banche usuraie e l’Europa dei vincoli». Il falegname è il baffuto quarantottenne veronese Lucio Chiavegato, sposato, tre figli, responsabile del Life Veneto, una sigla che sta per liberi imprenditori federalisti europei. Già fulmineamente impegnato in politica con Progetto Nordest di Panto dell’area di centrodestra, Chiavegato ora si presenta con un giubbotto di pelle marrone e l’aria da condottiero: «Faremo presidi ai caselli autostradali di Soave, Vicenza, Padova, Treviso, Mestre, Conegliano. Diventeranno blocchi se non avremmo risposte. Il 9 dicembre è l’inizio della fine e si può arrivare allo sciopero fiscale». Dice di non votare più nessuno e si considera un deluso della Lega, lui autonomista convinto. Gli è rimasto un solo punto di riferimento politico: «Putin, perché decide e non s’inchina e difende il proprio paese». E un sogno: «Vedere i politici dietro le sbarre, tutti».
Con lui, scenderà ai «caselli» il quarantatreenne Augusto Zaccardelli, capo del Movimento autonomo degli autotrasportatori. Laziale di Isola del Liri (Frosinone) e padroncino da una vita, Zaccardelli dice di non essere violento: «Non voglio contrasti fisici, sia chiaro». Anche lui ha moglie e tre figli e un lavoro perso «perché il committente non mi ha più pagato», ragione per la quale chiede che cambino le leggi della strada: «Ci vogliono costi minimi di sicurezza dell’autotrasporto». Dopo aver strizzato l’occhio per un po’ al centrodestra, ha mollato tutto: «Ho votato Berlusconi ma da 7 anni non do preferenze».
Scendendo a Sud il Masaniello è il ventinovenne allevatore e agronomo Giuseppe Caponio, il più giovane e intellettuale. Una laurea in scienze agrarie, guida i Forconi della Puglia, movimento al quale ha aderito per difendere campi, stalle e, soprattutto, i suoi cento bovini da latte. Discetta sottilmente sulle rivendicazioni di categoria: «Non ne facciamo nemmeno una, perché non sapremo a chi farla, visto che questa classe dirigente è delegittimata». Non accetta etichette politiche e sulla tangenziale di Bari non vuole partiti e sindacati: «No a Pdl, no a Pd, no a Casa Pound, no a Forza Nuova, no a Grillo, Cgil, Cisl, Uil». No a tutti: «L’unico simbolo sarà la bandiera italiana». Passioni? «Ora non mi viene». Chi vota? «Alle ultime non sono andato. Prima Pdl». Come Mariano Ferro, il leader dei Forconi siciliani che si candidò alla Regione e ora ha esordito annunciando una protesta mite, vellutata: «Più che di blocchi, parlerei di presidi di solidarietà, volantinaggi, sensibilizzazione…». Quasi sorprendente, per il fumantino Ferro che ha in corso un processo per resistenza a pubblico ufficiale: «Ebbi un piccolo scontro con la polizia durante le regionali, una cosetta». Agricoltore dell’ortofrutta da una vita, due anni fa ha chiuso tutto e quando ci pensa si scalda un po’: «Ho tre figli e facevo il più bel lavoro del mondo. Mi hanno tolto tutto. Con le solite manifestazioni non si risolve niente, poi ci sono quelle finte dei sindacati…». Va da sé che sia un po’ nervoso: «Domani si parte tranquilli ma c’è molta tensione. La verità è che non so cosa succederà». È lui.
Andrea Pasqualetto


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